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La Repubblica Rassegna Stampa
21.08.2021 Gaia Servadio (1938-2021)
Ricordo di Enrico Franceschini, recensione di Giorgia Greco

Testata: La Repubblica
Data: 21 agosto 2021
Pagina: 31
Autore: Enrico Franceschini
Titolo: «Addio Gaia, la vita non bastava a contenerti»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 21/08/2021, a pag. 31, il commento di Enrico Franceschini dal titolo "Addio Gaia, la vita non bastava a contenerti".

A destra: Gaia Servadio

ENRICO FRANCESCHINI | Cristofariphoto
 Enrico Franceschini

«Arruolai perfino Philip Roth per cercare di impedire che mia figlia sposasse Boris Johnson. Beninteso, su Boris come genero non ho mai avuto niente da dire: è come politico che non mi piace. Grazie a Philip, trovammo un senatore americano disposto ad assumere mia figlia. Allegra disse: mamma, se lascio Oxford e vado in America perderò Boris! Dentro di me pensavo: l’obiettivo sarebbe questo. Ma si sposarono lo stesso». Sarebbe sufficiente questa storiella, raccontata da lei stessa un paio di anni fa a Repubblica , per capire chi fosse Gaia Servadio: scrittrice e giornalista di talento, spiritosa, anticonformista e amica di grandi artisti, compreso l’autore de Il lamento di Portnoy . L’italiana più famosa di Inghilterra se n’è andata alle prime luci dell’alba di ieri, a Roma, dove si trovava da qualche settimana. Aveva 83 anni e da più di mezzo secolo viveva nella capitale britannica. L’ultimo della quarantina di suoi libri di narrativa e saggistica, Giudei , un romanzo sull’ebraismo in parte ispirato da vicende familiari, è uscito pochi mesi fa per Bompiani. Feltrinelli aveva pubblicato nel 2014 la sua autobiografia, Raccogliendo le vele : «Intendevo raccoglierle già allora», confidava alludendo all’intenzione di fermarsi, ma poi ha scritto un’altra mezza dozzina di opere. Come reporter aveva seguito la guerra dei Sei Giorni in Israele, esplorato l’intero Medio Oriente, vissuto per un periodo in Russia, scrivendo per La Stampa , il Corriere della Sera , il Times e l’ Observer , oltre che girando documentari per la Rai e la Bbc. Nella sua casa londinese meravigliosamente disordinata e stracolma di libri si ritrovavano a cena le maggiori personalità della letteratura, del cinema, dell’arte e della musica, da Bernardo Bertolucci a Claudio Abbado: basti dire che fu lei a combinare l’incontro fra Primo Levi e Philip Roth, entrambi suoi buoni amici. Viaggiatrice avventurosa, era stata ovunque, spesso in compagnia di Inge Feltrinelli, a cui era legata come a una sorella.

Un'infanzia diversa - Gaia Servadio - Libro Usato - Rizzoli - | IBS
La copertina di uno dei libri di Gaia Servadio (Rizzoli ed.)


Dal 1961 al 1989 è stata sposata con l’eminente storico inglese William Mostyn-Owen: dal matrimonio sono nati tre figli, Owen, Allegra (prima moglie dell’attuale primo ministro Boris Johnson, da cui divorziò presto) e Orlando. Quindi si è risposata con Hugh Myddelton Biddulph, discendente di una famiglia aristocratica che ebbe la proprietà del Times quando era il miglior quotidiano del pianeta. A tavola, in una delle cene organizzate da Gaia, il suo secondo marito dispensava aneddoti come quello in cui, da piccolo, vide il maggiordomo consegnare un telegramma al nonno, che, leggendolo, annunciò agli ospiti: «Abbiamo conquistato l’Everest ». Plurale riferito non alla famiglia o al Times , bensì all’Impero britannico. Il suo primo romanzo, Tanto gentile e tanto onesta , apparso nel 1967 e tradotto in otto lingue, fu apprezzatissimo da Alberto Arbasino, come ha ricordato Natalia Aspesi commemorando ieri Gaia su Facebook. Autrice poliedrica, i suoi titoli più recenti includono Mozia , una rivisitazione dei Fenici in Sicilia, L’italiano più famoso del mondo , biografia di Giovanni Battista Belzoni, e I viaggi di Dio . L’Agenzia Letteraria Malatesta, che la rappresentava, ne ha annunciato la scomparsa esprimendo profondo affetto e cordoglio. Grande appassionata di musica, ha fatto parte dell’esecutivo della London Symphony Orchestra, affiancato Abbado nell’organizzazione del Festival Mahler e collaborato con il Teatro Massimo di Palermo. Il presidente Pertini la insignì del titolo di cavaliere e Napolitano di commendatore. Ma l’elenco delle cose scritte e fatte non basta a descriverla. Bellissima, arguta, bravissima a intrattenere come a cucinare, era una figura larger than life , espressione inglese che il dizionario traduce con “incredibile” ma meglio resa alla lettera: più grande della vita stessa, come se una sola esistenza non potesse contenerla. Lascia un vuoto incolmabile nella comunità intellettuale ebraica, italiana e anglosassone, perché un’altra donna come lei, semplicemente, non c’è. Adesso che Gaia Servadio ha davvero “raccolto le vele”, sembra impossibile non poterla più andare a trovare nella residenza di Chelsea su cui regnava come una fiabesca fatina.

Ecco la recensione dell'ultimo libro di Gaia Servadio, "Giudei" (Bompiani ed.) di Giorgia Greco pubblicata su IC:


Giorgia Greco

La copertina

Nell’ambito della letteratura ebraica e non solo, la saga familiare risulta fra i generi narrativi più apprezzati, capace di incontrare in modo trasversale i gusti dei lettori. Autori del calibro dei fratelli Singer - basti pensare a “La famiglia Karnowski” di Israel J. Singer o “La famiglia Moskat” di Isaac B. Singer, per non parlare dei più recenti “La fortuna dei Meijer” di Charles Lewinsky o “La luce è là” di Agata Bazzi – ci hanno consegnato capolavori letterari indimenticabili in cui le vicende dei personaggi si intersecano agli eventi storici realmente accaduti, offrendo preziosi spaccati di Storia che altrimenti scivolerebbero nell’oblio. In questo contesto si inserisce “Giudei” il nuovo romanzo di Gaia Servadio, scrittrice, giornalista, pittrice nata a Padova nel 1938, l’anno delle leggi razziali, insignita del titolo di Cavaliere ufficiale della Repubblica dal Presidente Sandro Pertini e nel 2013 Commendatore al merito della Repubblica Italiana. Attualmente vive fra l’Umbria e Londra dove si è trasferita negli anni Cinquanta. “Giudei”, un romanzo con molti riferimenti alla storia familiare dell’autrice senza però essere una vera biografia, intreccia nell’arco di un secolo i destini di due famiglie ebree diverse tra loro per cultura e tradizioni: i Foà che vivono a Torino, fieri sostenitori dei Savoia, rappresentano la piccola borghesia conservatrice e i Levi, amanti della musica, dei libri, con uno spirito libero e con lo sguardo rivolto al mondo, abitano nelle Marche e posseggono anche un piccolo rifugio a Torrette dove ogni tanto si recano per ritemprarsi dagli affanni della vita.

“Raccontava mio nonno Zaccaria che quando suo cugino Samuele andò in Lucchesia gli capitò una cosa che non avrebbe più dimenticato” Il romanzo inizia con un fatto realmente accaduto di cui sono testimoni i due protagonisti, Zaccaria e Samuele Levi, cugini e amici, accomunati dalla passione per la musica lirica: l’incidente d’auto occorso a Giacomo Puccini nel febbraio 1903. Sullo sfondo di un paesaggio toscano illuminato dal sole e percorso da cipressi e olivi, Zaccaria, un giovane serio, appassionato lettore e Samuele, laureato in ingegneria con il sogno di diventare impresario teatrale, incontrano il celebre compositore Giacomo Puccini che a seguito di un incidente si trova immobilizzato sotto la sua automobile. Mentre Samuele cerca i soccorsi, Zaccaria rimane a fare compagnia al musicista e alla sua compagna priva di sensi che però…non è la moglie! Cresciuto in una famiglia dove “tutti sparlavano dei giudei” Puccini si lascia andare a commenti antisemiti di cui avrà modo di pentirsi in seguito diventando amico dei cugini che gli hanno salvato la vita e la reputazione! Con questo vivace e ironico incipit prende avvio una saga familiare maestosa in cui i capitoli, raccontati dai diversi componenti le famiglie Levi e Foà, si alternano con grande ritmo ed eleganza stilistica.

“… l’Europa dell’Ottocento era antisemita, spiegava Samuele a mio nonno e quando non lo era stata? E con l’apertura dei ghetti la società si era arricchita di persone che anche loro volevano raggiungere un miglior livello di vita. Insomma, una nuova competizione nella faticosa lotta tra le tribù umane…In Italia ci aveva pensato la Chiesa, che da secoli tacciava gli ebrei di aver assassinato Dio…” A Torino, la raffinata capitale sabauda, i Savoia avevano aperto i ghetti prima degli altri stati italiani e per questo molti ebrei, inclusi i futuri suoceri di Zaccaria, erano incantati dal fatto di essere accettati dalla società dei gentili, persino dalla Corona. O almeno così credevano. E’ un matrimonio combinato a intrecciare i destini delle famiglie Levi di Ancona e Foà di Torino. Zaccaria che apparteneva a una famiglia facoltosa era un buon partito per la giovane Rebecca che disgraziatamente aveva scambiato qualche occhiata con un goy e sebbene ogni tanto il futuro genero manifestasse idee pericolose “con l’età sarebbe maturato” pensava il maggiore generale Moisè Foà, “e una buona moglie e dei figli avrebbero contribuito a fargli mettere la testa a posto”. Gli agiati marchigiani s’incrociano con i borghesi tradizionalisti di Torino e danno vita ad una dinastia che attraversa un intero secolo sferzato da guerre, leggi razziali, persecuzioni, perdite per ritrovare alla fine un nuovo difficile equilibrio che non lascia indenni da cicatrici nel corpo e nell’anima. Molti i personaggi che si muovono sulla scena, ciascuno con una forza e una specificità che colpiscono il lettore coinvolgendolo nelle drammatiche vicende che li vedono protagonisti. Samuele che si è arruolato come alpino nella Prima Guerra Mondiale non rivedrà più la figlioletta Giovanna, adottata in seguito da Sara, sorella di Rebecca, una giovane dal cuore immenso, che rimarrà vittima delle atrocità naziste. I figli di Zaccaria, dai bei nomi letterari, Cielo, Michelangelo, Ariel, Miranda, Miriam, Prospero seguiranno percorsi di vita diversi l’uno dall’altro. C’è chi lascerà l’Italia per l’America, chi dovrà affrontare le leggi razziali, chi vedrà i propri cari morire colpiti dalle bombe degli Alleati oppure uccisi nei campi di sterminio, chi diventerà partigiano per liberare l’Italia dal giogo nazifascista abbracciando la causa del partito comunista, chi sceglierà la professione di medico per essere vicino ai più deboli. Più laici i Levi, più tradizionalisti i Foà, per tutti saranno le leggi razziali a definire la loro appartenenza all’ebraismo, lasciandoli sgomenti e increduli dinanzi alle espulsioni dalle attività lavorative, dalle scuole, da una quotidianità che credevano consolidata. Donne, uomini e bambini che nel corso degli anni sarebbero stati definiti ebrei, giudei, israeliti, esseri umani senza valore, privati della loro dignità e spesso della vita.

Con una pluralità di voci, ciascuna con un proprio registro, l’autrice racconta le vicende dei Levi e dei Foà da più punti di vista che arricchiscono il mosaico narrativo offrendo al lettore la possibilità di “ascoltare la storia” da prospettive diverse. Attraverso una saga familiare imperdibile Gaia Servadio punta i riflettori sui problemi che hanno afflitto l’Italia nel dopoguerra: la difficile condizione della donna (“L’opinione della donna non veniva presa in considerazione nemmeno sui temi tradizionalmente femminili come l’infanzia e la scuola, al maschio ogni decisione”), l’antisemitismo tutt’altro che sparito con la caduta del fascismo, la tentazione forte di farsi giustizia da sé dinanzi ai delatori che avevano condotto alla morte ebrei innocenti. L’autrice inquadra con lucidità l’Italia della ricostruzione economica raccontando della Olivetti di Adriano Olivetti a Ivrea, “dove la gente trovava lavoro ed era trattata bene” perché “tutto sembrava possibile nel suo mondo”, senza dimenticare l’ENI una grande industria statale nel settore energetico con a capo Enrico Mattei. Nel libro si ragiona anche di sionismo, delle guerre di Israele con l’orgoglio per il nuovo stato degli ebrei e infine si riflette sul significato di essere ebreo per chi non è aduso alle tradizioni religiose e alle feste ebraiche.

“Comportati da ebreo aveva detto mio zio. Cosa significava?.... Forse i nostri figli, i figli dei nostri figli non avrebbero creduto al rifiuto di una società di riconoscerci come esseri umani”. “Avrei dovuto scrivere, scrivere qualche cosa, una testimonianza, la mia testimonianza” fa dire l’autrice al giovane Aaron. “Un libro è una testimonianza, un articolo su un giornale dopo un giorno non esiste più anche se è stato letto da mezzo milione di persone; un libro, anche se non lo ha letto che una decina di persone, ritorna, sparge le sue idee, aiuta a pensare”. “Giudei” è senza dubbio un romanzo capace di “spargere le sue idee e di aiutare a pensare”, un’opera di grande valore letterario in cui la musica ha un ruolo centrale quasi una presenza costante nella vita quotidiana di molti personaggi. Protagonista della scena culturale internazionale Gaia Servadio, che ha pubblicato una trentina di libri tra saggi e romanzi fra i quali “Un’infanzia diversa (Rizzoli, 1998), “Raccogliamo le vele” (Feltrinelli, 2014), “Tanto gentile e tanto onesta” (Sonzogno, 2015), ci ha regalato una saga familiare potente e generosa che restituisce al lettore l’antica meraviglia di una grande storia in cui perdersi.

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