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La Repubblica Rassegna Stampa
06.05.2023 L'armata di Putin in crisi
Cronaca di Paolo Brera

Testata: La Repubblica
Data: 06 maggio 2023
Pagina: 10
Autore: Paolo Brera
Titolo: «Il ricatto di Prigozhin in video con i cadaveri: “Via da Bakhmut”»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 06/05/2023, a pag. 10, con il titolo "Il ricatto di Prigozhin in video con i cadaveri: “Via da Bakhmut” " la cronaca di Paolo Brera.


Hitler e Putin in un fotomontaggio

ODESSA — Alla vigilia della controffensiva ucraina — i segnali sono sempre più consistenti, al Sud — l’Armata rossa è in piena crisi di nervi. Il leader dei mercenari della Wagner, Evgenij Prigozhin, ha annunciato il prossimo ritiro dei suoi uomini da Bakhmut insultando e accusando i vertici della Difesa russa di avere sulla coscienza «decine di migliaia di morti e feriti. Dovranno assumersene la responsabilità, e farò sì che accada». «Ti lamenti in pubblico e te ne vai? Veniamo noi al tuo posto — replica il leader ceceno Kadyrov — e Bakhmut la prendiamo in tre giorni». Volano gli stracci, ma gli ucraini non si fidano affatto. Prigozhin ha pubblicato ieri mattina un video terribile, girato tra decine di cadaveri dei suoi uomini, annunciando che lascerà Bakhmut il 10 maggio: non riceve abbastanza munizioni e così è un massacro, sostiene con un linguaggio molto più colorito mandando a quel paese il ministro della Difesa Shojgu, il capo di stato maggiore Gerasimov e le élite russe: «Voi feccia — urla mostrando dietro di sé file di cadaveri “morti oggi, il loro sangue è ancora fresco” — sedete lì nei vostri club costosi. I vostri figli si stanno tutti divertendo, registrando i loro piccoli video su YouTube. Se consegnaste la quota di munizioni richiesta ci sarebbe un quinto dei morti. Questi uomini sono venuti qui come volontari e stanno morendo perché tu possa ingrassare nei tuoi uffici di mogano pregiato. La feccia che non ci sta dando le munizioni si mangerà le budella all’inferno. Siamo a corto di munizioni per il 70%. Shoigu, Gerasimov, dove sono le munizioni?». In un secondo video spiega con toni meno esasperati che «il 10 maggio saremo costretti a trasferire posizioni a Bakhmut alle unità del Ministero della Difesa e a ritirare il resto del contingente negli accampamenti arretrati a leccarsi le ferite. In assenza di munizioni, sono condannati a una morte insensata». Se fosse vero, Vladimir Putinavrebbe qualche grattacapo in più di un paio di droni con qualche chilo di esplosivo planati sul Cremlino. Al gruppo Wagner si è unito come vice comandante lo stesso ex viceministro della Difesa, Mikhail Mizintsev, il “macellaio” di Mariupol destituito a fine aprile. Ma la credibilità di Prigozhin è quella di ogni abile giocatore di poker: non saprai mai se abbia in mano un bluff o una scala reale. Davvero vuole andarsene? Davvero i suoi uomini sono in difficoltà, disarmati e praticamente in rotta di fronte a «forze nemiche numericamente molto superiori »? Un passo avanti per scoprirlo può essere letale. Cosa significa davvero questa ennesima sfuriata di Prigozhin, che già in inverno aveva urlato accuse alla Difesa di lesinargli le munizioni mostrando i cadaveri dei suoi distesi nella neve? «Dalla prima linea — scrivono i blogger russi — riferiscono che i Wagner hanno più munizioni di molti altri. Allora per loro è anche peggio? E come combattono? E perché tacciono?». «Prigozhin — dicono altri — ha piani diversi e vuole mantenere intatta la spina dorsale delle sue unità col pretesto della fame di proiettili per ritirarle prima del contrattacco». A Kiev la pensano diversamente. In via Bankova, nella cittadella del potere, si godono semplicemente lo spettacolo. Lo Stato maggiore ucraino però è più che scettico sull’addio della Wagner a Bakhmut. «Queste dichiarazioni — dice il Gur, il servizio militare — significano che non può mantenere la promessa di catturarla entro il 9 maggio e cerca un altro colpevole ». Certo il colorito “chef di Putin”, diventato ricco tra ristoranti di lusso e catering per i grandi eventi, spara a zero con una veemenza mai vista. Nei giorni scorsi ha sbertucciato i falchi da talk show: «Facciamo la figura dei clown che minacciano una bomba nucleare in risposta a un drone da bambini». Ora annuncia il passaggio di consegne dopo il 9 maggio, la giornata russa della Vittoria e della parata militare sulla Piazza Rossa, la giornata dell’orgoglio di un popolo che sogna la pace come tutti i popoli del mondo ma crede di doverla raggiungere con il suo esercito, seguendo la linea dettata dal suo leader che vorrebbe almeno questo successo, la bandiera issata a Bakhmut «liberata dai nazisti di Kiev», cioè occupata dalle sue truppe, per poter provare a dire che hanno avuto un senso la carneficina e la guerra, i ragazzi che tornano in una bara e quelli che non tornano affatto. Un obiettivo che, se non fosse un bluff, sarebbe ormai perduto. «È spiacevole per me ascoltare le ultime dichiarazioni di Prighozin — dice il ceceno Kadyrov — ed è doppiamente spiacevole che il ministero della Difesa russo non commenti o non si incontri per un chiarimento». Shoigu si è limitato a ispezionare la disponibilità di attrezzature e armi nel distretto militare meridionale, ordinando «il rifornimento continuo di truppe con tutte le armi e l’equipaggiamento militare necessari».

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