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La Repubblica Rassegna Stampa
13.02.2023 Berlusconi fuori di testa
Cronaca di Emanuele Lauria

Testata: La Repubblica
Data: 13 febbraio 2023
Pagina: 3
Autore: Emanuele Lauria
Titolo: «“Non va preso sul serio”. L’ira di Palazzo Chigi e l’imbarazzo di Tajani»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 13/02/2023 a pag.3 con il titolo " “Non va preso sul serio”. L’ira di Palazzo Chigi e l’imbarazzo di Tajani" la cronaca di Emanuele Lauria.

Berlusconi vede Nordio. Poi il pranzo con Salvini - ilGiornale.it
Silvio Berlusconi, Matteo Salvini

ROMA — Parola d’ordine: minimizzare. Ridimensionare la portata della nuova sortita pro-Putin di Silvio Berlusconi. Fare finta di nulla, circoscrivendo le parole del Cavaliere a mere opinioni personali. «Se l’ho sentito? No, non l’ho sentito », fa sapere gelida Giorgia Meloni, un’ora dopo le dichiarazioni del capo di Forza Italia. In questa reazione della premier c’è tutto il segno della distanza e della voglia di sgonfiare al più presto possibile un caso enorme che non può non avere ripercussioni internazionali, tre giorni dopo il consiglio europeo in cui Meloni ha ribadito a Zelensky il suo sostegno. E all’indomani dei ringraziamenti del presidente ucraino, attraverso un messaggio letto a Sanremo, al popolo italiano e — si badi — anche «ai suoi leader». Perché si può pure costruire attorno Berlusconi un cordone sanitario fatto di pronti comunicati all’insegna dell’atlantismo, dell’allineamento con la Nato e del sostegno agli ucraini: ma in molti ammettono, in ambienti di governo, che le critiche a Zelensky da parte del Cavaliere rafforzano la linea di chi tiene fuori l’Italia dai vertici sul conflitto (leggasi Macron e Scholz) o possono dare una luce diversa al fatto che lo stesso Zelensky, nel suo giro per le Capitali europee, non sia passato da Roma. È l’imbarazzo il sentimento principale della serata. A Chigi, certo, ma anche alla Farnesina, dove siede Antonio Tajani che del partito di Berlusconi è capo-delegazione e che è costretto a un tweet a tempo di record per far sapere che Forza Italia sta dalla parte dell’Occidente. Ci vuole uno sforzo immane per riportare nei binari della normalità l’attuale scenario: da una parte un governo, quello del nostro Paese, che sostiene anche con l’invio delle armi il simbolo della resistenza dell’Ucraina;dall’altra uno dei principali sponsor di quel governo che giudica «molto, molto negativamente il comportamento di Zelensky». Da un canto una premier chiamata a condividere con gli altri membri dell’Ue la richiesta di aerei da combattimento che giunge da Kiev; dall’altro uno dei principali alleati della stessa premier che invita Zelensky al cessate il fuoco. Riesplodono contraddizioni non superate con la sottoscrizione di un programma comune, da parte del centrodestra, che prevede il pieno supporto a Kiev. Berlusconi, ogni volta, va oltre qualsiasi impegno scritto, fino a contestare le scelte della “sua” presidente del Consiglio («Io non avrei mai incontrato Zelensky») e fino ad attribuire sostanzialmente al simbolo della resistenza ucraina le colpe della «devastazione del suo paese e alla strage dei suoi soldati e dei suoi civili ». Per Berlusconi «bastava che Zelensky cessasse di attaccare le due repubbliche autonome del Donbass». Davanti a queste parole, un ministro di FdI allarga le braccia: «Sono cose da non prendere sul serio». È un rituale che si ripete, quando Berlusconi va sopra le righe: lo sgomento dei colleghi di partito e di coalizione, le rettifiche, gli attacchi dell’opposizione. Ma l’idea che in queste occasioni si vuole veicolare nell’alleanza — quella di un uomo con un grande passato alle spalle che oggi fa innocue incursioni sui temi di politica estera — fa a pugni con lo status di Berlusconi, che rimane il presidente di uno dei tre principali partiti che sorreggono Meloni. E cozza anche con il timing di queste smodate prese di posizione filorusse del Cavaliere. La prima fu a Napoli, fine maggio, a un paio di settimane dalle amministrative: «Kiev va convinta ad ascoltare Mosca». La seconda durante la puntata di Porta a Porta del 22 settembre: «L’obiettivo di Putin era sostituire Zelensky con un governo di persone per bene». La terza ieri pomeriggio, con gli appunti (eufemismo) mossi a Zelensky (e Meloni) a urne ancora aperte per le delicate Regionali in Lombardia e Lazio. Come si fa notare nello stesso entourage del presidente di Forza Italia, non c’è nulla di casuale: Berlusconi mira a conquistare voti in quella fascia di elettori stanchi della guerra e non ammaliati dalla figura di Zelensky. Un mero calcolo, insomma. Che mette puntualmente nel panico la coalizione e che mina la credibilità del Paese sullo scenario internazionale più delicato.

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