giovedi` 28 marzo 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






La Repubblica Rassegna Stampa
31.01.2023 Da che parte sta Blinken? 2
Cronaca di Daniele Raineri

Testata: La Repubblica
Data: 31 gennaio 2023
Pagina: 13
Autore: Daniele Raineri
Titolo: «L’incontro con Abu Mazen, leader in difficoltà, obiettivo: sicurezza comune»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 31/01/2023, a pag. 13, la cronaca di Daniele Raineri dal titolo "L’incontro con Abu Mazen, leader in difficoltà, obiettivo: sicurezza comune".

Festival Internazionale del Giornalismo
Daniele Raineri

GERUSALEMME — Il dossier ufficiale più urgente da discutere oggi all’incontro tra il segretario di Stato americano, Antony Blinken, e il capo dell’Autorità palestinese, Abu Mazen, è il ritorno al coordinamento di sicurezza fra palestinesi e israeliani. Il coordinamento di sicurezza è un meccanismo creato per far parlare i servizi di sicurezza di Israele con quelli dell’Autorità e tenere sotto controllo i gruppi armati e gli elementi pericolosi in Cisgiordania che creano problemi. Tuttavia Abu Mazen ha fatto dichiarare per protesta contro Israele che il meccanismo è stato sospeso, a causa delraid dell’esercito israeliano nel campo di Jenin di cinque giorni fa nel quale sono stati uccisi nove palestinesi. A dire il vero l’annuncio è stato fatto in modo vago, per permettere al leader di fare marcia indietro quando vorrà e con discrezione: il suo portavoce, Nabil Abu Roudeineh, ha detto che il coordinamento di sicurezza «non esiste al momento» ma non ha detto che l’Autorità palestinese lo ha cancellato. Potrebbe tornare in vita non appena ci sarà meno attenzione. Poi c’è il dossier più generale, che riguarda l’irrilevanza dell’Autorità palestinese e il rapido peggioramento della violenza in Cisgiordania. Blinken si troverà davanti a Ramallah a un leader più debole che mai, che tenta di cavarsela con bizantinismi, ignora le critiche e le accuse e non ha quasi più presa sulla realtà. Anche l’annuncio ambiguo sulla sospensione del coordinamento di sicurezza in questo senso è una mossa che non va da nessuna parte. In teoria l’accordo è moltovantaggioso per il governo di Gerusalemme, perché come ebbe a spiegare una volta il capo dell’intelligence palestinese Majod Faraj, «in questi anni abbiamo bloccato centinaia di attacchi contro gli israeliani». In pratica senza il coordinamento con i servizi di sicurezza di Israele Abu Mazen rischia di vedersela da solo con i gruppi armati, che sono sempre più agguerriti e non hanno più pazienza. Uomini che dal punto di vista formale appartengono a Fatah e quindi dovrebbero dimostrargli un minimo di fedeltà si fanno vedere in strada con le fazioni rivali. L’ex capo dell’intelligence palestinese, e predecessore di Faraj, Tawfik al Tirawi, che partecipava agli incontri con i servizi di sicurezza israeliana, già da un anno avverte che se l’accordo venisse meno si rischierebbe il collasso dell’Autorità palestinese. In molti considerano il coordinamento di sicurezza come un patto politico con Israele, che garantisce ad Abu Mazen la permanenza al potere e sbarra la strada di Hamas (che a sua volta sta perdendo appeal davanti alle nuove fazioni dei giovanissimi). L’ottantasettenne leader sarebbe folle a privarsene davvero. Blinken è soltanto l’ultimo di una serie di incontri di alto livello con gli Stati Uniti per Abu Mazen. Prima di lui sono arrivati il capo della Cia William Burns, appena due giorni fa, il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan lo scorso autunno e il presidente Biden a luglio. Il capo della Casa Bianca si presentò con un pacchetto di aiuti da 316 milioni di dollari per i palestinesi. Si trattava di una mossa per salvare in qualche modo la relazione, dopo gli anni della presidenza Trump. Il repubblicano aveva quasi del tutto tagliato gli stanziamenti per i palestinesi, per forzarli – diceva – a fare la pace. Oggi Abu Mazen vorrebbe che l’Amministrazione Biden riuscisse a fare da freno al governo Netanyahu, che accusa di estremismo, e che riuscisse a risolvere la questione delle sanzioni israeliane contro l’Autorità palestinese. Ma, secondo una maggioranza di analisti, fa parte anche lui del problema. Da quando ha rifiutato di tenere le elezioni, due anni fa, per paura di perdere, non è considerato credibile e non ha più la statura necessaria per negoziare a nome dei palestinesi. L’aumento della violenza in quest’ultimo anno è anche una conseguenza di questa crisi di rappresentanza.

Per inviare a Repubblica la propria opinione, telefonare: 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


rubrica.lettere@repubblica.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT