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La Repubblica Rassegna Stampa
03.12.2022 Bou Habib: 'Ora anche i libanesi fuggono in Europa. Aiutateci a fermarli'
Intervista di Gabriella Colarusso

Testata: La Repubblica
Data: 03 dicembre 2022
Pagina: 8
Autore: Gabriella Colarusso
Titolo: «Bou Habib: 'Ora anche i libanesi fuggono in Europa. Aiutateci a fermarli'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 03/12/2022, a pag.8, con il titolo "Bou Habib: 'Ora anche i libanesi fuggono in Europa. Aiutateci a fermarli' ", l'intervista di Gabriella Colarusso.

Gabriella Colarusso (@gabriella_roux) | Twitter
Gabriella Colarusso

Abdallah Bou Habib meets with Mikati to discuss budget cuts to the Foreign  Ministry - L'Orient Today
Bou Habib

Abdallah Bou Habib guida la diplomazia di un Paese in tempesta. Dalla crisi finanziaria del 2019 il Libano non si è più rialzato: la lira ha perso il 90% del suo valore, l’82% della popolazione vive oggi sotto la soglia di povertà. Le elezioni di maggio hanno disegnato un Parlamento più diviso che mai, incapace di trovare un accordo anche per eleggere un nuovo presidente. La crisi interna si intreccia con le tensioni internazionali: il conflitto in Ucraina, che minaccia la sicurezza alimentare di un Paese grande importatore di grano; e il collasso della vicina Siria, dilaniata da 11 anni di guerra civile, che «ha creato un grosso problema di immigrazione nel nostro Paese», dice il ministro degli Esteri arrivato aRoma per partecipare ai Med-Dialogues, la conferenza di politica internazionale organizzata da Ispi e Farnesina.

Pochi mesi fa lei è stato a Bruxelles per discutere di migrazioni. Cosa ha chiesto all’Europa? «In Libano abbiamo due milioni di rifugiati siriani e mezzo milione di rifugiati palestinesi. I palestinesi aspettano una soluzione politica da 74 anni che non è arrivata. I siriani sono qui da 11 anni e non sono tutti rifugiati politici. Ho detto agli europei: non dateci denaro, quello che sta facendo l’Occidente con il meccanismo delle donazioni crea un ulteriore problema per noi. Se volete sostenere i siriani, aiutate a costruire una stabilità in Siria e date loro il denaro per tornare nel loro Paese».

Per moltissimi siriani quello di Assad non è un Paese sicuro. «La gran parte dei siriani che vivono in Libano non sono rifugiati politici ma economici. E dal punto di vista economico la situazione in Libano è drammatica. Nessuno li forza a tornare in Siria, ma se restano in Libano è perché qui ricevono denaro e assistenza».

Il Libano non è più solo un Paese di accoglienza ma anche di emigrazione. Molti oggi scappano per cercare di arrivare in Europa. «I libanesi che lavorano, che studiano, sono in tutto il mondo. Ma con la crisi le persone più in difficoltàsono costrette a partire spesso con barche di fortuna rischiando la vita. Abbiamo chiesto aiuti per frenare questa situazione perché non abbiamo i mezzi per farlo da soli. Dall’Europa e dall’Occidente non abbiamo avuto risposte».

Il Fondo monetario internazionale chiede riforme per sbloccare gli aiuti. Ma questo Parlamento è in grado di farle? «Il governo ha chiuso un accordo con l’Fmi, ma il Parlamento non l’ha ratificato perché ci sono lobby che impediscono le riforme: le banche, i commercianti. Se il Parlamento non lo ratificherà non avremo aiuti».

A fine ottobre il Libano ha firmato un accordo storico con Israele sui confini marittimi contesi. Come lo giudica? «Ottimo: è un accordo win-win ,vantaggioso per entrambe le parti. Non penso che sarà violato da nessuno dei due Paesi perché conviene a tutti».

Che sviluppi può avere sul mercato del gas? «Abbiamo un accordo con Eni e Total e la russa Novatech per iniziare le esplorazioni in uno dei blocchi. Ci auguriamo fruttuose scoperte che ci mettano in condizioni in futuro di esportare gas. Ora anche Israele puòestrarre ed eventualmente vendere gas all’Europa».

Cosa ha spinto Hezbollah, che ha ostacolato l’accordo per dieci anni, a cambiare posizione? «Non penso che si opponessero, non ne vedevano i benefici. Questa volta hanno detto: se lo fate è una vostra responsabilità, non lo sosterremo e non ci opporremo, e questo ha incoraggiato gli americani».

L’accordo sul gas può aprire la strada a futuri negoziati con Israele e a una normalizzazione dei rapporti con il Libano? «Se gli israeliani faranno un accordo con i palestinesi credo che altri Paesi seguiranno. Nel 2002, al summit di Beirut, dicemmo loro: riconoscete uno Stato ai palestinesi sui confini del 1967 e tutti i Paesi arabi loriconosceranno. C’è un’unica soluzione per evitare uno Stato come il vecchio Sudafrica ed è quella dei due Stati. Ne ho discusso con il vostro governo, che è un governo di destra. Anche il governo israeliano ora è un governo di destra. È stato il Likud a fare la prima pace tra Israele ed Egitto. Fu Nixon ad andare in Cina. È la destra che storicamente fa la pace. Se l’Europa fa pressione, credo che Netanyahu possa fare la pace con i palestinesi».

La comunità internazionale è preoccupata dall’influenza di Hezbollah in Libano, considerato uno Stato nello Stato. Il governo come affronta questa preoccupazione dei suoi alleati? «Hezbollah è un movimento nazionale che ha a cuore il bene del Libano. Nella sua parte militare, è un fenomeno regionale, connesso alla questione palestinese e ai conflitti settari nella regione, non possiamo risolverlo in Libano. L’abbiamo detto alla comunità internazionale».

Il Libano dipende per l’80% dalle importazioni di grano russo e ucraino. Che impatto sta avendo la guerra in Ucraina sulla vostra sicurezza alimentare? «Abbiamo avuto enormi problemi all’inizio del conflitto ma per fortuna l’accordo sul grano mediato dalle Nazioni Unite e dalla Turchia ne ha risolto una parte significativa, non abbiamo più carenza di scorte di grano adesso».

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