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Il Manifesto Rassegna Stampa
24.03.2012 L'Egitto lascia Gaza senza petrolio
Ma se fosse stato Israele il responsabile Michele Giorgio avrebbe usato toni ben più ostili

Testata: Il Manifesto
Data: 24 marzo 2012
Pagina: 8
Autore: Michele Giorgio
Titolo: «Dall’Egitto stop al petrolio, Gaza a secco e a terra»

Riportiamo dal MANIFESTO di oggi, 24/03/2012, a pag. 8, l'articolo di Michele Giorgio dal titolo " Dall’Egitto stop al petrolio, Gaza a secco e a terra ".


Michele Giorgio, Hamas

Gaza senza petrolio e carburante. Di chi è la colpa? Dell'Egitto e di Hamas. Michele Giorgio non può fare a meno di scriverlo e i lettori del quotidiano di Rocca Cannuccia per una volta sono stati informati di chi è che rende le condizioni di vita penose a Gaza.
Non possiamo fare a meno di notare, però, che il tono utilizzato da Michele Giorgio non è così forte e ostile. Se il responsabile fosse stato Israele, le accuse sarebbero state decisamente più violente.
Giorgio riporta la testimonianza di "
Radwa Sami, una studentessa 22enne, descrive una situazione in peggioramento mentre, assieme alle sue compagne, attende l’arrivo di uno dei pochi taxi che ancora girano per Gaza city.". Curioso come in un luogo in cui non c'è carburante, manca l'elettricità, la gente muore di fame, c'è emergenza umanitaria, ci siano studenti che si muovono addirittura in taxi. L'unica centrale elettrica di Gaza funziona a gasolio (stando a quanto scrive Giorgio), c'è penuria di petrolio e carburanti e i taxi continuano a girare?

Ècrisi energetica in Egitto e, di riflesso, si aggrava quella in corso da settimane nella Striscia diGaza, dove l’elettricità viene distribuita a rotazione con turni di poche ore. Gaza riceve gran parte del carburante dall’Egitto, in sostituzione di quello proveniente da Israele, ma disaccordi con le autorità del Cairo e l’aumento vertiginoso sul mercato internazionale del petrolio, hanno portato ad un drastico calo del flusso di benzina e gasolio nella Striscia. E se in Egitto gli automobilisti restano in coda per ore alle stazioni di rifornimento nel tentativo, spesso vano, di fare il pieno, a Gaza neppure si avvicinano alle pompe. La benzina disponibile è poca ma, più di tutto, è introvabile il gasolio, sia quello per i trasporti che quello, di tipo industriale, necessario per far funzionare la centrale elettrica che produce il 60% dell’energia necessaria per Gaza. I blackout durano anche 18 ore con disagi enormi per la popolazione. Radwa Sami, una studentessa 22enne, descrive una situazione in peggioramento mentre, assieme alle sue compagne, attende l’arrivo di uno dei pochi taxi che ancora girano per Gaza city. «Non c’è elettricità nelle case – dice la studentessa - non ci sono i trasporti, si sta fermando tutto poco alla voltama nessuno dei leader politici pensa a noi». Ai disagi per la popolazione si aggiunge l’emergenza nella sanità e l’ambiente. Un portavoce dei servizi sanitari di Gaza ha riferito due giorni fa che una ventina di ambulanze sono già fermee che la mancanza di carburante rischia di bloccarne altre 70 nel giro di qualche giorno. La penuria di gasolio inoltre rende utilizzabili solo in parte i generatori autonomi di energia. L’Onu e altre istituzioni umanitarie stanno facendo il possibile per aiutare gli ospedali ma il fabbisogno di carburante è enorme. Si salva, solo in minima parte, l’ospedale centrale “Shifa” che può contare sui pannelli fotovoltaici installati di recente grazie ad un progetto italiano non governativo. Ma non basta. E nel frattempo aumenta l’allarme ambientale. I depuratori funzionano ad intermittenza e le acque nere non vengono trattate in modo adeguato. «Il problema dell’elettricità non è nuovo a Gaza, ci sono abituato ma ora è troppo, mai in passato avevamo raggiunto questo punto», dice Anwar, guardiano di un edificio a sette piani sul lungomare di Gaza city. Non pochi puntano l’indice contro l’Egitto ma sono tanti anche quelli che lanciano accuse ad Hamas. «Un anno fa il governo Haniyeh ha rinunciato al carburante che veniva da Israele scegliendo quello che arriva (attraverso i tunnel sotterranei) dall’Egitto. Ma ora che i prezzi sono saliti alle stelle e l’Egitto non può aiutarci come vorremmo, Hamas non è in grado di risolvere il problema», spiega un giornalista di Gaza. Lamancata soluzione del problema, dicono aGaza, starebbe anche nella decisione di Hamas di non rinunciare all’accisa che ha imposto sul carburante proveniente dall’Egitto e che, se eliminata, farebbe scendere il prezzo di benzina e gasolio ad un livello accettabile per i distributori e, quindi, per la popolazione. Il governo Haniyeh inoltre chiede che il trasporto del carburante e di altremerci avvenga attraverso il valico di Rafah (tra Gaza e l’Egitto). Richiesta respinta dal Cairo che, facendo riferimento ai suoi «impegni internazionali », insiste per mantenere il flusso commerciale per Gaza attraverso il valico israeliano di Kerem Shalom. Hamas, in sostanza, vuole un cambiamento radicale ai confini e che le autorità del Cairo mettano fine al blocco di Gaza ma il «nuovo» Egitto islamista non pare avere alcuna intenzione, almeno sinora, di aprire le braccia ai «fratelli» della Striscia.

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