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La Repubblica Rassegna Stampa
27.08.2023 Russia, Stati Uniti e Cina, se le grandi potenze si scoprono vulnerabili
Editoriale di Maurizio Molinari

Testata: La Repubblica
Data: 27 agosto 2023
Pagina: 1
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Le potenze vulnerabili»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 27/08/2023, a pag. 1, con il titolo “Le potenze vulnerabili” l'analisi del direttore Maurizio Molinari.

Molinari: “Le sorti dell'Italia sono decisive per quelle dell'Europa” -  Mosaico
Maurizio Molinari

La morte violenta di Evgenij Prigozhin a Mosca, la nuova sfida presidenziale del pluri-indagato Donald Trump a Washington e il brusco rallentamento della crescita cinese descrivono uno scenario globale che vede le tre maggiori potenze del Pianeta accomunate dalla necessità di affrontare una fase di indebolimento interna.  La debolezza russa nasce dall’incertezza che circonda la tenuta del potere di Vladimir Putin da quando, poco più di due mesi fa, Prigozhin tentò un colpo di mano militare.  La sua morte violenta ha eliminato dalla scena l’ex chef divenuto temibile rivale del Cremlino ma pone seri interrogativi su cosa avverrà delle migliaia di agguerriti mercenari della Brigata Wagner, suoi fedelissimi, che accusano Putin di essere il mandante dell’eliminazione. Per non parlare del timore di ulteriori purghe putiniane dentro le forze armate — per eliminare i fiancheggiatori di Prigozhin — con inevitabili conseguenze sulle operazioni militari in corso in Ucraina.  Se fino al 24 giugno scorso — giorno del tentato golpe — l’apparato militare russo si presentava come il pilastro più solido dell’ultraventennale potere di Putin ora ne è diventato piuttosto il tallone d’Achille, trasformando le presidenziali del 2024 in un passaggio pieno di insidie per il leader del Cremlino, messo sotto accusa da parte degli ultranazionalisti perché non riesce a vincere la guerra iniziata contro Kiev il 24 febbraio del 2022.  Per la Nato e l’Unione Europea significa trovarsi di fronte una Russia non solo protagonista dell’aggressione novecentesca all’Ucraina ma anche palcoscenico di una lotta di potere interna tanto segreta quanto possibile fonte di una forte instabilità internazionale.

Anche a Washington regna una forte incertezza politica perché a cinque mesi dall’inizio delle primarie con icaucus dell’Iowa, il partito repubblicano vede saldamente in testa nei sondaggi sulla nomination l’ex presidente Trump nonostante sul suo capo pesino ben quattro incriminazioni e l’accusa di aver tentato di ostacolare illegalmente l’insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca dopo le elezioni del novembre 2020. Trump si fa beffa del sistema legale federale e statale, esalta la carica della base populista contro le istituzioni americane e si propone di travolgere ciò che resta del Grand Old Party per tentare di battere Biden e tornare alla Casa Bianca nel gennaio 2025 con un drammatico rovesciamento di fronte che minaccia di gettare gli Stati Uniti nello scompiglio interno, con il risultato di fiaccarne molto la proiezione internazionale. E come se non fosse abbastanza la Cina di Xi Jinping versa in condizioni interne ancor più incerte di Russia e Stati Uniti perché la grave crisi del mercato immobiliare e il brusco rallentamento della crescita frenano la dichiarata ambizione alla leadership del Pil globale ed espongono Pechino al rischio di un boomerang finanziario senza precedenti dall’epoca delle quattro modernizzazioni di Deng Xiaoping. Questo significa che, per motivi assai diversi, Putin, Biden e Xi si trovano tutti in una insolita situazione di debolezza sul fronte interno: le faide di potere minano la Russia quanto il populismo trumpiano minaccia la Casa Bianca e il brusco rallentamento economico sorprende Pechino. È la simultaneità fra questi tre scenari di vulnerabilità che tiene banco sul palcoscenico internazionale, esponendo i tre leader al rischio direagire commettendo gravi errori lì dove rischiano di più. Per Putin nella gestione di una guerra ucraina che non riesce a risollevare, per Biden nella guida di un sostegno Nato a Kiev che non riesce a trasformarsi in successo e per Xi nel quotidiano assedio a Taiwan che può facilmente degenerare in un conflitto vero e proprio. Se a questo aggiungiamo che Nordafrica, Sahel e Medio Oriente sono disseminati di crisi locali — dal Niger allo Yemen, dalla Libia alla Siria — divenute conflitti per procura fra grandi potenze e loro alleati regionali non è difficile arrivare alla conclusione che i rischi di corto circuiti sono più di quelli che possiamo immaginare. Come se non bastasse, anche l’Unione Europea — il quarto grande attore internazionale in questo primo quarto di secolo — sta per entrare in una fase di impasse a causa della campagna elettorale per le elezioni europee di metà 2024 che vedranno i partiti conservatori all’assalto della coalizione popolari-socialisti-liberali-verdi che oggi esprime la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Con le destre estreme, da Le Pen in Francia a Vox in Spagna, sicure di poter approfittare della situazione per ottenere un risultato senza precedenti per il fronte sovranista che si propone di smantellare l’Ue, restituendo molte delle competenze di Bruxelles agli Stati nazionali. Ne esce un panorama di incertezza globale che spiega perché singole potenze regionali molto assertive dei propri interessi nazionali — dalla Turchia all’Iran, dall’Arabia Saudita all’India, dall’Algeria alla Nigeria — stiano alzando il proprio profilo internazionale, nello scacchiere che va dal Mediterraneo all’Oceano Pacifico, nel dichiarato intento di guadagnare spazi strategici a scapito delle maggiori potenze. Insomma, quello che ilFinancial Times definisce come un mondo “à la carte”,dove nessuna grande potenza è più in grado di prevalere e tutti possono sfidare tutti, offre un palcoscenico dove a prevalere è la vulnerabilità.

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