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La Repubblica Rassegna Stampa
17.10.2022 Putin uccide i suoi soldati
Cronaca di Daniele Raineri

Testata: La Repubblica
Data: 17 ottobre 2022
Pagina: 14
Autore: Daniele Raineri
Titolo: «Strage di soldati in caserma, la mobilitazione di Putin scatena l’odio etnico in Russia»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 17/10/2022, a pag. 14, la cronaca di Daniele Raineri dal titolo "Strage di soldati in caserma, la mobilitazione di Putin scatena l’odio etnico in Russia".

Festival Internazionale del Giornalismo
Daniele Raineri

War in Ukraine: Putin delivers the final blow to Russia's independent media  | RSF
Vladimir Putin

Succede al mattino, all’ora dell’alzabandiera nel centro di addestramento russo di Soloti, a Belgorod, a pochi chilometri dal confine ucraino. Tre reclute musulmane incrociano le braccia e dicono che non andranno a combattere. Sono finite pure loro, assieme a centinaia di migliaia di altri, nella rete della grande mobilitazione ordinata da Putin per trovare uomini da spedire al fronte. Dicono che «questa non è la nostra guerra». Il colonnello Andrei Lapin, figlio del famoso generale Aleksandr Lapin, davanti a tutti tenta la carta del discorsetto motivazionale: dice che la guerra contro gli ucraini è come una guerra santa. Quelli ribattono che la guerra santa è una sola e si fa in nome di Allah contro gli infedeli. Il colonnello sbotta: allora questo Allah deve essere un codardo se non vi permette di combattere per un Paese al quale avete fatto un giuramento di fedeltà. Alle parole del colonnello su Dio le file di reclute vacillano, ci sono molti musulmani e sono sbigottiti. Due ore più tardi al poligono di tiro mentre si fa pratica con le mitragliatrici tre tagiki fanno segno alle reclute che conoscono di allontanarsi, aprono il fuoco sul colonnello e sparano sugli altri soldati. Secondo la Tass uccidono 11 persone ma secondo il resoconto anonimo di uno dei feriti al sito Astra — e che è tutto quello che sappiamo finora di questa strage — i morti invece sarebbero 29, incluso il colonnello. Le foto clandestine uscite ieri mostrano i corpi degli uccisi caduti uno sull’altro sulla pedana di legno, fulminati a sorpresa. Un altro ufficiale arriva sul posto, uccide due tagiki, il terzo scappa da un buco nella rete della base e non è ancora stato preso. Succedeva anche nelle basi Nato in Afghanistan, quando a volte gli infiltrati dei talebani che si erano arruolati nell’esercito afghano alzavano le armi contro i loro compagni. Erano chiamati attacchi “green on green”, dove green voleva dire “i nostri”. La grande mobilitazione è come una pesca a strascico e mette assieme gli emigrati dalle repubbliche dell’ex Unione sovietica con i russi che si considerano superiori, rispolvera le differenze etniche e religiose, eccita vecchi disprezzi, tira fuori l’odio irrisolto. Due giorni fa è uscito il video di due reclute kazake che pestavano una recluta russa che aveva usato una parola razzista contro di loro. Tre giorni fa è stato trovato morto il commissario militare Roman Malyk, di Partizansk – nella regione più a est della Russia. Si occupava della mobilitazione, la polizia deve ancora capire se si è suicidato o se è stato assassinato. C’è una componente di classe perché i reclutatori di Putin battono le zone più povere e meno connesse e poco i quartieri ricchi di Mosca e di San Pietroburgo. E dietro la differenza di classe c’è anche la questione religiosa. Il padre del colonnello ucciso, il generale Aleksandr Lapin, è il protagonista di un litigio pubblico con Ramzan Kadyrov, il dittatore ceceno alleato di Putin. Kadyrov accusa Lapin di codardia perché ha ritirato i soldati da Lyman, Lapin ribatte sarcastico che il ceceno dal suo sofà di lusso ha conquistato già più volte Kiev e si prepara anche ad attaccare la Polonia. «La terza guerra cecena è vicina grazie ai politici che hannotrasformato i ceceni in casta intoccabile», avrebbe detto il generale. Putin ha annunciato la mobilitazione il 21 settembre. Venerdì da Astana ha dichiarato che è stata un successo, ha raggiunto quota 220mila reclute e fra due settimane si fermerà perché toccherà i 300mila mobik, i mobilitati. Ma i corpi dei primi mobik uccisi in Ucraina stanno tornando a casa, dopo essere stati mandati al fronte senza addestramento. Per alcuni l’intervallo tra arruolamento e decesso è stato di appena 10 giorni. Altri sono stati catturati dopo una settimana e parlano in video davanti ai soldati ucraini. Altri ancora raccontano di una completa disorganizzazione. Non hanno sacchi a pelo ed equipaggiamento, nonsono stati addestrati, i soldati regolari gli rubano le divise. Arriva ogni genere di racconto, senza possibilità di conferma. Un reparto di 300 reclute avrebbe ucciso il comandante e si sarebbe consegnato agli ucraini: meglio prigionieri che al fronte. In una telefonata a casa intercettata, una recluta spiega come sono usati i nuovi arrivati sul suo settore del fronte: i russi mettono sulla prima linea i detenuti che hanno accettato di combattere in cambio dell’amnistia; dietro di loro ci sono imobik,che hanno l’ordine di impedire ai detenuti di abbandonare le loro posizioni; e dietro ai mobik ci sono i soldati veri, quelli addestrati, che guardano che le reclute non lascino la seconda linea.

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