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Il Manifesto Rassegna Stampa
26.04.2005 Ancora propaganda sulla barriera difensiva
Luisa Morgantini la fa sulle pagine del quotidiano comunista

Testata: Il Manifesto
Data: 26 aprile 2005
Pagina: 18
Autore: Luisa Morgantini
Titolo: «Il muro fra Terry e Salah»
IL MANIFESTO di martedì 26 aprile 2005 pubblica un articolo di Luisa Morgantini sulla barriera difensiva, incentrato sulla storia di Terry Boullata e di suo marito Salah Iyad, "separati" dalla barriera difensiva.

L'articolo contiene una grave affermazione, non provata e molto vaga (cosa intende la Morgantini per "torture", quali erano le circostanze dell'interrogatorio?):"Nayla, qualche anno prima, aveva abortito, mentre, durante gli intorrogatori, la torturavano".

A parte questo, crediamo che l'intero pezzo meriti un semplice commento: "Il papà", scrive la Morgantini, "potrà avere qualche volta il permesso di entrare nell'area della grande Gerusalemme, ma solo fino alle 19 di sera, poi dovrà tornare dall'altra parte del muro e per raggiungere la sua nuova casa che sarebbe a due minuti, dovrà invece impiegarne più di 30 e passare per una tortuosa strada che corre vicino al grande insediamento colonico di Ma'ale Adumin", e ancora "l'accordo tra Terry e Salah è che le bimbe resteranno tre notti con la mamma, tre notti con il papà ed i fine settimana verranno alternati".

Ricordiamo che i famigliari di chi viene ucciso negli attentati terroristici non vedono i loro cari né prima, né dopo le 19, né nei giorni lavorativi, né nei fine settimana.

Luisa Morgantini racconterà mai alcune di queste storie ai lettori del MANIFESTO?
E ricorderà che gli attentati suicidi riusciti sono diminuiti del 90% dopo l'inizio della costruzione della barriera?

Ecco il testo:

Sarei dovuta andare a cena da Terry Boullata e la sua famiglia, ma ero troppo stanca ed anche un po' depressa. Ero rientrata dopo una giornata passata in un villaggio vicino ad Hebron per cercare con altri pacifisti internazionali di proteggere i contadini palestinesi, impediti, dagli attacchi dei coloni e dei soldati israeliani, a muoversi e ad accedere ai campi per il raccolto. Era stata una giornata dura, in alcuni momenti ero terrorizzata che potesse succedere qualcosa, che i soldati o i coloni sparassero, che i ragazzini palestinesi non stessero alla consegna e tirassero sassi, sopratutto ero triste pensando che il giorno dopo i palestinesi sarebbero stati di nuovo soli ed i blocchi che eravamo riusciti a togliere sarebbero stati rimessi la notte stessa dai soldati. Ma i contadini palestinesi erano contenti di vedere internazionali e israeliani accanto a loro per cercare di togliere i blocchi dalla strada e rivendicare il loro diritto al raccolto. Ho chiamato Terry e le ho detto che non ce la facevo ad andare a casa sua ad Abu Dis. Lei ha insistito per raggiungermi con la zuppa che sua suocera mi aveva preparato, doveva assolutamente vedermi e dirmi di un muro che stavano costruendo ad Abu Dis, proprio di fronte alla sua casa. Conosco Terry dalla prima Intifadah quando era una giovane donna del Fronte Democratico ed era in carcere.
Non l'avevo incontrata subito, avevo saputo di lei da alcune amiche palestinesi e israeliane. Una di loro, Nayla Ayesh, era appena uscita dal carcere con il suo bambino Majidi ma non poteva vedere il marito Jamal perchè era stato deportato il giorno in cui era nato il bimbo. Nayla, qualche anno prima, aveva abortito, mentre, durante gli intorrogatori, la torturavano. La prima e la seconda volta era uscita dal carcere grazie alla campagna che avevano fatto alcuni gruppi di donne israeliane e internazionali, tra loro anche Yael Dayan, figlia del «conquistatore» di Gerusalemme Est nel 1967; in Italia avevamo anche un gruppo che si chiamava Nayla, era il 1989.
Nayla, a quel tempo anche lei del Fronte democratico (i partiti palestinesi erano proibiti dalle autorità di occupazione israeliana), mi diceva che dovevamo fare di tutto per liberare Terry, una donna straordinaria, coraggiosa e che aveva contratto un forte epatite virale. Lo facemmo. Quando Terry uscì dal carcere andò a curarsi negli Stati Uniti. La prima volta ci siamo incontrate a Ramallah, era l'Agosto del 94, io tornavo in Israele e Palestina dopo essere stata espulsa nel Novembre del 1988. Aveva ragione Nayla, Terry era travolgente.
Stava lavorando con un'organizzazione di donne, aveva lasciato il Fronte Democratico, credeva alla sfida degli accordi di Oslo e con il suo solito entusiasmo si era buttata a capofitto per cambiare la legislazione sulla condizione delle donne nella società palestinese.
Mentre io continuo a mangiare la zuppa e fare i complimenti a sua suocera, Terry mi dice: «Sai come ha fatto mia suocera a darmi la zuppa?»
«No che non lo so, dimmi».
«Me l'ha fatta passare attraverso uno dei buchi del muro che gli israeliani stanno costruendo ad Abu Dis, per ora è alto due metri ed ha ancora della aperture, per esempio vicino alla moschea riesci ad attraversarlo, ma tra qualche tempo sarà alto più di otto metri, la casa dei miei suoceri è dall'altra parte, non so cosa succederà di noi, devi assolutamente venire a vederlo».
Era l'agosto del 2001. Oggi quel muro è davvero alto più di 8 metri e non ci sono più intersezioni, anche lo spazio attraversabile accanto alla moschea è stato chiuso, così come è stato recintato il vecchio albergo Cliff di proprietà della famiglia del marito di Terry, Salah Iyad. Era un albergo carino, la polizia israeliana lo ha confiscato e ne ha fatto una caserma. Nel gennaio scorso, a lato dell'albergo, sulla terra confiscata della famiglia di Salah, gli israeliani hanno spianato una strada, per alcuni coloni ebrei, che si erano insediati in due vecchie case palestinesi, hanno già dato un nome al nuovo insediamento: Kidmat Zion. Tra non molto quando termineranno i controlli e la popolazione palestinese che vive ad Abu Dis ma senza carta d'identità israeliana, verrà cacciata dall'altra parte del muro, quell'insediamento crescerà.
Terry e Salah si sono sposati verso la fine della prima Intifadah, il giorno in cui dovevano registrare il matrimonio lui venne arrestato, in qualche modo Terry riusciì ugualmentre a farlo registrare. Hanno due figlie: Zini, ormai quattordicenne e Yasmin di otto anni. Terry è di famiglia cristiana, Salah di famiglia mussulmana, succede spesso che tra gli attivisti delle forze democratiche palestinesi vi siano matrimoni misti. Terry nel 1999 ha aperto ad Abu Dis, insieme ad Amneh, un'altra donna eletta con la maggioranza dei voti al consiglio comunale di Abu Dis, una scuola privata elementare ed un asilo che hanno chiamato «New Generation». La scuola è dall'altra parte del muro, i 230 bambini, che la frequentavano sono ormai dispersi, molti di loro vivono dall'altra parte del muro, anche Yasmine non può più frequentare la scuola della madre. Anche Terry e Salah si devono separare. Terry essendo di Gerusalemme ha una carta d'identità di colore blu, israeliana, Salah invece ha una carta d'identà arancione, della West Bank , non possono più vivere insieme, nella casa di sua proprietà è un illegale, se la polizia israeliana lo ferma va in carcere e per i palestinesi è stata cancellata la legge del ricongiugimento familiare.
Salah, che nelle elezioni municipali è stato eletto sindaco di Abu Dis, ha affittato una casa dall'altra parte del muro, quella parte che è rimasta nella West Bank. Sì, perché il muro, che, secondo le motivazioni israeliane dovrebbe separare i palestinesi dagli israeliani per questioni di sicurezza, in realtà separa palestinesi da palestinesi. Abu Dis è una cittadina spaccata a metà, il muro divide in due la strada principale. Quelli che una volta erano vicini di casa non riescono neppure più a vedersi. Youssuf che aveva un negozio su un lato della strada e la casa e il magazzino dall'altra parte della strada, non ha più scelta, la sua carta d'identità è arancione, il suo negozio lo può salutare. L'autorità palestinese può salutare invece quello che avrebbe dovuto essere la sede del Parlamento palestinese, il palazzo era quasi terminato, ma rimane adesso dalla parte che verrà considerata israeliana. Al solito perderanno tutto, a meno che la legalità internazionale possa essere ripristinata. Sì, perché il muro dell'aparthed e dell'annessione coloniale, dalla Corte Internazionale di Giustizia dell'Aja è stato considerato illegale e ne ha chiesto lo smantellamanto.
Zini e Yasmin intanto stanno cercando di accettare la separazione dei loro genitori, ma covano sempre più rabbia verso i soldati israeliani. Il papà potrà avere qualche volta il permesso di entrare nell'area della grande Gerusalemme, ma solo fino alle 19 di sera, poi dovrà tornare dall'altra parte del muro e per raggiungere la sua nuova casa che sarebbe a due minuti, dovrà invece impiegarne più di 30 e passare per una tortuosa strada che corre vicino al grande insediamento colonico di Ma'ale Adumin, quello che in nome del ritiro delle colonie Gaza, Sharon vuole aumentare di 3.500 abitazioni. Salah è in qualche modo abbastanza fortunato, ha una licenza di commerciante e, anche se con difficoltà, riesce ad avere i permessi giornalieri, che però costano.
Così l'accordo tra Terry e Salah è che le bimbe resteranno tre notti con la mamma, tre notti con il papà ed i fine settimana verranno alternati. Le bambine possono restare con la mamma perchè Terry le ha fatte registrare sulla propria carte d'identità, altrimenti anche loro non avrebbero avuto la possibilità di muoversi nei due sensi. Adesso vanno tutte e due a scuola a Beit Hanina, abbastanza lontane da Abu Dis, una frazione palestinese considerata da Israele nel piano della grande Gerusalemme. Nel frattempo una nuova minaccia incombe su Terry e i palestinesi con la carta d' identità blu; il governo israeliano ha comunicato che con il prossimo luglio i palestinesi con carta d'identità israeliana per andare nella Cisgiordania dovranno avere bisogno dei permessi. E così anche Terry, Zini e Yasmine per andare a trovare Salah, dovranno perdere giorni e giorni per avere i permessi e tanti soldi per le carte da bollo.
Terry continua con tutta la sua forza a denunciare la tragedia e l'ingiustizia del muro: lo fa ovunque, è molto attiva nella Coalizione per la pace, è una sostenitrice della iniziativa di Ginevra, l'accordo tra palestinesi e israeliani promosso da Yasser Abed Rabbo e Yossi Beilin. Quando ha promosso la visita e le manifestazioni in Palestina con il nipote del Mahatma Gandhi per diffondere la cultura della nonviolenza, mi ha invitata ad essere con loro e siamo andati insieme dall'allora presidente Arafat e marciato con i pacificisti israeliani contro il muro e per la liberazione dei prigionieri politici palestinesi.
E' per queste attività che ha deciso di non andare a vivere dall'altra parte del muro, se lo facesse perderebbe la sua carta di identità blu, e con essa la sua libertà. Non potrebbe partire dall'aereoporto di Tel Aviv, ma dovrebbe passare dalla Giordania perdendo giorni e giorni, non potrebbe passare con la sua automobile con targa israeliana nelle strade fatte solo per gli israeliani, non potrebbe aiutare i palestinesi che hanno bisogno di comunicare tra Gerusalemme e la West Bank, non potrebbe più vedere Gerusalemme e restare in contatto con le pacifiste e i pacifisti israeliani. Ma sopratutto lei è di Gerusalemme e non vuole andarsene.

Ho raccontato di Terry e Salah, ma sono migliaia e migliaia i palestinesi separati dal muro e separati dalle loro stesse terre. Fino a quando?
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