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La Repubblica Rassegna Stampa
05.05.2022 Le ombre del pacifismo da Hitler all’Ucraina
Commento di Gianni Riotta

Testata: La Repubblica
Data: 05 maggio 2022
Pagina: 1
Autore: Gianni Riotta
Titolo: «Le ombre del pacifismo da Hitler all’Ucraina»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 05/05/2022 a pag.1 con il titolo "Le ombre del pacifismo da Hitler all’Ucraina", il commento di Gianni Riotta.

A destra: Hitler e Putin in un fotomontaggio

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Gianni Riotta

È solo una passeggiata dei tedeschi nel loro giardino di casa» disse Philip Kerr, XI Marchese di Lothian, quando Adolf Hitler, nel 1936, fece occupare dall’esercito la Renania. E per l’aristocratico inglese, l’idea che i nazisti fossero “vittime” da redimire dell’arroganza occidentale, durò a lungo: «Hitler è un visionario, non un gangster», ripeteva nei memorandum diplomatici al premier britannico Chamberlain e al ministro degli Esteri Eden, anticipando il giudizio che l’ex presidente americano Trump formulerà su Putin: «Un genio!». Il marchese Kerr incontrò Hitler e, tornato a Londra, dettò parole che echeggiano think tank, editorialisti e leader di oggi, certi che svendere i confini dell’Ucraina blandirebbe Putin: «Non bastano guerra e sanzioni economiche contro la Germania… i tedeschi si sentono pari alle grandi potenze, come loro naturale diritto».

Quando Chamberlain firma i patti di Monaco con i nazifascisti, Monaco 1938, il marchese di Lothian giubila: «Che capolavoro… si possono dunque far progredire i nazisti, esistono altre strade per capirsi, oltre la guerra…». Anche in America pacifisti, neutralisti, docenti, esperti di strategia, prelati e giornalisti cattolici si indignano contro i “guerrafondai”, cioè chi si preoccupa dell’offensiva di Germania, Italia, Giappone. Il 17 settembre 1939, a guerra appena scoppiata in Europa, padre Charles Coughlin, popolare monsignore cattolico e conduttore radiofonico dalle stazioni WINS e WMCA, 20 milioni di ascoltatori, in casa e in parrocchia, incita i fedeli a «una marcia della pace, per mobilitare l’esercito della pace » e stoppare l’intervento del presidente F.D. Roosevelt contro i dittatori. Accusato di antisemitismo, per aver lanciato il pamphlet di odio dei Protocolli dei Savi di Sion e diffuso disinformazione nazista, spacciata da interviste, monsignor Coughlin si difende con la battuta arcinota: «Io? Ma se ho amici ebrei!». I cartelli dei pacifisti che, anziché battersi per la pace, coprirono le aggressioni negli anni Trenta e Quaranta, arrivano fino a noi, nella risacca di ipocrisia: «Armiamo la Gran Bretagna? Prolunghiamo la guerra! », «Volete combattere? Andate al fronte!». La corte di intellettuali, firme e predicatori che cavillano, ieri sulle ingiustizie subite dai tedeschi, ora su quelle patite dai russi, illude l’opinione pubblica, con spocchia da Pilato, che svendere i diritti umani sia “pacifista”. Anche il Mahatma Gandhi, confuso dalla ferocia del tempo, cedette il realismo della storia a un illusorio, mistico, amore universale, ammonendo gli inglesi al fronte «Questo massacro deve cessare! State perdendo, se vi ostinate, prolungherete solo le stragi… dopotutto Hitler non è crudele… » e, ancor più bizzarramente, gli ebrei durante l’Olocausto: «Se fossi ebreo e vivessi inGermania… sfiderei i tedeschi a uccidermi o gettarmi nelle segrete… la sofferenza volontaria vi darebbe forza e gioia…».

È ingiusto, per noi, irridere quelle voci e quei proclami che ci appaiono grotteschi e violenti, visto che i protagonisti non avevano certo le nostre prospettive storiche, ma è giusto invece chiederci perché i loro toni melliflui, distensivi verso i dittatori e aspri verso i leader democratici, rimbalzino dalle radio a galena ai podcast, dai comizi di piazza con ciclostile e volantino a Instagram, Twitter e la nuova piattaforma social Mastodon, mantenendo intatta la disinformazione tossica. Quando America First, movimento pacifista e neutralista che, alla vigilia del secondo conflitto mondiale, accende università, media e politica negli Usa, accusa il presidente Roosevelt di essere “guerrafondaio”, molti animi saranno pure stati in buona fede. Gli esiti, alla luce della realtà, sono tragici. L’11 settembre 1941, a tre mesi dall’attacco di Pearl Harbor, Charles Lindbergh, eroe dell’aria per la prima trasvolata New York-Parigi, e fondatore di America First, grida a Des Moines, Iowa: «Gli ebrei americani devono opporsi alla guerra, non chiederla! Sarebbero loro i primi a subirne le conseguenze! La tolleranza è virtù di pace, non sopravvive alla guerra». Vale a dire, e sembra di ascoltare un’intervista a Lavrov o la manifestazione di Santoro, Messora, Freccero di qualche giorno fa, le vittime devono subire, in silenzio, pena maggiori sofferenze. Come nel 2022, cattedre, titoli, fama, prime pagine si contendono la “Tribuna della Resa”, camuffata con l’ulivo della pace, applaudendo la neutralità farlocca di America First, in prima fila l’architetto geniale Frank Lloyd Wright, i futuri presidenti Kennedy e Ford, il fondatore dell’organizzazione umanitaria Peace Corps, Sargent Shriver. Di nuovo, accusare chi, con raziocinio e compassione, denuncia la ferocia russa e riconosce la pena delle vittime, di “mettersi l’elmetto”, caricatura toccata a sinistra al segretario Pd Enrico Letta, fa incassare Like e appla usi interessati. Domani, nelle università, parrocchie, redazioni, circoli politici e diplomatici neutralisti costerà vergogna, rimorsi, desiderio di amnesia.

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