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La Repubblica Rassegna Stampa
02.03.2023 Israele: in migliaia contro la riforma della giustizia
Cronaca di Rossella Tercatin

Testata: La Repubblica
Data: 02 marzo 2023
Pagina: 13
Autore: Rossella Tercatin
Titolo: «Proteste anti Netanyahu, arresti e feriti a Tel Aviv: 'Rischio guerra civile'»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 02/03/2023, a pag. 13, con il titolo "Proteste anti Netanyahu, arresti e feriti a Tel Aviv: 'Rischio guerra civile' " la cronaca di Rossella Tercatin.

Immagine correlata
Rossella Tercatin

Largest protests yet': Masses around country rally against curbing of  judiciary | The Times of Israel
Una manifestazione a Tel Aviv ripresa dall'alto


GERUSALEMME — Giornata difficilissima in Israele. Decine di persone vengono ferite e almeno 11 trasportate in ospedale nelle manifestazioni contro il governo a Tel Aviv con la polizia che lancia granate stordenti e utilizza cannoni ad acqua per impedire il blocco delle strade — e il Primo Ministro Benjamin Netanyahu che in serata traccia un parallelo tra le proteste di piazza e l’attacco al villaggio palestinese di Huwara messo a ferro e fuoco domenica da centinaia di israeliani per vendicare la morte di due ragazzi uccisi in un attentato poche ore prima. Il tutto mentre l’approvazione della controversa riforma della giustizia procede a ritmi serrati nonostante la profonda spaccatura nella società. Il Presidente Isaac Herzog denuncia come il Paese sia sull’orlo del baratro, parlando di un imminente «disastro storico», mentre tutti i tentativi di aprire al dialogo paiono cadere nel vuoto. Sin dalle prime ore della “giornata del disturbo” proclamata da vari gruppi della società civile per protestare contro la riforma, il governo afferma la necessità di usare il pugno di ferro contro quelli che Netanyahu e vari membri del suo esecutivo, a partire dal Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir, definiscono “anarchici”. «Ho istruito i poliziotti perché usino tolleranza zero», twitta Ben Gvir, leader del partito di estrema destra Otzma Yehudit (“Potere ebraico”) che incassa l’appoggio pieno di Netanyahu. Nel pomeriggio, Yair Lapid e altri leader dell’opposizione lasciano la Knesset per unirsi ai manifestanti, mentre in Parlamento si continua a votare su alcune parti della riforma della giustizia, che mira a ridimensionare i poteri della Corte Suprema e a garantire al governo il controllo sulla nomina dei giudici. Durante la giornata, la Commissione affari costituzionali dà il via libera al disegno di legge per limitare in modo sostanziale la capacità del tribunale di bocciare la legislazione, disegno di legge che passerà nei prossimi giorni alla discussione in aula. Il tutto mentre la Knesset in seduta plenaria invece approva in prima lettura (sulle tre necessarie) altre due proposte non legate alla riforma ma centrali nell’agenda di governo: l’introduzione della pena di morte per i terroristi e l’impossibilità di dichiarare un primo ministro inadatto a ricoprire il ruolo se non per gravi impedimenti fisici o mentali — una proposta quest’ultima che, secondo i suoi critici, serve a proteggere Netanyahu che è imputato in diversi processi per corruzione e abuso d’ufficio. In serata l’appuntamento per i manifestanti si sposta a Gerusalemme davanti alla Residenza del Primo Ministro, dove durante il precedente esecutivo guidato da Netanyahu si scendeva in piazza ogni sabato sera. Anche quando l’attuale governo è entrato in carica, decine se non centinaia di migliaia di persone hanno continuato a unirsi ogni settimana alle proteste, questa volta con epicentro a Tel Aviv. Tra le persone contestate ieri anche la moglie di Netanyahu, Sarah. mentre si trovava dal parrucchiere in una zona elegante della città. Altri manifestanti si radunano davanti alla residenza di Herzog, che durante una cerimonia militare a Haifa nel pomeriggio interviene, lanciando ancora una volta un appello accorato al dialogo, dopo che alcune settimane fa aveva avanzato la proposta di un negoziato sulla base di un piano da lui formulato. «Lo Stato di Israele, la società israeliana, tutti noi stiamo vivendo un momento difficile di crisi interna, profonda e seria che ci minaccia tutti», sono state le parole di Herzog. «Non permetterò che si verifichi questo disastro storico». «Ritengo con tutto il cuore che sia possibile trasformare questo momento di crisi in un momento costituzionale che ci ridefinisca» prosegue. «Un momento in cui la nostra democrazia, i principi della Dichiarazione di Indipendenza, la supremazia della legge, i diritti umani e l’equilibrio tra i poteri dello Stato siano preservati per generazioni». E tuttavia, i tentativi di dialogo paiono destinati a infrangersi. Dopo una nota congiunta di alcuni parlamentari veterani di maggioranza e opposizione — Yuli Edelstein e Danny Danon del Likud, Gadi Eisenkot di Unità Nazionale, e Chili Tropper, Matan Kahana e Moshe Turpaz di Yesh Atid — e un’inedita telefonata del leader di Unità Nazionale Benny Gantz a Netanyahu per tentare di sbloccare la situazione — si rischia “la guerra civile”, dice Gantz — molti speravano che il premier aprisse qualche spiraglio per i negoziati in un discorso alla nazione durante il notiziario serale. Speranze rimaste deluse, con Netanyahu che si è limitato a sottolineare come violenza e illegalità non possano essere tollerati «né a Huwara né a Tel Aviv». Mentre Israele vive un periodo di tensioni fortissime, con 14 persone che hanno perso la vittima in attacchi terroristici dall’inizio dell’anno, l’esercito ha intensificato le operazioni militari in Cisgiordania (oltre 60 i palestinesi uccisi nello stesso periodo, in maggioranza miliziani ma anche diversi civili), e la spaccatura della società pare sempre più incolmabile anche riguardo ai fatti di Huwara. Domenica, dopo un attentato in cui sono stati uccisi due fratelli di 19 e 21 anni alla guida della loro auto sulla strada 60 che attraversa la cittadina palestinese, centinaia di abitanti degli insediamenti hanno incendiato case e auto, provocando decine di feriti e un morto in un villaggio vicino. Se una parte significativa dell’opinione pubblica è rimasta profondamente scossa dall’episodio, diversi esponenti della maggioranza hanno espresso il proprio sostegno a quanto accaduto, con il Ministro delle Finanze e leader del Partito Sionista Religioso Bezalel Smotrich che ha dichiarato come Huwara debba essere «spazzata via» ma che a occuparsene dovrebbe essere il governo e non i privati cittadini. Prima di scrivere un tweet «per chiarire l’equivoco» dicendo che a essere colpiti devono essere solo i sostenitori del terrorismo.

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