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La Repubblica Rassegna Stampa
17.12.2021 La Cina fa paura
Intervista di Gianni Vernetti, cronaca di Roberto Brunelli

Testata: La Repubblica
Data: 17 dicembre 2021
Pagina: 19
Autore: Gianni Vernetti - Roberto Brunelli
Titolo: «Joseph Wu: 'La Cina minaccia il mondo libero e Taiwan è la frontiera' - Ora Pechino fa paura. Per gli italiani è la minaccia globale»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi 17/12/2021, a pag. 19, con il titolo "Joseph Wu: 'La Cina minaccia il mondo libero e Taiwan è la frontiera' " l'intervista di Gianni Vernetti; a pag. 21, con il titolo "Ora Pechino fa paura. Per gli italiani è la minaccia globale", la cronaca di Roberto Brunelli.

Ecco gli articoli:

Gianni Vernetti: "Joseph Wu: 'La Cina minaccia il mondo libero e Taiwan è la frontiera' "

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Gianni Vernetti

Joseph Wu - Wikipedia
Joseph Wu

In un’intervista a tutto campo in esclusiva per Repubblica, Joseph Wu, ministro degli Esteri di Taiwan, ci parla dei rapporti fra Taiwan e Cina in un momento di crescenti tensioni nello Stretto.

Le recenti celebrazioni del 100° anniversario del Pcc hanno mostrato al mondo una Cina aggressiva e ultra-nazionalista. Pensa che la Cina stia diventando una minaccia per la stabilità mondiale? «Il discorso di Xi Jinping è stato senza dubbio minaccioso e nazionalista, e i fatti recenti dimostrano la volontà della leadership cinese di mutare l’esistente ordine internazionale. La spesa cinese nella difesa ha raggiunto i 250 miliardi di dollari nel 2020 e le continue provocazioni militari nello stretto di Taiwan con 886 incursioni aree nel nostro spazio aereo soltanto fra gennaio e novembre di quest’anno, insieme alle provocazioni militari nel Mar Cinese Meridionale ed al confine con l’India, sono la conferma che il sistema autoritario di Pechino sia una minaccia per pace e stabilità della regione indo-pacifica e del mondo».

Il presidente Xi Jinping ha affermato che la riunificazione con Taiwan è inevitabile e non ha escluso il possibile uso della forza. Qual è la sua valutazione? «Taiwan non vuole un conflitto ma saprà difendersi e salvaguardare la propria democrazia di fronte alle intimidazioni militari della Cina. Abbiamo promosso numerose riforme militari, sviluppato capacità di guerra asimmetrica e programmi di difesa autonomi, con produzione interna di aerei e sottomarini. Per la nostra posizione strategica, Taiwan si trova in prima linea nella difesa contro l’autoritarismo e anche per questo vediamo con molto favore le forme di coordinamento fra le democrazie dell’Indo-Pacifico (Quad e Aukus) e il crescente consenso in Europa e Usa per salvaguardare la democrazia di Taiwan».

Ogni giorno assistiamo a un peggioramento dei diritti umani a Hong, in Tibet, in Xinjiang e in tutta la Cina... «La Cina ha incarcerato milioni di uiguri in campi d’internamento nei quali è diffusa la pratica del lavoro forzato e sono molti i casi documentati di sterilizzazione forzata delle detenute. La libertà religiosa è duramente soppressa in Tibet dove le comunità locali hanno dovuto forzatamente rinunciare al proprio stile di vita. La legge sulla sicurezza nazionale di Hong Kong ha cancellato lo stato di diritto incarcerando migliaia di attivisti, esponenti politici democratici e giornalisti. Il regime di Xi-Jinping ha ignorato le critiche della comunità internazionale e sta continuando a perseguire un progetto totalitario antitetico ai valori universalmente riconosciuti di libertà e democrazia».

La Cina lega la propria stabilità interna alla crescita economica. Qual è la sua valutazione sulla situazione economica e sociale all’interno della Cina? «La rapida crescita economica della Cina degli ultimi decenni ha mascherato i difetti intrinseci del suo sistema totalitario. C’è stata una crescita economica fondata sull’eccessiva dipendenza dagli investimenti; su indebitamenti insostenibili da parte delle imprese di Stato e dei governi locali; una distribuzione altamente diseguale della ricchezza; bolle immobiliari (il caso Evergrande); carenza di elettricità e di materie prime; corruzione tra funzionari governativi e lotte di potere interne al Pcc. Tutti questi problemi dovrebbero essere risolti con urgenza, anche se Xi Jinping mi pare orientato a proseguire con il pugno di ferro nella repressione del dissenso interno, continuando a proporre una retorica nazionalista e anti-occidentale».

Taiwan è stato un caso di successo nel contenimento della pandemia di Covid-19, ma la Cina continua a porre il veto alla sua partecipazione all’Oms. Qual è la sua opinione? «Fin dall’epidemia della Sars, Taiwan ha sviluppato capacità scientifiche e tecnologiche per combattere l’epidemia e quella esperienza è stata preziosa per contenere la diffusione del Covid-19. Chiediamo alla comunità internazionale di non lasciare più da parte Taiwan e voglio ringraziare l’Italia e la Ue che in occasione dell’ultimo G-7 hanno sostenuto l’inclusione di Taiwan nell’Oms».

C’è crescente intesa tra Taiwan, Usa, Giappone ed Europa per costruire nuove catene di approvvigionamento per 5G, semiconduttori e tecnologie mediche. Quale contributo può dare Taiwan a questi settori strategici? «Ha una posizione molto forte nelle catene di fornitura globali di semiconduttori ed è il principale produttore mondiale di circuiti integrati, con il 65% del mercato globale. È nostro interesse strategico incrementare la cooperazione con le altre democrazie del mondo: a settembre di quest’anno abbiamo ospitato per la prima volta a Taiwan il Forum sugli investimenti Ue per promuovere la cooperazione in materia di telecomunicazioni e biotecnologie. La nostra azienda leader sui semiconduttori (la Tsmc) aprirà a breve propri impianti in Giappone e negli Stati Uniti».

Taiwan è una democrazia matura: multipartitismo, stampa libera, magistratura indipendente, rispetto dei diritti umani fondamentali. Crede che la Cina possa diventare un Paese democratico in futuro? «Taiwan rispetta i diritti umani, la libertà e lo stato di diritto ed è la prova vivente che un sistema democratico possa coesistere con la cultura e le tradizioni cinesi. Credo che se la Cina si avvierà verso la strada delle riforme democratiche, il popolo cinese non potrà che trarne grande beneficio».

Roberto Brunelli: "Ora Pechino fa paura. Per gli italiani è la minaccia globale"

La Cina sarà pure vicina, ma fa paura. O almeno, è quel che pensa il 34% degli italiani. Un’inquietudine che è cresciuta sensibilmente negli ultimi anni, considerando che nel 2018 solo il 6% dei nostri connazionali indicava il Dragone come “maggiore minaccia per il mondo”. In pratica, oggi la Repubblica popolare cinese ci spaventa molto più dell’Iran, della Corea del Nord (un tempo sul podio delle paure globali) e della Russia. Tra sorprese e conferme, è uno dei dati che spiccano di più nel nuovo sondaggio annuale effettuato dall’Ispi (Istituto per la politica internazionale) insieme all’Ipsos con metodologia Cawi su un campione stratificato e casuale rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne: domande chiave sul mondo che illuminano alcuni notevoli spostamenti nella percezione che il Paese ha dei fenomeni globali, degli equilibri tra i partner europei, ma anche dell’immagine che l’Italia ha di sé sulla scena mondiale. È proprio la relazione con Pechino e con Mosca a mostrare gli smottamenti più marcati: la percentuale di chi vede nella Cina un “alleato dell’Italia nel mondo” in un anno è calata dal 36% al 23%, quasi in parallelo a quanto accaduto con la Russia, che allo stesso quesito segna un calo di 10 punti al 28%. Sono «anni di tensioni che hanno un impatto significativo sull’opinione pubblica», spiega il vicepresidente esecutivo dell’Ispi, Paolo Magri. Notevoli mutamenti si registrano anche sul fronte del Vecchio Continente: la Francia ha superato la Germania come “più importante alleato” dell’Italia in Europa (con il 48% contro il 35%, per i tedeschi un calo di 15 punti in un anno). Inoltre, una netta maggioranza di italiani (il 64%) è convinta che nel caso di una nuova “guerra fredda” tra Usa e Cina l’Europa non dovrebbe schierarsi. In chiaroscuro anche la performance di Joe Biden: il suo arrivo alla Casa Bianca ha migliorato le relazioni tra Stati Uniti e Ue per il 40% degli interpellati e ha dato una spinta positiva alla lotta contro il cambiamento climatico per il 37%, ma di contro è cresciuta dal 17% al 33% la quota di italiani che ritiene che la sua presidenza abbia drasticamente peggiorato le prospettive della pacificazione del Medio Oriente (annota significativamente Magri che «è la prima rilevazione dell’opinione pubblica italiana sull’America di Biden, che sconta pesantemente il disastro Afghanistan»). Peraltro, anche la percezione del presidente come “personaggio più influente della politica internazionale” si ferma a un mero 17% che si fa notare in confronto al 39% messo a segno da Donald Trump appena due anni fa, ma crollato al 12% nel 2020. E poi c’è “l’effetto Draghi”, che secondo Magri «pesa nella percezione dell’influenza dell’Italia nel mondo: per un terzo del campione il nostro Paese conta di più rispetto all’anno scorso, addirittura più dell’Ue». Rispetto all’anno scorso si tratta di un balzo di 11 punti al 30%: in controtendenza rispetto alla valutazione del peso globale della Cina (dal 58% al 45%), degli Stati Uniti (dal 39% al 35%) e dell’Unione europea (dal 34% al 26%). A l capitolo “minacce globali”, invece, il primato spetta ex aequo alla pandemia ed ai cambiamenti climatici, seguiti dalla crisi economica e solo a distanza dalle diseguaglianze del mondo e dal terrorismo islamico. Tra gli avvenimenti che suscitano preoccupazione per il 2022, la prima risposta è (al 44%) l’aumento degli sbarchi sulle coste europee. Molti punti sotto, arrivano la crisi al confine tra Polonia e Bielorussia e le tensioni tra Usa e Cina. Infine, una maggioranza netta, ossia il 41% degli italiani, non ha avuto dubbi nello scegliere l’avvenimento “che ha dato più speranza” nel 2021: la campagna vaccinale mondiale.

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