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La Repubblica Rassegna Stampa
19.06.2021 Iran, elezioni farsa. L'opposizione: 'E' un golpe'
Cronaca e intervista di Gabriella Colarusso

Testata: La Repubblica
Data: 19 giugno 2021
Pagina: 16
Autore: Gabriella Colarusso
Titolo: «Iran al voto, Raisi verso la vittoria: 'Sono il servitore del popolo' - Il riformista Tajzadeh: 'Il partito della caserma ha fatto un nuovo golpe'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 19/06/2021, a pag.16, con i titoli "Iran al voto, Raisi verso la vittoria: 'Sono il servitore del popolo' ", "Il riformista Tajzadeh: 'Il partito della caserma ha fatto un nuovo golpe' ", cronaca e intervista di Gabriella Colarusso.

Ecco gli articoli:

"Iran al voto, Raisi verso la vittoria: 'Sono il servitore del popolo' "

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Gabriella Colarusso

Ebrahim Raisi: The cleric who could end Iranian hopes for change | Middle  East | Al Jazeera
Ebrahim Raisi

Il grande favorito arriva con passo lento, la tunica beige e il turbante nero, gli occhiali sottili sotto la mascherina. Alza la mano destra in segno di saluto: «Lode a Maometto, è giunto il profumo di Beheshti», intonano gli uomini che lo circondano, ricordando l’ayatollah che fu determinante per il successo della Rivoluzione islamica del 1979. È il giorno delle elezioni per la presidenza in Iran, e il capo della magistratura, l’ultraconservatore Ebrahim Raisi, è largamente in testa nei sondaggi. Sceglie il sud di Teheran per andare a votare, il seggio allestito nella moschea Ershad di Shahr-e Rey: fino a due secoli fa era una città autonoma, punto di passaggio della via della Seta in Iran, poi lo sviluppo rapido della capitale l’ha trasformata in un distretto, il numero 22, una zona conservatrice dove vivono operai e pendolari. «Sono il servitore del popolo», dice Raisi, ripetendo il messaggio su cui ha costruito tutta la sua campagna elettorale. Di buon mattino sono state allestite due file di votanti a favore di telecamera, uomini divisi dalle donne, tutte coperte con il chador nero. «Da capo della magistratura ha lavorato bene, nell’interesse della gente, ora deve pensare all’economia, per questo lo voterò», ci dice un impiegato sulla quarantina che aspetta con sua figlia. Nell’ultima settimana di campagna elettorale i conservatori si sono mobilitati per convincere la loro base a votare e scongiurare così l’astensione record che tutte le rilevazioni registravano. Nei gruppi Telegram conservatori ieri per invogliare al voto giravano le foto di un bacio sulla fronte di Qasem Soleimani a Raisi. La figura del generale ucciso dagli americani nel 2020 esercita ancora un forte carisma in Iran, è considerato da molti un martire e un’icona, e quel bacio testimonia la purezza e la bontà di Raisi agli occhi dei seguaci. «Abbiamo avuto persone come Soleimani, il minimo che possiamo fare per il nostro Paese è andare a votare, non è vero che sia tutto deciso, siamo noi a scegliere», scandisce una maestra al seggio. «Votiamo perché non dimentichino i nostri martiri», dice un’altra donna accompagnata dalla madre, due religiose. Risalendo da sud a nord, verso la zona più ricca di Teheran, i seggi appaiono semivuoti, e tra i pochi elettori è raro trovare sostenitori di Abdolaser Hemmati, l’ex banchiere centrale che ha provato a ostacolare la corsa solitaria di Raisi dopo l’esclusione di gran parte dei candidati moderati e riformisti da parte del Consiglio dei Guardiani. Hemmati è un tecnocrate vicino ai riformisti, si è presentato come il candidato dell’apertura al mercato e della tolleranza nei costumi e ieri mattina ha scelto di votare nel seggio di Hosseiniyah Ershad, nel nord, dove vanno molti politici e parlamentari. A differenza di Raisi c’è andato con sua moglie, Sepideh Shabestari: dottorato in economia, ha fatto tutta la campagna elettorale accanto al marito, spigliata nelle interviste in tv, sempre indossando hijab colorati che fanno a pugni con il tradizionale chador nero. Ma quella di Hemmati sembra un’impresa impossibile. Il governo ha deciso di tenere aperti i seggi fino alle 2 di notte per permettere alla gente di votare. A tarda sera informazioni ancora non ufficiali davano una percentuale parziale di votanti intorno al 37 per cento. Per vincere Raisi ha bisogno di raccogliere il 50 per cento più uno dei voti, altrimenti si va al ballottaggio il 25 giugno.

"Il riformista Tajzadeh: 'Il partito della caserma ha fatto un nuovo golpe' "

Key Iranian reformist and former prisoner to run for presidency
Mostafa Tajzadeh

A 64 anni, Mostafa Tajzadeh è diventato il cuore e la coscienza del riformismo iraniano, uno dei suoi massimi intellettuali. Ex viceministro degli Interni durante la presidenza Khatami, in carcere per sette anni dopo le proteste del 2009, aveva deciso di candidarsi alle elezioni per la presidenza, ma è stato squalificato dal Consiglio dei Guardiani, insieme a quasi tutti i candidati riformisti e moderati. E ha scelto di boicottare il voto. «Per la prima volta in 40 anni. Ho sacrificato gran parte della mia vita per la vittoria della Rivoluzione islamica, ritenevo che fosse il miglior sistema per la nazione. Non lo credo più», ci dice nella hall del palazzo in cui vive a nord di Teheran, polo verde a maniche corte, i pantaloni blu, un sorriso malinconico. «Queste secondo me non sono state elezioni ma un colpo di Stato che produrrà un governo della minoranza».

Golpe è una definizione forte. «Non abbiamo mai avuto elezioni libere al 100 per cento in questi anni in Iran, ma per lo meno c’era competizione. Questa volta, per via della necessità della successione della Guida Suprema, hanno annullato anche quella, creando una situazione in cui il vincitore è scontato. Vogliono che uno schieramento specifico del nostro sistema abbia in mano tutti i poteri della nazione, dall’esecutivo al giudiziario al Parlamento, al momento dell’eventuale morte di Khamenei, così da poterne decidere il successore. Ebrahim Raisi prenderà gli stessi volti del 2017, quando perse, ma questa volta sarà Presidente».

Chi sostiene Raisi, chi sono "loro"? «Il partito della caserma: sono in parte i comandanti dei Pasdaran, ma hanno alleati nel Consiglio dei guardiani, nello staff della Guida suprema. Conservatori e riformisti avevano strutture di partito per formare i loro quadri, loro stanno creando una terza realtà di persone fedeli, è qualcosa di nuovo, estraneo agli schieramenti politici tradizionali. Queste elezioni sono state organizzate dall’intelligence dei Pasdaran. Fin quando Khamenei è vivo, controllerà che i Pasdaran non prendano più potere di quanto debbano, ma temo che dopo la sua morte i ruoli si invertiranno. La speranza è che l’Iran sia una società dinamica, che pensa, produce interazioni politiche e che neutralizzerà molti di questi piani».

Lei è stato in prigione dopo le proteste del 2009: teme di poter essere di nuovo arrestato? «Sono stato sette anni in carcere in isolamento. Da quando sono uscito mi hanno convocato più volte in tribunale e ho fatto insubordinazione civile, non mi sono presentato. Ho mandato loro solo un messaggio: quando volete, ditemi in quale prigione devo venire e per quanto ci devo stare».

Molti elettori riformisti sono delusi dal governo Rouhani, non solo per questioni economiche: tanti non hanno perdonato i silenzi sulla repressione del 2019. È mancata un’autocritica nella sua parte politica? «Il primo governo Rouhani è stato un successo, il secondo un fallimento. Non solo per la disoccupazione, il caro prezzi e l’inflazione ma perché non è riuscito a conservare il legame con la sua gente. Se Abdolnaser Hemmati (il candidato moderato, ndr ) vincesse le elezioni non lo sosterrei. Voglio un presidente che nel caso di proteste popolari ordini alle forze dell’ordine di non sparare sulla gente».

Che presidente sarebbe Raisi? «Non è una figura carismatica, è debole. Credo che l’accordo nucleare verrà ripristinato, nei prossimi due anni la situazione economica migliorerà, un po’ di soldi torneranno in Iran ma tra quattro anni staremo qui a dire che pure il suo governo è stato un fallimento. Se invece l’accordo nucleare non dovesse tornare in vigore e la pressione economica restasse alta c’è il rischio di un conflitto sociale».

Raisi si candida a diventare la prossima Guida Suprema? «I più pessimisti dicono che la presidenza è una trappola, si rovinerà spianando la strada al signor Mojtaba Khamenei, il figlio maggiore di Khamenei, una cosa che trasformerebbe la Repubblica in una monarchia ereditaria assolutista».

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