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La Repubblica Rassegna Stampa
04.03.2023 Iran, avvelenate le studentesse
Cronaca di Gabriella Colarusso

Testata: La Repubblica
Data: 04 marzo 2023
Pagina: 19
Autore: Gabriella Colarusso
Titolo: «Le 900 studentesse avvelenate in Iran: 'Punite per le rivolte'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 04/03/2023, a pag.19, con il titolo "Le 900 studentesse avvelenate in Iran: 'Punite per le rivolte' ", la cronaca di Gabriella Colarusso.

Gabriella Colarusso (@gabriella_roux) | Twitter
Gabriella Colarusso

Their Hair Long and Flowing or in Ponytails, Women in Iran Flaunt Their  Locks - The New York Times

La mattina del 12 dicembre Atafeh non è andata all’università. «Avevano arrestato molti studenti del campus e giravano strane storie di ragazze avvelenate a scuola a Qom. Pensavo fossero voci messe in giro da gente paranoica, o spaventata, poi ho capito e adesso ho davvero paura», racconta da Teheran. Come Atafeh, centinaia di famiglie vivono nell’angoscia di una guerra ombra scatenata contro le giovani donne iraniane, che sono le protagoniste e l’anima del movimento pro-democrazia. Dalla fine di novembre, più di 900 studentesse, delle scuole superiori ma anche delle elementari, sono state intossicate in una serie di misteriosi attacchi con il gas che fanno temere a molti — per ampiezza e coordinamento — una campagna pianificata contro l’istruzione femminile. Il primo caso conosciuto si è verificato a Qom, la roccaforte religiosa del Paese, la sera del 30 novembre, quando 18 tra studentesse e insegnanti dell’accademia d’arte Nour sono state ricoverate con difficoltà respiratorie, tachicardia, nausea. Gli attacchi sono continuati e all’inizio di questo mese si sono moltiplicati toccando 10 province e più di 50 scuole. In un solo giorno, mercoledì scorso, sono stati colpiti 26 istituti in diverse città. Le immagini condivise sui social mostrano alcune ragazze di una scuola a Teheran accasciate sui marciapiedi e altre distese sui letti d’ospedale con i respiratori. La madre di una studentessa finita in ospedale già a dicembre racconta che sintomi e malesseri sono durati per settimane dopo il ricovero. Nessuno sa cosa stia accedendo. Non ci sono stati arresti e il governo non ha comunicato dati ufficiali degli esami tossicologici. Secondo le notizie fatte trapelare da un parlamentare, la sostanza utilizzata a Qom era composta da gas N2, a base di azoto, di uso comune nell’industria o come fertilizzante agricolo. In almeno un caso, le studentesse hanno raccontato che nella loro classe era stato lanciato un oggetto simile a una capsula e che il gas si era sprigionato da lì. Il presidente Ebrahim Raisi è intervenuto pubblicamente per la prima volta solo quattro giorni fa, chiedendo una indagine rapida sull’accaduto, ma ieri ha denunciato un «piano dei nemici» esterni dell’Iran per «creare malcontento nelle strade, nei mercati e nelle scuole». I ritardi nelle indagini e l’inerzia del governo hanno accesso la rabbia della popolazione. «L’Iran è un posto dove se guidi senza hijab ti beccano con il riconoscimento facciale in tempo reale, dove ci sono basiji e forze di sicurezza ovunque, com’è possibile che non abbiano identificato nessuno degli attentatori?», si chiede Atafeh. Il viceministro della salute iraniano, Younes Panahi, ha dichiarato la scorsa settimana che gli aggressori volevano «veder chiudere tutte le scuole, in particolare le scuole femminili». Molti iraniani pensano che dietro gli attacchi ci siano gruppi di estremisti religiosi che vogliono spingere le ragazze a lasciare la scuola, e che il governo stia facendo poco o nulla per fermarli. «Boko Haram è arrivato in Iran?», ha scritto l’ex vicepresidente rif ormista Mohammad Ali Abtahi su Instagram. Ieri dopo la preghiera del venerdì a Zahedan, l’imam Mowlavi Abdolhamid, il religioso sunnita più influente del Paese, che è diventato una delle figure di spicco dell’opposizione a Khamenei, ha descritto gli attacchi del gas come «una nuova forma di repressione » e una punizione per le ragazze che hanno giocato un ruolo cruciale nelle proteste del movimentopro-democrazia iniziate dopo la morte di Mahsa Amini. Nelle università come nelle elementari a centinaia hanno sfidato apertamente le autorità, chiedendo la fine della teocrazia e un nuovo sistema politico democratico e laico.

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