venerdi 19 aprile 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






La Repubblica Rassegna Stampa
18.08.2021 Afghanistan 2: una sconfitta per Biden
Analisi di Federico Rampini

Testata: La Repubblica
Data: 18 agosto 2021
Pagina: 9
Autore: Federico Rampini
Titolo: «'Débacle storica degli Stati Uniti'. Biden sotto accusa anche in casa»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 18/08/2021, a pag.9, con il titolo " 'Débacle storica degli Stati Uniti'. Biden sotto accusa anche in casa", il commento di Federico Rampini.

Immagine correlata
Federico Rampini

https://static.dw.com/image/58867912_303.jpg
Joe Biden

L’accusa più grave a Joe Biden viene da un giornale amico, il New York Times : il presidente ha mentito agli americani quando, ancora poche settimane fa, ha escluso un tracollo dell’esercito afghano durante il ritiro Usa. Già allora, secondo il quotidiano progressista, il presidente aveva ricevuto dall’intelligence un rapporto di segno opposto, dove la débacle delle forze governative era prevista. Come minimo, avrebbe dovuto tenerne conto nel pianificare le modalità della ritirata militare e dell’evacuazione dei civili, in modo da evitare le scene di panico e caos degli ultimi giorni. Non è un momento facile per Biden. Il suo discorso alla nazione di lunedì sera, pur esponendo con vigore e convinzione le ragioni per cui ha deciso di porre fine alla “guerra più lunga”, non ha attenuato le critiche. Vengono da tutte le parti. I repubblicani insistono sulla catastrofica esecuzione del ritiro, parlano di una guerra perduta da Biden e solo da lui. Perfino Donald Trump — che aveva firmato gli accordi con i talebani dove l’unica condizione era l’incolumità per gli americani durante l’evacuazione — è tornato alla carica accusando Biden di una disfatta storica. La destra apre anche un nuovo fronte contro Biden, su un terreno che le è congeniale: alcuni politici repubblicani cominciano a paventare un’ondata di profughi. I democratici cercano di risparmiare il presidente ma anche fra loro cresce lo sgomento: nell’ala più terzomondista e umanitaria si denuncia l’abbandono delle donne afghane; nell’establishment internazionalista affiora il timore che tutti gli alleati traggano conseguenze perniciose da questa vicenda. I media progressisti sono severi quanto i conservatori. “La débacle in Afghanistan — intitola l’editoriale del Washington Post — è della specie peggiore: quella che si poteva evitare”. Fa eco il titolo dell’editoriale del New York Tines : “La guerra doveva finire, ma non in questo caos”. Molti sottolineano il crollo di credibilità dell’America, che può alimentare ogni sorta di scetticismo in Giappone, Corea del Sud, Europa; e di conseguenza rafforza nemici storici come la Cina, la Russia, l’Iran. Si segnala come una voce fuori dal coro, in quanto favorevole a Biden, quella dell’esperto di geopolitica Fareed Zakaria. Sul Washington Post , il suo è l’unico intervento che difende risolutamente la ritirata. Lo fa attingendo a un’opera che molti scoprono solo adesso: “The American War in Afghanistan” di Carter Malkasian, che fu per diversi anni in Afghanistan come funzionario civile nella provincia di Helmand, poi consigliere dello stato maggiore del Pentagono. Malkasian aveva appena concluso il suo studio sulla guerra ventennale, quando gli eventi sono precipitati. I dati che lui raccoglie smentiscono la teoria secondo cui gli Stati Uniti stavano mantenendo la pace in Afghanistan con poche migliaia di uomini, e che questa stabilità poteva protrarsi a tempo indefinito. L’apparente pacificazione era solo il risultato di una tregua offerta dai talebani in cambio della promessa del ritiro. Ma i talebani avevano sospeso solo gli attacchi contro le forze della Nato, mentre la guerra continuava a intensificarsi contro gli afghani. Il 2019 ha visto il record di vittime tra civili in un decennio. Nel 2018, quando le truppe americane erano ancora il quadruplo rispetto al 2021, ben 282.000 civili afgani erano stati costretti a fuggire dalle loro case. Nel contempo il livello di sostegno della popolazione verso gli americani continuava a scendere, nel 2018 era al 55% contro il 90% di dieci anni prima. Già nel 2016, peraltro, quando Barack Obama era stato convinto a rinviare per l’ennesima volta il ritiro delle truppe, e dunque la forza militare americana era all’apice, i talebani erano riusciti a riconquistare un quarto del territorio nazionale. Nell’assedio politico che subisce Biden un altro aiuto gli arriva dalla pubblicazione delle conclusioni ufficiali di un’indagine commissionata da molto tempo, quella dello Special Inspector General for the Afghanistan Reconstruction. L’inchiesta, in corso da 13 anni, dipinge un quadro fosco del conflitto. Accusa gli americani di avere sistematicamente sottovalutato le difficoltà sul terreno. Dà atto di progressi importanti, per esempio sulla scolarizzazione e i diritti civili, ma considera fallito il progetto di ricostruzione del paese, a cominciare dalle sue istituzioni. Il rapporto non è “figlio” dell’Amministrazione Biden ma finisce per confortarne la decisione, confermando che questa guerra era stata perduta molto tempo prima.

Per inviare a Repubblica la propria opinione, telefonare: 06/49821, oppre cliccare sulla e-mail sottostante

rubrica.lettere@repubblica.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT