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La Repubblica Rassegna Stampa
03.06.2021 Israele, il governo unisce gli avversari di Netanyahu
Cronaca di Sharon Nizza

Testata: La Repubblica
Data: 03 giugno 2021
Pagina: 12
Autore: Sharon Nizza
Titolo: «Herzog presidente. E arriva il governo degli anti-Netanyahu»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 03/06/2021, a pag. 12, l'articolo di Sharon Nizza dal titolo "Herzog presidente. E arriva il governo degli anti-Netanyahu".

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La Knesset, il Parlamento israeliano

Nell’ultimo giorno per la formazione del governo anti- Netanyahu, la Knesset ha espresso un raro momento di consenso: 87 parlamentari su 120 hanno scelto Isaac Herzog come undicesimo presidente dello Stato d’Israele, che subentrerà a Reuven Rivlin il 9 luglio. «Sarò il presidente di tutti»: curare le ferite, costruire ponti, unire gli estremi, sono alcune delle espressioni usate dal presidente in pectore in vista di un mandato difficile, in un Paese lacerato dagli scontri, non solo quelli violenti che hanno afflitto le città a popolazione mista, ma anche quelli tra le varie anime della politica mentre si configura il governo del "tutto tranne Bibi", quello che il premier uscente Benjamin Netanyahu chiama «la frode del secolo». Herzog è prevalso sull’altra candidata, Miriam Peretz, attivista civile di origini marocchine, espressione della periferia, due figli persi in guerra, favorita nei sondaggi popolari, ma estranea alle logiche della politica. Che invece Herzog conosce profondamente, come figlio dell’élite dei fondatori della patria: il padre è stato il sesto presidente d’Israele, il nonno fu il primo rabbino capo ashkenazita d’Israele. Più volte parlamentare e ministro per il partito laburista, che ha guidato tra il 2013 e il 2017, nel 2018 lascia la politica e diventa il presidente dell’Agenzia Ebraica, una delle istituzioni più rispettate dello Stato. Alcuni lamentano che la mancata elezione di Peretz sia indice del divario tra istituzioni e popolo.

«A volte i parlamentari fanno ciò di cui il popolo ha bisogno, non quello che desidera», Yossi Verter di Haaretz cita Ben Gurion, che giustificava il meccanismo di elezione della prima carica dello Stato. Tradotto a oggi: Israele ha bisogno di una figura che possa comunicare con tutte le parti. "Bougie" — il soprannome con cui è noto — un politico del campo liberal eletto da una Knesset a maggioranza conservatrice, ha questi requisiti, oltre a una vasta rete di rapporti internazionali, anche nell’amministrazione Biden. Scelto il presidente, i capi di partito sono tornati a negoziare per mettere d’accordo le otto fazioni — dalla destra nazionalista alla sinistra progressista, passando per il partito islamico Ra’am — che dovrebbero convivere in una risicata maggioranza di 61 parlamentari. A guidare il governo per i primi due anni sarà Naftali Bennett, leader della destra di Yamina, con soli 6 seggi portati in dote e tante rivendicazioni. È una lotta contro il tempo complicata dalle richieste di Yamina e Ra’am che fanno valere la propria posizione di ago della bilancia, alzando la posta in gioco su incarichi e garanzie, rischiando di far saltare tutto. In zona Cesarini, il centrista Yair Lapid comunica al presidente «ho un governo», ma gli accordi di coalizione non sono ancora definiti in tutti i dettagli. L’uscita di scena di Netanyahu è dietro l’angolo, ma non è detta l’ultima parola: la palla ora passa alla Knesset per il voto di fiducia, previsto nei prossimi 10 giorni, critici perché il premier in carica fino all’ultimo cercherà di fare saltare l’accordo (gli basta una defezione). Molti ricordano in questi giorni il "Targil Masriah", "la porcheria", come descrisse Rabin il tentativo di Peres nel 1990 di chiudere un governo laburisti-haredim, dopo aver fatto cadere quello di unità nazionale. Peres comunicò al presidente Herzog (il padre di quello che sta per insediarsi) di avere un governo, ma l’operazione sfumò per due disertori all’ora X della fiducia. Le strade della politica israeliana posson o essere infinite.

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