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La Repubblica Rassegna Stampa
11.08.2022 Cina/India: la sfida per la democrazia
Reportage di Gianni Vernetti

Testata: La Repubblica
Data: 11 agosto 2022
Pagina: 16
Autore: Gianni Vernetti
Titolo: «Cina/India: la sfida per la democrazia»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi 11/08/2022, a pag.16, con il titolo "Cina/India: la sfida per la democrazia" il reportage di Gianni Vernetti

Gianni Vernetti parla dei suoi “Dissidenti”
Gianni Vernetti con il Dalai Lama

L'India costruisce bunker lungo il confine con la Cina – Analisi Difesa

LEH (INDIA) — C’è una nuova cortina di ferro sull’Himalaya che separa la Repubblica Popolare Cinese dall’India. Si tratta di 3.800 km lungo la catena montuosa più alta del pianeta, diventati negli anni un nuovo limes non soltanto fra i due Paesi più popolati al mondo, ma una vera e propria faglia geopolitica nella quale il crescente confronto fra democrazie e autocrazie potrebbe tradursi in un conflitto aperto. Si tratta di un confine fra i 4.000 e i 5.000 metri di altitudine che parte dal Nord-Est dell’India nello stato dell’Arunachal Pradesh. La Cina rivendica tutta la regione, che nella cartografia ufficiale di Pechino viene arbitrariamente definita “Zangnan”, il “Tibet del Sud”. Al di là della frontiera Xi Jinping ha da poco inaugurato il cantiere della nuova linea ferroviaria che collegherà Lhasa a Chengdu. Si tratta di 1.740 km di rete ferroviaria in alta quota, con centinaia di viadotti e gallerie e con una doppia scommessa geopolitica: integrare in modo definitivo il Tibet occupato nella madrepatria, permettendo rapidi spostamenti di merci, persone e forze armate e sostenere i mastodontici progetti idroelettrici lungo il corso del fiume Brahmaputra. Ma il vero confronto fra i due Paesi si svolge ancora più a occidente, in Ladakh, dove dal 2020 si assiste ad un intenso build-up militare culminato il 15 giugno di due anni fa in scontri armati nei quali hanno perso la vita venti soldati indiani e un numero mai dichiarato di soldati cinesi. Siamo lungo la cosiddetta LAC: la Linea di Controllo Attuale, il confine non riconosciuto né da Delhi né da Pechino, prodotto del cessate il fuoco del conflitto sino-indiano del 1962 con l’occupazione militare da parte cinese della remota regione dell’Aksai-Chin, un tempo parte del Ladakh. Ed è proprio qui che la Cina ha annunciato da poco l’intenzione di realizzare una nuova infrastruttura stradale in alta quota (la G695) che collegherà Lhasa con Kashgar, l’antica capitale dello Xinjiang, un tempo il punto mediano fra Venezia e Pechino della Via della Seta ed oggi trasformata in una gigantesca prigione nella quale Pechino ha rinchiuso la minoranza uigura. Ed è lungo questa linea che pochi giorni fa ho concluso un viaggio via terra di oltre 1.600 chilometri fra Delhi, Dharamsala, le valli di Spiti e Lahaul fino a Leh per megliocomprendere la nuova cortina di ferro che sta crescendo nel cuore dell’Asia. A Dharamsala, sede dell’Amministrazione Centrale Tibetana (il Governo Tibetano in Esilio, ndr) c’è un clima euforico: dopo due anni di pandemia il Dalai Lama è riapparso in pubblico per tenere tre giorni di insegnamenti. Oltre diecimila monaci buddisti sono giunti da ogni parte dell’India e le piccole vie di McLeod Ganj sono animate più che mai. Del possibile confronto con la Cina se ne parla sottovoce. Dolma Gyari, Ministro della Sicurezza della diaspora tibetana conferma la tensione nelle aree di confine ed anche il crescente «coinvolgimento della minoranza tibetana». A poca distanza da qui, a Chakrata, sulle montagne dell’Uttarakhand, ha sede il distaccamento delle Special Frontier Forces, 6 battaglioni di forze speciali composte da circa 5mila soldati tibetani, reclutati fra la diaspora e inquadrati nell’esercito indiano. Sono forze altamente specializzate, abituate a operare in alta quota e svolgono un ruolo importante nel nuovo grande gioco che vede competere India e Cina sulle montagne più alte del mondo. Sulla divisa hanno cucito il simbolo del Tibet indipendente prima dell’occupazione cinese (il leone delle nevi) e quando negli scontri con l’esercito cinese sul lago Pangong è morto Nyima Tenzin, un veterano con oltre 33 anni di servizio nelle forze speciali di frontiera, la sua bara era coperta dalla bandiera dell’India e da quella del Tibet libero. A poca distanza da Chakrata, nella valle di Auli, il prossimo ottobre si terranno le prime esercitazioni militari congiunte fra l’esercito Usa e quello di Nuova Delhi per testare il coordinamento fra i due eserciti a conferma di quanto dichiarato in questi giorni dal portavoce del Pentagono John Kirby: «La partnership fra Usa e India è uno degli assi portanti fondamentali per garantire la libertà e la sicurezza dell’intera regione dell’Indo-Pacifico». Da Dharamsala attraverso il Kinnaur, si giunge alla cittadina di Rekong Peo dove è obbligatorio ottenere un permesso speciale per le aree di frontiera. Siamo a pochi chilometri dalla Cina e il posto di polizia indiano è addobbato di bandiere tibetane di preghiera e di foto del Dalai Lama. Il funzionario indiano che rilascia il permesso augurandomi buon viaggio ci tiene a sottolineare: «passerai molto vicino alla frontiera, ma non è Cina… è Tibet occupato dai cinesi». Da Rekong Peo la strada si arrampica sui contrafforti himalyani con un alternarsi di passi oltre i 5.000 metri. Prima si raggiunge la Valle di Spiti, inaccessibile per 5 mesi l’anno per via della neve: un angolo di Tibet salvato dalla furia distruttrice dell’Esercito Popolare di Liberazione cinese con l’eccezionale monastero di Tabo che ospita i più antichi dipinti buddisti al mondo, risalenti al 964 d.C. Poi ancora sempre più in su i monasteri di Dankar e di Key appollaiati su rocce impossibili. Qui, nella valle di Spiti c’è anche il seggio elettorale più alto di tutto il pianeta nel villaggio di Hikkim a 4.400 metri, simbolo di un’India che ogni cinque anni elegge il proprio parlamento e i propri leader facendo votare oltre 700 milioni di esseri umani. Dalla valle di Spiti a quella di Lahaul e infine in Ladakh la strada si arrampica ancora: si passa il Nakhee La (4.904 mt), il Barachala La (5,033 mt), il Taglang La (5.330 mt) e ogni vallata è connotata da un susseguirsi di insediamenti militari indiani. Sono i battaglioni dei Ladakh Scouts, dei Mountain Tamers, dei Kargil Tigers, dei Parashu Tuskers. Ilbuild-upmilitare indiano è impressionante e l’antico villaggio ladakhi di Karu è oramai un unico grande accampamento con decine di basi militari. Dell’antica Via della Seta sono rimasti soltanto alcune migliaia di cammelli bactriani che vagano liberi fra le dune della Valle di Nubra, dopo che la geopolitica ha sigillato ermeticamente le frontiere: la Nuova Via della Seta di Pechino è considerata un tentativo di esportazione del modello autoritario cinese. La nuova cortina di ferro sull’Himalaya tornerà presto a far parlare di sé: il primo dicembre l’India assumerà la presidenza del G-20 e il Ministro degli Esteri Subrahmanyam Jaishankar ha proposto, in aperta sfida a Pechino, di tenere uno degli incontri preparatori proprio qui a Leh, nel territorio del Ladakh, conosciuto damille anni come il Piccolo Tibet. 

( I tibetani hanno sei battaglioni di forze speciali inquadrati nell’esercito indiano Cresce la tensione tra i due Paesi sulla nuova cortina di ferro che divide l’Asia Pechino rivendica la regione che chiama arbitrariamente il “Tibet del Sud” Di pattugliaUn ufficiale indiano di pattuglia sul confine del Ladakh, India; la strada che collega Leh alla valle di Nubra)

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