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La Repubblica Rassegna Stampa
18.07.2022 Tunisia: possibile una svolta autoritaria
Analisi di Leonardo Martinelli

Testata: La Repubblica
Data: 18 luglio 2022
Pagina: 15
Autore: Leonardo Martinelli
Titolo: «Nella Tunisia di Saied l’attesa rassegnata della svolta autoritaria»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 18/07/2022, a pag.15, con il titolo "Nella Tunisia di Saied l’attesa rassegnata della svolta autoritaria", il commento di Leonardo Martinelli.

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Leonardo Martinelli

Tunisia: il presidente scioglie il parlamento
Kais Saied

S’intravede un edificio bianco tra gli alberi. Ma oltre il filo spinato, che dagli scogli di Cartagine s’infila nel mare, non si può passare. «È il castello del presidente», dice Fatima, mentre regge la canna da pesca in mano. «Perché il nostro presidente è come un re». Ride. Ma il rischio è che Kais Saied, in carica dal 2019, diventi davvero un sovrano assoluto. 64 anni, ex professore universitario (in realtà è stato solo assistente), illustre sconosciuto fino alla rivoluzione del 2011, iniziò allora ad arringare i giovani nella piazza della Kasbah (oggi i discorsi ufficiali li tiene in arabo classico e non in tunisino, che lo rende forse più autorevole, ma anche enigmatico e incomprensibile ai più, che quella lingua preziosa non la parlano). Il 25 luglio si terrà il referendum su una nuova Costituzione, che lui ha voluto, per diventare un iperpresidente. Saied, solitario, se ne sta rintanato nel suo “castello”. Mentre al tramonto, sulla costa rocciosa accanto, un grappolo di famiglie guarda il mare e l’ultimo traghetto che sfila via per Palermo. Cercando di dimenticare ansie e privazioni di una Tunisia in affanno. La mattina dopo, a pochi km da lì, alla Marsa, altro sobborgo di Tunisi, Hamadi Redissi, politologo (l’ultimo suo libro, “La tentazione populista”, è sull’ascesa di Saied), ha dato appuntamento agli amici al solito bar. Si discute del referendum: gli occhi fissi al mare, come sempre. Redissi ha analizzato la riforma costituzionale di Saied («l’ha pensata senza una seria concertazione », specifica) e non ha dubbi: «Vi è una deriva autoritaria. Concentra tutti i poteri nelle mani del presidente, che nomina il governo e i suoi ministri: sono responsabili solo dinanzi a lui. L’Esecutivo non deve ottenerela fiducia dal Parlamento. Questo, composto di due assemblee, può votare la sfiducia, ma con un voto ai due terzi. Sarà praticamente impossibile ». Si passa dalla Costituzione del 2014, frutto della democrazia, strano ibrido (ingovernabile) di un sistema parlamentare all’italiana con un presidente eletto, a uno presidenziale che va molto oltre il modello francese, verso un presidente senza contropoteri. O una dittatura? «La Tunisia non diventerà mai come la Cina e neanche come l’Egitto di Abdel Fattah al-Sisi, perché non ha un esercito come il suo — continua Redissi — . Ma può evolvere verso un autoritarismo competitivo, come la Turchia di Erdogan e la Russia di Putin. La nuova Costituzione offre questa possibilità: tutti i poteri andranno al presidente e si lasceranno marginali spazi di libertà, come in una pentola a pressione, rendendo difficile la vita agli oppositori». Altro elemento di discussione al bar della Marsa (e non solo): l’incursione dell’Islam nella Costituzione. Saied, malgrado il nugolo dei giovani suoi fan, che ha pompato il fenomeno del proprio guru sui social fin dagli inizi, e nonostante si sia affermato in contrapposizione al partito Ennahda, gli islamisti che hanno governato quasi ininterrottamente la Tunisia democratica fino al suo avvento, resta un conservatore musulmano. Redissi rico rda che «all’articolo 5 della nuova Costituzione si indica che la Tunisia fa parte dell’Umma (la comunità islamica)e che il governo deve realizzarne le finalità. È una nozione pericolosa, che può aprire la strada verso soluzioni radicali». E per di più, in un Paese dalla tradizione laica e modernista. I tunisini cosa ne pensano di tutto questo? Nel centro della capitale, l’avenue Bourghiba è l’ombelico di un Paese. In un caldo terribile, i gazebo sotto gli alberi dei militanti del presidente sono vuoti. «La popolazione non capisce tutti i dettagli di questa riforma — sottolinea Slaheddine Jourchi, politologo conosciuto — . E i partiti dell’opposizione e tante Ong hanno lanciato un appello al boicottaggio. Il referendum passerà, perché chi andrà a votare lo farà per dire di sì. Ma sta diventando un test della popolarità di Saied. Bisognerà vedere in quanti si presenteranno alle urne». «L’appoggio al presidente resta alto — continua — , ma cala, perché la situazione economica si degrada, anche a causa della guerra in Ucraina». Il Paese è da sempre il principale fornitore di grano tenero. Che significa il pane dei tunisini. In quest’estate rovente, tutti fuggono dal centro verso la periferia, che si allunga sul mare. Bairam Hamouda è un ufficiale della Marina mercantile in pensione. Osserva la spiaggia di Khereddine, il suo quartiere, di un ceto medio sempre più in difficoltà. Bairam dirige il Club nautico della spiaggia, che riceve questa mattina un gruppo di ragazzi delle famiglie più modeste della medina, nel centro. Fanno sport sulla sabbia. Qualcuno prepara i catamarani per uscire a largo: «La vela è uno strumento educativo formidabile — dice Bairam — . T’insegna a rispettare le regole». Lui nel 2011 ci ha creduto alla rivoluzione. «Ma in dieci anni cosa ci ha portato la democrazia? Tutta la sporcizia che vedi in giro. I tunisini l’hanno interpretata come fosse anarchia. La democrazia è tutta la plastica lasciata per strada». Lui vede i limiti di Saied, ma «i tunisini non hanno il livello culturale per beneficiare della democrazia. Bisogna imporsi di nuovo». Andrà a votare il 25 luglio al referendum: per il sì, ovviamente. E pure la moglie e i figli. La disoccupazione ormai è al 16%, l’inflazione corre oltre il 7,5%, almeno quattro dei dodici milioni di tunisini sono poveri e 1,9 del ceto medio lo stanno diventando. E gli esperti dicono che Saied di economia non capisce niente. «Ma per attirare gli investimenti stranieri, prima ci vuole la stabilità politica», aggiunge Bairam. Che guarda il mare, «la nostra unica ricchezza». Una distesa d’acqua, immobile nella calura. Aspettando la prossima burrasca.

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