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La Repubblica Rassegna Stampa
08.04.2022 Emmanuel Macron: 'Questo il mio programma per i prossimi 5 anni'
Intervista di Arthur Berdah, François-Xavier Bourmaud, Christine Ducros, Vincent Trémolet de Villers, Alexis Brézet

Testata: La Repubblica
Data: 08 aprile 2022
Pagina: 19
Autore: Arthur Berdah, François-Xavier Bourmaud, Christine Ducros, Vincent Trémolet de Villers, Alexis Brézet
Titolo: «Macron: 'Voglio restare altri 5 anni all’Eliseo per sconfiggere tutti gli estremismi'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi 08/04/2022, a pag. 19, con il titolo "Macron: 'Voglio restare altri 5 anni all’Eliseo per sconfiggere tutti gli estremismi' ", l'intervista di Arthur Berdah, François-Xavier Bourmaud, Christine Ducros, Vincent Trémolet de Villers, Alexis Brézet.

Francia, la promessa di Macron nel discorso di fine anno:
Emmanuel Macron

Nel 2017, lei disse che voleva “fare di tutto” perché non ci fosse più “alcun motivo per votare gli estremi”, eppure la somma delle intenzioni di voto a favore di Zemmour-Le Pen-Mélenchon supera il 40%. Qual è la sua parte di responsabilità? «In questi 5 anni siamo riusciti ad affrontare alcuni dei temi disoccupazione, lavoro, deindustrializzazione - sui quali ho avuto un chiaro mandato dai francesi. Ma, quando si governa, si ha sempre una parte di responsabilità. Nel campo dell’immigrazione, i risultati sono insufficienti, ma abbiamo rafforzato la protezione delle frontiere e inasprito le condizioni per l’ingresso nel nostro territorio in un contesto in cui i flussi sono notevolmente aumentati in seguito al deterioramento del contesto internazionale. Su questo è nata un’ansia: non sono riuscito a calmarla e ha alimentato molto i partiti estremisti. Ma il nostro Paese non è sommerso, come alcuni sostengono, e “l’immigrazione zero” non è né realistica, né auspicabile. E il progetto che propongo rafforzerà la lotta contro l’immigrazione illegale e faciliterà il ritorno degli stranieri senza permesso di soggiorno al loro paese d’origine».

Lei parla degli “estremi”, al plurale. Mette sullo stesso piano estrema destra ed estrema sinistra? «No, faccio una distinzione profonda, perché vengono da movimenti molto diversi. Ma, rispetto allo schieramento repubblicano, propongono risposte semplicistiche e contro-verità che coltivano le paure. Il loro rapporto con la nostra Repubblica e i suoi valori è un rapporto di marginalità».

Come definisce l’estrema destra che dice di combattere oggi? «C’è una storiografia costante su questo argomento e i fondamenti attuali dell’estrema destra sono sempre gli stessi: attacchi e rifiuto della Repubblica, una base di antisemitismo - se non rivendicato, almeno coltivato - , una xenofobia molto chiara e un desiderio di ultra-conservatorismo».

In questo paesaggio, la destra e la sinistra tradizionali lottano per esistere... «Come avevo constatato nel 2017, questa opposizione non corrisponde più alla realtà delle divisioni e ogni elezione nazionale lo ha dimostrato. Non corrisponde più alle aspettative dei francesi, che vogliono meno false divisioni e più risposte concrete. Ecco perché credo profondamente nel superamento delle divisioni e nell’unione. I due vecchi grandi partiti repubblicani sono diventati partiti di eletti locali. Quello che stiamo facendo dal 2017 è un raggruppamento della socialdemocrazia, dell’ecologia del progresso che rifiuta la decrescita, del centro politico, dei radicali, della destra orleanista e di una parte della destra liberale e bonapartista».

Se sarà rieletto, la sua futura maggioranza prenderà la forma di una coalizione o dovrà riunirsi in un grande partito centrale? «Credo profondamente che si risponda alle ansie con misure concrete ed efficaci. Se vogliamo farlo in modo chiaro, non dobbiamo ricreare la Quarta Repubblica nella Quinta Repubblica. Sono quindi a favore dell’unità, della riunione e della chiarezza».

Teme che questa strana campagna possa indebolire il suo mandato? «No. Prima di tutto, le campagne in cui un presidente uscente si ricandida sono sempre diverse. In secondo luogo, mi sono dichiarato in ritardo più o meno come i miei predecessori. E infine, non ho potuto partire così rapidamente come avrei voluto a causa della fine dell’epidemia e dell’inizio della guerra. È così, fa parte dei doveri. Per il resto, considero che le questioni affrontate in questa campagna sono tutt’altro che secondarie o meschine! Discutere di guerra, geopolitica, energia, potere d’acquisto o lavoro non è né una sotto-campagna, né una non-campagna. E i francesi dovranno fare una scelta forte e consapevole».

Dovremmo passare al proporzionale per risolvere il divario democratico? «Penso che la rappresentanza proporzionale abbia un vantaggio: permette di far emergere le tensioni che esistono nella società all’interno del Parlamento. Ma sono a favore a condizione che non paralizzi l’esecutivo».

La Costituzione le impedisce, se venisse rieletto, di ripresentarsi per un terzo mandato. Il macronismo le sopravvivrà, e attraverso chi? «Per scaramanzia e rispetto per gli elettori di cui cerco la fiducia, non comincerò a chiedermi quali problemi potrei avere tra cinque anni. Chiedo la fiducia dei nostri compatrioti perché ho acquisito esperienza nelle crisi, esperienza internazionale, e ho anche imparato dai miei stessi errori. Le crisi mi hanno temprato, ho ancora un’energia intatta, che mi permette di fare le cose in modo più chiaro e deciso di 5 anni fa. Questo è ciò che conta per me. Voglio convincere i miei concittadini che la Francia ha il suo posto nella risposta alle sfide del mondo contemporaneo. Non ho mai sottovalutato le nostre difficoltà. I grandi disordini colpiscono tutte le società. Ma, grazie ai nostri valori, siamo tra i meglio attrezzati per affrontarli».

In che senso? «L’attaccamento della Francia alla libertà è un tesoro. Di fronte al terrorismo e alle pandemie, siamo stati capaci di dotarci di meccanismi di protezione efficaci senza mai cadere nella trappola dell’illiberalismo che tenta molti Paesi, anche in Europa».

Qual è il suo più grande rimpianto rispetto a questi 5 anni di mandato? «Il tempo. Le cose vanno così in fretta. Rimpiango di non aver avuto cinque anni fa l’esperienza che ho oggi. Senza dubbio, mi è mancato il tempo a causa della sequenza degli eventi, della tirannia dell’immediatezza e a volte per errori o indisciplina. Forse ho dedicato troppo tempo a cose secondarie. Voglio dedicarmi a progetti essenziali e dedicare meno tempo ad altri. Bisogna riuscire a trovare questo tempo lungo per le cose essenziali che lasciano il segno, altrimenti passa tutto troppo in fretta, non si lascia traccia».

La reazione dell’Europa è commisurata all’emozione e all’orrore per i massacri di Bucha? «Dall’inizio di questa guerra, l’Europa si è allineata alle sanzioni. A livello economico, finanziario, energetico o politico, non abbiamo mai preso decisioni così rapide e forti. Quello che sta succedendo a Bucha, dove centinaia di civili sono stati barbaramente uccisi, è un massacro insopportabile. È molto verosimile che lì sia stato commesso un crimine di guerra e i responsabili ne dovranno rispondere davanti alla giustizia internazionale e alla storia. Non resteremo indifferenti. Sono a favore di una nuova serie di sanzioni europee contro la Russia per porre fine a questi abusi. Vorrei aggiungere che sono profondamente disgustato dal fatto che i candidati presidenziali stiano minimizzando questo problema. Equivale a uccidere queste persone innocenti una seconda volta. Per me, è un atteggiamento indegno e squalificante per chiunque pretenda di esercitare delle responsabilità».
— Traduzione di Luis E. Moriones

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