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La Repubblica Rassegna Stampa
25.05.2023 Ucraina-Russia: "Una guerra civile"
Cronaca di Paolo Brera

Testata: La Repubblica
Data: 25 maggio 2023
Pagina: 14
Autore: Paolo Brera
Titolo: «Nella tana degli incursori: “A Belgorod è solo l’inizio”»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 25/05/2023, a pag. 14, con il titolo “Nella tana degli incursori: “A Belgorod è solo l’inizio” ” l'analisi di Paolo Brera.

Bakhmut è una trappola? Perché per i russi la conquista della città può  essere uno svantaggio- Corriere.it

FORESTA DI KHARKIV — L’appuntamento con gli uomini che hanno realizzato la più clamorosa tra le operazioni in Russia dopo il 24 febbraio 2022 era in una vecchia pompa di benzina. Ecco i cinque fuoristrada fermi ad aspettare i giornalisti. Aprono la strada lungo la statale che costeggia la foresta a una trentina di chilometri della frontiera russa, a nord-ovest di Kharkiv. Non siamo lontano dai valichi di frontiera che il commando di ribelli russi ha attraversato tre notti fa. Ci accompagnano in un poligono nascosto tra gli alberi, dai cespugli spuntano blindati e carri, qualcuno d’addestramento e qualcun altro chissà. Ci sono altri uomini ad aspettarci, una quarantina in tutto. Sono soldati di entrambe le formazioni che hanno lanciato il blitz, il Corpo volontari russi e la Legione Libertà. Il numero conta poco, «sono venuti solo gli uomini che abbiamo deciso di distogliere dalle missioni per spiegare chi siamo», dicono. Sono tutti in mimetica, imbracciano piccoli fucili d’assalto e kalashnikov, hanno issato la bandiera bianca e blu su un enorme blindato. Bianca e blu, senza il rosso che compone la bandiera russa; il rosso di un passato che vogliono lasciarsi alle spalle, il rosso dell’Unione Sovietica. «Certo che è stata un successo l’operazione», dice il soldato Denis Kapustin, nome di battaglia White Rex, il capo del Corpo volontari russi. Ha 39 anni, è ricercato dalla Federazione russa. Parla perfettamente almeno tre lingue, oltre al russo anche tedesco e inglese: da adolescente ha vissuto con i genitori in Germania, dal 2017 a Kiev organizzava fight clubdi estrema destra. Un neonazista, dicono di lui: «Non mi importano gli insulti dei nemici — ribatte — abbiamo catturato un prigioniero, abbiamo preso armi e cinque mezzi corazzati. La nostra operazione non è conclusa: procede, abbiamo completato con successo la Fase Uno». Ma il capo della Legione Libertà è più esplicito sull’operazione a Belgorod: «È ancora in corso». Ha 39 anni, nome di battaglia “Cesare”. «Sono un pluriricercato della Russia», dice. È vicecomandante, il responsabile qui. Viene da San Pietroburgo, anche lui esponente dell’estrema destra patriottica russa: «Ho partecipato al gruppo d’assalto, siamo rimasti lì per più di 24 ore e alcuni dei nostri sono ancora sul posto. Hanno altri compiti da svolgere. Voi giornalisti ditelo chiaro a loro — dice rivolto verso il confine russo, sufficientemente lontano da non essere sotto tiro diretto dell’artiglieria leggera — sarà meglio che non si rilassino. Torneremo ». «La frontiera è lunga», chiosa Kapustin. C’è un solo argomento sul quale sono ferrei: negano che l’operazione sia stata direttamente coordinata con le forze armate ucraine o i servizi di Kiev. «Siamo russi, è un nostro affare interno, è una guerra civile e gli ucraini non c’entrano nulla», dice Cesare. «Quello che abbiamo avuto da loro è… grande solidarietà », sorride il vicecomandante White Rex. Ma poi ammette che «sì, certo, è ovvio che ci sia collaborazione e siano informati di quello che facciamo. Sarebbe illogico che un gruppo di russi potesse agire autonomamente gironzolando armato per l’Ucraina in guerra. Condividiamo le nostre idee e ascoltiamo la loro opinione. Ma quando agiamo concretamente, una volta passato il confine ed entrati in Russia, l’operazione è faccenda esclusivamente nostra». Ecco, le armi. I video al confine mostrano i ribelli attraversarlo «con blindati americani», accusa Mosca. «Verifichiamo, non sosteniamo l’uso delle nostre armi per attacchi in Russia», replica Washington. «So esattamente dove ho preso le mie armi. Sfortunatamente non dai partner occidentali», dice Kapustin. Si trovano sul mercato nero, suggerisce, armi conquistate e perse da una parte e dall’altra: «A Bakhmut, per esempio, i russi avevano preso diversi blindati occidentali». I due leader sono gli unici a parlare. Gli altri hanno ordine di tacere, molti hanno i lineamenti del viso coperti per non essere riconosciuti. «Chi ha famiglia in Russia non si espone, uno di noi è stato identificato e sotto casa i giornalisti di regime hanno tempestato la madre ottantenne di domande, “Lo sa che suo figlio è un traditore?”. Un interrogatorio, non un tentativo di intervista. Io parlo liberamente perché la mia famiglia non è in Russia. Il mio amico Maxim è stato torturato a morte dal regime, e combatto anche per lui», sostiene Kapustin. Il vicecomandante Cesare invece si concentra sull’operazione «ancora in corso: dopo il nostro attacco di artiglieria — racconta — le guardie di frontiera sono fuggite». Dicono di essere riusciti a sequestrare un territorio ampio, occupando (loro dicono «liberando») interi villaggi. I russi hanno reagito con lentezza, nonostante la serie di attacchi subiti in quell’area. Quando hanno colpito in profondità, non erano pronti. «L’esercito regolare è arrivato solo nel pomeriggio. C’è stata una dura sparatoria», racconta Cesare. Kapustinnon dà dettagli: «Sono informazioni riservate», dice. Nei villaggi la gente rimaneva a bocca aperta per lo stupore, «ma non avevano paura. Molti collaboravano — racconta Cesare — prendevano la famiglia e lasciavano la zona delle operazioni. Qualcuno ci guardava incuriosito, un uomo ha alzato gli occhi e ha visto il nostro carro armato ma ha semplicemente puntato il dito, “toh”, ed è andato avanti a tagliare l’erba come nulla fosse». Cesare è arrivato in Ucraina «l’estate scorsa», e dopo un paio di mesi combatteva contro i soldati del suo stesso Paese: «Chiunque sia d’accordo col regime di Putin è uno svitato o un completo idiota, non c’è altra possibilità». E ora che Fase Uno è finita? Cosa viene dopo un’azione clamorosa e simbolica ma poco significativa dal punto di vista militare? «Era una missione di ricognizione e combattimento in profondità. È solo l’inizio. Nella regione di Belgorod abbiamo già centinaia di migliaia di sostenitori», dice. Non ce l’ha nemmeno l’intera estrema destra russa, così tanti consensi.

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