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La Repubblica Rassegna Stampa
05.04.2022 Asse Russia-Ungheria, Putin esulta per la vittoria di Orban
Cronaca di Tonia Mastrobuoni

Testata: La Repubblica
Data: 05 aprile 2022
Pagina: 14
Autore: Tonia Mastrobuoni
Titolo: «Da Putin i primi auguri per la conferma di Orbán: 'Partnership più stretta'»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 05/04/2022, a pag. 14, con il titolo "Da Putin i primi auguri per la conferma di Orbán: 'Partnership più stretta' " , la cronaca di Tonia Mastrobuoni.

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Tonia Mastrobuoni

Ungheria. Orban:
Victor Orban

«Non ci posso credere». Katica, 53 anni, insegnante di liceo, è scioccata dall’esito delle urne. «Non mi aspettavo una sconfitta così sonora per l’opposizione. Adesso saremo ancora più servi di Putin». All’uscita di un mercato del centro di Budapest, l’umore è mesto. Anche Oleg scuote la testa, nel “day after” del trionfo di Viktor Orbán. Oleg è un dipendente pubblico come Katica, e anche lui preferisce non rivelarci il suo cognome. «Abbiamo paura. La pressione è molto forte: nei ministeri, i dirigenti danno per scontata la fedeltà al partito di governo, Fidesz». Un partito che è stato strigliato ieri anche dall’Osce per una campagna elettorale in cui «la pervasiva sovrapposizione» dei messaggi del governo e di Fidesz «ha cancellato ogni confine tra Stato e partito». Mai prima d’ora l’organizzazione internazionale aveva mandato 312 osservatori in Ungheria, e i risultati preliminari annunciati ieri evidenziano una concentrazione di potere inquietante nelle mani di un uomo solo. Inoltre, secondo l’Osce, i media ungheresi hanno condotto una campagna elettorale “di parte”, totalmente sbilanciata a favore di Fidesz, e “polarizzante”, soprattutto dopo l’invasione dell’Ucraina. «Manca la trasparenza e le pari opportunità» per tutti gli attori scesi in campo nella tormentata campagna elettorale che ha garantito a Orbán il quarto mandato consecutivo e il quinto in assoluto. E una schiacciante maggioranza in Parlamento con cui darà filo da torcere all’Europa e continuerà a stringere i bulloni sulla “democrazia illiberale” che ha orgogliosamente consolidato nel suo Paese. Una delle coordinatrici della missione Osce in Ungheria, Kari Henriksen, ha ricordato che «è importante che gli elettori possano fare scelte informate, che abbiano accesso paritario all’informazione». Ma in un Paese in cui quasi 500 media, locali e pubblici, sono concentrati nelle mani del premier e dei suoi fedelissimi, è diventato praticamente impossibile, come hanno scritto nero su bianco gli stessi osservatori internazionali. Tanto che ieri Peter Marki- Zay, il leader di un’opposizione sconfitta con venti punti di svantaggio, ha puntato il dito contro una campagna di “odio e bugie” e ha denunciato una “lotta impari” per conquistare spazi in tv, raramente riservati agli esponenti dei sei partiti che si sono alleati per battere Orbán. Durante la campagna elettorale Marki-Zay è riuscito a parlare per cinque minuti sui canali tv pubblici, mentre l’autocrate magiaro è stato onnipresente. Intanto è prevedibile che con il controllo quasi totale del Parlamento, Orbán ripartirà di slancio contro l’Europa e in difesa della Russia. Ieri sono arrivate le congratulazioni di Vladimir Putin: «Il capo dello Stato russo ha manifestato l’auspicio che, nonostante la difficile situazione internazionale, si possano ulteriormente sviluppare i legami bilaterali di partenariato» tra Mosca e Budapest, per «soddisfare pienamente gli interessi dei popoli di Russia e Ungheria», ha fatto sapere il capo del Cremlino. Alcuni osservatori temono che la riluttanza ad appoggiare le sanzioni dell’Unione europea contro la Russia si possa trasformare in aperta opposizione. L’“Orbán on steroids” emerso dalle urne, come l’ha definito con amarezza un commentatore, potrebbe bloccare ogni ulteriore stretta contro Mosca: per le decisioni di politica estera, in Europa, ci vuole l’unanimità. Anche se una fonte comunitaria fa notare che «Orbán ha sostenuto finora ogni sanzione. Ed essendo un politico navigato, al momento non dovrà fare altro che nascondersi dietro la Germania e l’Austria». Ieri alla vigilia dell’Eurogruppo il ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner ha già tracciato una linea rossa: interrompere le importazioni di gas russo “nel breve termine” danneggerebbe più l’Unione europea che Mosca. Berlino si è mostrata solo disponibile a un blocco del petrolio e del carbone. E Orbán, per ora, non deve far altro che mandare avanti Olaf Scholz. Ma a Bruxelles l’autocrate magiaro ha un altro conto aperto. Bruxelles sta prendendo molto sul serio i nuovi vincoli sullo Stato di diritto, come dimostra il lavoro del commissario Ue Paolo Gentiloni. A causa delle gravi violazioni dell’indipendenza della giustizia in Polonia e le discriminazioni verso la comunità Lgbtq+ e le mancate promesse sulla lotta alla corruzione in Ungheria, Bruxelles ha bloccato gli stanziamenti del Recovery Fund a entrambi i Paesi. Nel caso di Budapest, si tratta di 7,2 miliardi di euro, che valgono circa il 5% del Pil. Ed è prevedibile che, forte della vittoria alle urne, Orbán riprenda il braccio di ferro con Bruxelles per sbloccarli. La propaganda euroscettica è uno dei suoi cavalli di battaglia preferiti per mobilitare il suo elettorato. E finora, purtroppo, ha sempre funzionato.

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