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La Repubblica Rassegna Stampa
08.10.2023 Colpo a Israele e sauditi
Analisi di Gabriella Colarusso

Testata: La Repubblica
Data: 08 ottobre 2023
Pagina: 7
Autore: Gabriella Colarusso
Titolo: «Un colpo a Israele e l’altro ai sauditi. Il doppio fronte degli amici dell’Iran»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 08/10/2023, a pag.7, con il titolo "Un colpo a Israele e l’altro ai sauditi. Il doppio fronte degli amici dell’Iran", la cronaca di Gabriella Colarusso.

Gabriella Colarusso (@gabriella_roux) | Twitter
Gabriella Colarusso

Unprecedented Hamas attack on Israel has caused crisis - and there are days  of war ahead | World News | Sky News

Non ci sono movimenti nell’ombra né segreti: l’Iran di Ali Khamenei sostiene apertamente l’assalto armato di Hamas contro il “nemico sionista” e i suoi alleati, invoca l’insurrezione di tutto l’ “Asse della resistenza”. Ieri sera in piazza Palestina, a Teheran, fedeli della Repubblica Islamica festeggiavano la mattanza in Israele con i fuochi d’artificio; in Libano i miliziani di Hezbollah, il gruppo paramilitare filoiraniano, sventolavano le bandiere gialle in segno di vittoria a Beirut e in alcune città del Sud; a Baghdad le milizie filoiraniane di Kat’aib Hezbollah sfilavano in corteo inneggiandoalla liberazione della Palestina. La seduta del Parlamento a Teheran si è aperta con i deputati ultraconservatori, ripresi dalla tv di Stato, che gridavano “morte a Israele”. Sono immagini di propaganda che servono a diffondere l’idea di un consenso popolare esteso nel mondo musulmano agli estremisti che predicano la distruzione di Israele. Ma poi ci sono le dichiarazioni, esplicite, di leader e generali, ed è lì che bisogna guardare per capire la strategia iraniana e quali sviluppi può avere la nuova guerra tra Israele e palestinesi. Quattro giorni fa, Khamenei ha avvertito i Paesiarabi che hanno deciso di riprendere le relazioni diplomatiche con lo Stato ebraico o stanno negoziando per farlo: «State scommettendo su un cavallo perdente - ha detto - il regime sionista sta morendo». Parlava soprattutto all’Arabia Saudita di Mohammed Bin Salman, leader del mondo sunnita, coinvolta in un complicato negoziato a tre con Washington per arrivare a un accordo di pace con Gerusalemme. Teheran, leader del mondo sciita, vuole evitare a ogni costo la prospettiva di una alleanza arabo-americana in Medio Oriente che arrivi fino alla Mecca. L’obiettivo va oltre ilsemplice mantenimento di un equilibrio di potere regionale. È una sfida culturale: l’esportazione in tutto il Medio Oriente della “rivoluzione islamica”. L’immagine di Israele, il grande alleato Usa, superpotenza militare e di intelligence, messo in scacco da miliziani che massacrano civili israeliani inermi nelle loro case, serve perfettamente il progetto di Teheran. «Un messaggio ai Paesi arabi che normalizzano Israele », chiarisce la libanese Hezbollah, che per ora però non sembra intenzionata ad entrare nel conflitto. Congratulazioni «a tutti i gruppi antisionisti per l’operazione Tempesta di Al Aqsa», arrivano dal portavoce del ministero degli Esteri di Teheran; con lui, il generale Rahim Safavi, consigliere militare diretto di Khamenei, chiede il sostegno di tutto il «Fronte della Resistenza». In quattro decenni di penetrazione in Medio Oriente, l’Iran ha finanziato una rete diproxies, dal Libano allo Yemen alla Siria, di cui fanno parte anche Hamas e la Jihad islamica palestinese, seppur in un rapporto meno diretto di Beirut. Da Teheran, attraverso le reti di contrabbando in Libano, ma anche in Sudan e in Egitto, arrivano nella Striscia pezzi e componenti per i missili, ma soprattutto know how per costruirli. Era l’idea di Moghaddam, il padre del programma missilistico iraniano: «La conoscenza non può essere bombardata». Membri dell’unità missilistica di Deif, il leader del braccio militare di Hamas, sono stati inviati in Iran, Libano e Siria per addestrarsi. Difficile capire adesso se l’Iran spingerà per un’ulteriore escalation del conflitto, che potrebbe avere conseguenze disastrose. Molto dipenderà anche dalle reazioni dei suoi alleati e delle altre grandi capitali del mondo musulmano, non solo arabe, più vicine alla causa palestinese. Da Mosca il ministro degli Esteri Lavrov ha chiesto «un immediato cessate il fuoco» e «un piano di pace basato su uno Stato indipendente palestinese dentro i confini del 1967, con Gerusalemme Est come capitale». Un nuovo fronte che indebolisca gli americani e i loro alleati potrebbe far gioco alla Russia impegnata nella guerra in Ucraina, ma Mosca deve gestire un delicato equilibrio di collaborazione con Israele e una destabilizzazione della regione coinvolgerebbe anche la sua presenza militare in Siria. Un ruolo importante può averlo la Turchia che, diversamente dai Paesi del Golfo, Arabia Saudita compresa, ieri non ha puntato il dito solo contro Israele: «Condanniamo l’uccisione di civili e chiediamo alle parti di agire con moderazione ed evitare passi impulsivi». Erdogan è pronto a mediare.

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