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La Repubblica Rassegna Stampa
20.03.2023 Israele, undicesimo sabato di proteste. Il figlio del premier paragona i manifestanti ai nazisti
Cronaca di Rossella Tercatin

Testata: La Repubblica
Data: 20 marzo 2023
Pagina: 1
Autore: Rossella Tercatin
Titolo: «Israele, undicesimo sabato di proteste. Il figlio del premier paragona i manifestanti ai nazisti»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA online di oggi, 20/03/2023, con il titolo "Israele, undicesimo sabato di proteste. Il figlio del premier paragona i manifestanti ai nazisti" la cronaca di Rossella Tercatin.

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Rossella Tercatin

Yair Netanyahu temporarily banned from Facebook after anti-Muslim posts |  The Times of Israel
Yair Netanyahu

GERUSALEMME – Manifestanti anti-governo come le camicie brune di Hitler. A fare il clamoroso paragone è il figlio del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, Yair. In un programma da lui condotto su una radio israeliana venerdì, il trentunenne rampollo del premier, noto in Israele per la sua tendenza a usare una retorica incendiaria, ha paragonato i movimenti e le proteste contro l’esecutivo e la sua riforma della giustizia con quanto avvenuto in Germania negli anni Trenta. “Cosa è successo in Germania negli anni Trenta? Teppisti pagati hanno portato avanti il terrore politico nelle strade. Niente omicidi, nessuno è stato assassinato, ma hanno dilagato il terrore politico attraverso l'intimidazione dei cittadini, la violenza, l'interruzione dell'ordine pubblico”, ha detto facendo riferimento ai metodi utilizzati dal partito nazista.“Sono loro a volere la dittatura, sono loro che stanno facendo marciare Israele verso il fascismo,” ha aggiunto. “Sono loro che usano gli stessi metodi delle camicie nere in Italia, e spiace dirlo, anche delle camice brune in Germania.” Di recente, in un tweet (poi cancellato) Yair Netanyahu aveva sostenuto che lo Shin Bet, il servizio di sicurezza interno, fosse protagonista di un “colpo di stato” contro il padre. In dicembre aveva dichiarato che i procuratori che hanno incriminato il padre – sotto processo con vari capi di imputazione tra cui abuso d’ufficio e corruzione – dovessero essere messi a morte. Sabato sera, intanto, per l’undicesima settimana di fila decine di migliaia di israeliani - 250mila secondo le stime - sono scesi in piazza contro il governo in numerose località del paese. Obiettivo dei cortei, convincere l’esecutivo a ritirare la controversa proposta di riforma della giustizia, il cui iter parlamentare procede a tappe spedite. Tra i capisaldi della riforma, ci sono il quasi azzeramento della possibilità dell’Alta Corte di bocciare le leggi approvate dalla Knesset – che potrà comunque legiferarle nuovamente dopo un eventuale annullamento -, la modifica della composizione della commissione incaricata di nominare i giudici a tutti i livelli per conferire la maggioranza dei suoi membri alle forze di governo, e la proibizione di utilizzare il criterio di ragionevolezza per annullare atti amministrativi a livello locale e nazionale. Se chi sostiene la proposta ritiene la riforma necessaria per riequilibrare i poteri dello Stato a favore dei rappresentati eletti dal popolo, per i critici - se approvata - la riforma rappresenterà un colpo fatale al carattere democratico di Israele, svuotando l’unico organo - la Corte Suprema appunto – in grado di controbilanciare il potere del governo. "Amare la nazione non significa solo entusiasmarsi per l'accensione delle torce del Giorno dell'Indipendenza, ma anche preoccuparsi per il Paese e salvarlo da coloro che cercano di distruggere la sua anima. Questo è ciò che stiamo facendo,” ha dichiarato il capo dell’opposizione Yair Lapid, parlando a una manifestazione ad Ashdod. In piazza assieme all'opposizione israeliana, oggi, c'era anche il segretario generale del Pse, Giacomo Filibeck, che ha incontrato Merav Micheli, la leader del Partito laburista isrealiano. “Piegare la forza del diritto al diritto del più forte - ha detto Filibeck - va contro tuttii principi giuridici. Da amici di Israele consideriamo il suo sistema democratico un bene da difendere, sia per per gli israeliani sia per il destino della regione e il processo di pace che noi progressisti europei continuamo ad appoggiare”.

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