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La Repubblica Rassegna Stampa
20.05.2022 Le parole di Zelensky
Analisi di Maurizio Molinari

Testata: La Repubblica
Data: 20 maggio 2022
Pagina: 1
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Così parlò Zelensky»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 20/05/2022, a pag. 1, con il titolo "Così parlò Zelensky", l'analisi del direttore Maurizio Molinari.

A destra: Volodymyr Zelensky

Molinari: “Le sorti dell'Italia sono decisive per quelle dell'Europa” -  Mosaico
Maurizio Molinari

Domani con Repubblica “Per l’Ucraina”, i discorsi del presidente.
In anteprima l’introduzione al volume del direttore Molinari.

Il libro che avete nelle mani è un manifesto per la libertà. Dell’Ucraina, dell’Europa, di ogni cittadino del mondo. Raccoglie i discorsi pronunciati dal presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, nell’arco delle prime cinque settimane del conflitto scaturito dall’aggressione russa. Fin dai giorni immediatamente precedenti all’attacco. Quando Kiev sente arrivare un attacco che il resto del mondo si ostina a voler ignorare. Pagina dopo pagina, il lettore ripercorre quanto è avvenuto attraverso una lente d’eccezione: le emozioni, i timori, gli appelli e il coraggio del leader che si è trovato catapultato nel ruolo di capo della resistenza alla più massiccia guerra di aggressione avvenuta in Europa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Zelensky parla ai propri cittadini, ai Parlamenti delle grandi democrazie su più Continenti e parla anche al popolo russo descrivendo con minuziosa precisione le sofferenze inflitte alla propria nazione «aggredita come avveniva nel Medioevo» al fine di far percepire a tutti quanto sta avvenendo a Kiev e Kherson, Mariupol e Donetsk. Come se avvenisse a Parigi e Tokyo, Washington e Roma. Descrive il proprio popolo «portatore di una grande aspirazione europea perché vogliamo la libertà e siamo pronti a batterci per ottenerla». Rievoca le sfide contro imperi, dittature e totalitarismi che le democrazie hanno affrontato e vinto nel corso del Novecento per accusare la Russia di Vladimir Putin di voler «stravolgere l’architettura della sicurezza mondiale» uscita dalla fine della Guerra Fredda al fine di perseguire il miraggio di un nuovo impero guidato da Mosca «trasformando l’Ucraina in un’immensa Corea del Nord», prima tappa di un’aggressione destinata ad investire «altri Paesi europei ed il mondo intero». «L’architettura della sicurezza globale è precaria ed ha bisogno di essere rinnovata – afferma Zelensky solo cinque giorni prima dell’invasione – per arginare i crimini di alcuni e l’indifferenza di altri». Quando l’Armata russa viola i confini sovrani dell’Ucraina indipendente e democratica – il 24 febbraio 2022 – Zelensky riceve i rapporti che descrivono le colonne russe in marcia da Nord verso Kiev, da Sud verso la Crimea, dal Sud-Est verso il Donbass e Kharkiv. Il piano è strangolare una nazione, occupare la capitale, rovesciare ed eliminare il suo presidente ed annullare l’identità dell’Ucraina per trasformarla in una provincia della “Nuova Russia” per poter assicurare a Mosca il controllo totale delle sue rive sul Mar d’Azov e sul Mar Nero, azzerando l’indipendenza ottenuta 31 anni prima in coincidenza con l’implosione dell’Unione Sovietica. Zelensky vede in questa guerra un tentativo anche per rigettare la Russia verso il più buio dei suoi passati e dunque parla ai «cittadini della Federazione russa », paragona l’aggressione in corso a quella del 1941 che la Germania di Hitler lanciò contro l’Urss, e loda «chi esce a manifestare » per testimoniare il rispetto delle altrui libertà. «Battetevi per noi, battetevi contro la guerra » è l’appello del presidente, che parla dal suo bunker segret o di Kiev e dimostra di credere nella possibilità che sia il popolo russo a fermare Vladimir Putin. L’Ucraina comunque ha la forza per resistere perché – dice il presidente nella notte del 3 marzo – «noi siamo già sopravvissuti a due guerre mondiali, a due Holodomor, all’Olocausto, a Babyn Yar, al Grande Terrore, all’esplosione di Chernobyl, all’occupazione della Crimea ed alla guerra nell’Est». Ovvero, l’Ucraina è una terra martoriata da imperi e dittatori e trova nelle sue radici la forza di resistere, la capacità di battersi per la propria libertà ed indipendenza che sorprende l’invasore, fa fallire la guerra lampo dei generali russi, obbliga Putin a cambiare strategia e spinge la Russia nell’angolo di un isolamento internazionale destinato a durare fino a quando il Cremlino non cambierà leader. Non c’è alcun dubbio che la resistenza ucraina è la novità che sorprende una comunità internazionale che all’inizio dell’invasione appare quasi rassegnata all’inevitabile successo militare di Mosca. Ma la Storia a volte sorprende i più forti e potenti. Chi sembra il più forte non è sempre il più forte e chi sembra il più debole non è sempre il più debole. È la sfida più antica e decisiva, dall’inatteso successo biblico di David contro Golia, che porta Zelensky, nato e cresciuto in una famiglia ebraica, a credere che l’inevitabile può essere scongiurato se la motivazione di chi si difende, ed ama la vita, è maggiore di quella degli aggressori, che credono nella morte. Descrivere la violenza dell’armata russa serve, dunque, a spingere gli ucraini a battersi come altrimenti non sarebbe possibile. «Hanno preparato l’aggressione in maniera crudele e cinica, violando consapevolmente le leggi della guerra a Kharkiv, a Chernihiv, a Sumy, a Mariupol ed in molte altre città eroiche che hanno dovuto affrontare il male assoluto, l’atrocità. Tutto questo era pianificato ma non riuscirà ad uccidere la nostra umanità» assicura Zelensky il 6 marzo, accusando il Cremlino di violare la Convenzione di Ginevra, rendersi colpevole di crimini di guerra fino a superare la linea rossa del genocidio perché ciò che muove il Cremlino, come lo stesso Putin afferma nel discorso del 21 febbraio che preannuncia l’invasione, è la convinzione che «l’identità ucraina non esiste». E deve dunque essere cancellata dalla faccia della Terra. Zelensky ritiene che nonostante l’impari sfida fra una debolenazione ed il secondo esercito più potente del Pianeta «possiamo farcela», l’aggressore sarà sconfitto e «ricostruiremo le città che i barbari vogliono strapparsi ». Per la Comunità delle democrazie, dall’Atlantico al Pacifico, significa trovarsi davanti ad uno spartiacque fra il Bene ed il Male: come è avvenuto davanti al comunismo sovietico, al nazifascismo, al terrorismo islamico di Al Qaeda e Isis. Scegliere di sostenere l’Ucraina significa impegnarsi ad una difesa che deve essere comune contro un nemico feroce e globale. «C’è chi disse I have a dream – dice Zelensky al Congresso di Washington richiamandosi al celebre motto di Martin Luther King – ed io oggi affermo che ho un bisogno, quello di ricevere le armi necessarie per poter difendere non solo l’Ucraina, ma l’Europa intera e ogni democrazia» dalla minaccia del disegno neo-imperiale di Putin. Nessuno conosce la Russia più degli ucraini e dunque Zelensky si rivolge spesso alle “madri russe”, chiedendo di «non inviare i vostri figli a combattere su una terra straniera» ed a «non credere a chi vi promette che non combatteranno ». È una maniera per evocare lo spettro dell’invasione afghana, che fra il 1979 ed il 1989 ingoiò migliaia di vite russe trascinando l’Urss verso il collasso. «Non abbandonate i vostri figli alla morte o alla prigionia» incalza Zelensky, con l’evidente intento di fomentare la sfiducia nel potere centrale che da sempre accompagna la vita delle comunità sparpagliate nell’immenso entroterra russo, lontano dalle mura di Mosca. La resistenza contro l’invasore ancora è ben lungi dall’essere vinta, ma Zelensky si sente protagonista di una sfida che va ben oltre le sponde del Dnepr: «Noi ucraini abbiamo la possibilità di dimostrare non solo alla Russia ma a qualsiasi aggressore e Stato terrorista – afferma in videocollegamento con il Parlamento svizzero il 19 marzo 2022 – che la guerra non riuscirà mai a distruggere le vittime ma finirà per travolgere proprio chi la scatena». Arrivati all’ultima pagina, nella lettura di una prosa travolgente che ci porta direttamente sul campo di battaglia, ci si rende conto perché ognuno di noi ha il dovere di leggere questo libro. Per chi ha vissuto fra i ricordi della resistenza contro il nazifascismo e il comunismo sovietico, dimostra come l’anelito alla libertà si conferma come la forza più incontenibile di ogni popolo. Per chi crede nel disegno di un’Europa unita avvalora l’importanza di una costruzione comunitaria capace di difendere pace, prosperità e sicurezza di ogni nazione. Per chi ritiene indispensabile la Nato, come forma di partnership unica fra Europa e Stati Uniti, avvalora il legame inscindibile fra ogni democrazia. E per chi si oppone a tutto ciò, disprezza la democrazia, teme le libertà, crede nella violenza, sogna il dispotismo e crede nelle autocrazie del XXI questo libro suggerisce come l’avversario che si trova davanti ha dalla sua parte il più formidabile degli alleati: l’amore per la libertà.

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