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La Repubblica Rassegna Stampa
11.05.2021 Gerusalemme: missili dal cielo, trincee a Sheikh Jarrah
Due servizi di Sharon Nizza

Testata: La Repubblica
Data: 11 maggio 2021
Pagina: 16
Autore: Sharon Nizza
Titolo: «La battaglia di Gerusalemme. I razzi di Hamas sulla città - Nella trincea Sheikh Jarrah, il quartiere delle case contese dove si è riaccesa la miccia»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 11/05/2021, a pag. 16-17, due servizi di Sharon Nizza dai titoli "La battaglia di Gerusalemme. I razzi di Hamas sulla città", "Nella trincea Sheikh Jarrah, il quartiere delle case contese dove si è riaccesa la miccia".

Ecco gli articoli:

"La battaglia di Gerusalemme. I razzi di Hamas sulla città"

Immagine correlata
Sharon Nizza

La tensione era palpabile fin dalle prime ore della mattina e nel corso della giornata diversi segnali hanno dato la misura dell’escalation alle porte. Nel pomeriggio Hamas ha lanciato un ultimatum: se entro le 18 Israele non ritira le proprie forze da Al Aqsa e Sheikh Jarrah, ci saranno conseguenze. Promessa mantenuta: alle 18 in punto sono suonate le sirene a Gerusalemme, con due forti esplosioni. Sei missili hanno percorso oltre 100 chilometri raggiungendo la Città santa, intercettati e provocando solo danni marginali a un’abitazione. La Knesset è stata evacuata. E lo stesso il Muro del Pianto. In parallelo, almeno 60 razzi sono stati lanciati nel giro di poche ore verso il Sud d’Israele, tra cui un missile anticarro che ha colpito un’auto a Sderot, e l’attacco continua. A stretto giro è arrivata la reazione dell’aviazione israeliana. «Abbiamo solo iniziato a colpire gli obiettivi a Gaza» dice il portavoce dell’esercito Jonathan Conricus alla stampa. «Diverse organizzazioni terroristiche rivendicano i lanci, ma noi consideriamo Hamas l’unico responsabile di questo attacco». Secondo il ministero della Salute di Hamas, a Gaza ci sono venti vittime nella zona di Bet Hanoun, tra cui diversi bambini. Da parte israeliana, nessuna presa di responsabilità rispetto a possibili vittime civili. Conricus sostiene che si potrebbe trattare di un incidente interno provocato da un razzo vagante «come già avvenuto in precedenti occasioni» riferisce ai giornalisti. Conferma invece l’uccisione di tre uomini di Hamas, tra cui Mohammed Abdullah Fayyad, uno dei comandanti delle Brigate Izzedine al-Qassam. La giornata si era aperta con nuovi scontri violenti sulla Spianata delle Moschee. La polizia israeliana aveva deciso di non fare salire fedeli ebrei sul sito che identificano come il primo luogo santo per l’ebraismo, il Monte del Tempio. Una misura contestatissima tra gli israeliani che non è comunque servita a placare gli animi. Migliaia di palestinesi avevano trascorso la notte all’interno della Moschea di Al Aqsa, organizzando barricate e cumuli di sassi, alcuni dei quali sono stati lanciati di primo mattino sui passanti dall’alto della Spianata verso il tratto orientale della strada che circonda le mura della città vecchia, provocando l’irruzione della polizia israeliana nell’area. Gli scontri sono risultati in centinaia di feriti palestinesi, riporta la Mezzaluna Rossa, di cui almeno 7 gravi. Nelle stesse ore, nei pressi della Porta dei Leoni, un’auto israeliana è stata presa d’assalto a sassate da un gruppo di giovani palestinesi, causando l’uscita di strada del conducente e il ferimento dei tre passeggeri e di uno degli assalitori. I numerosi poli di attrito hanno infiammato Gerusalemme proprio mentre Israele celebrava l’unificazione della città dopo la guerra dei Sei giorni. Ma Gerusalemme appare più divisa che mai. La schizofrenia è lampante nelle poche centinaia di metri che separano la porta di Damasco da quella di Giaffa in città vecchia: negli stessi momenti, al primo valico delle mura antiche che conduce al quartiere mu sulmano, erano in corso scontri tra polizia e palestinesi, scene di guerriglia urbana che hanno caratterizzato quasi tutto il mese del Ramadan; mentre alla porta che conduce al quartiere ebraico procedevano i festeggiamenti tra musica e balli per il “Giorno di Gerusalemme” – deviati in extremis rispetto al tradizionale percorso che passa proprio per la Porta di Damasco - che si sono improvvisamente interrotti al suono della sirena che non si sentiva a Gerusalemme da anni. Nel terzo polo di fuoco nella città, il quartiere di Sheikh Jarrah, dove alcune famiglie palestinesi potrebbero essere sfrattate a favore di famiglie ebraiche che rivendicano la proprietà dei terreni contesi, gli scontri ieri sono stati più di basso profilo, ma molto dell’attuale escalation ha a che fare con questo quartiere di Gerusalemme Est: una battaglia legale trentennale che nelle ultime due settimane è diventata la causa che è riuscita a unire Fatah e Hamas, nuovamente ai ferri corti dopo l’annullamento delle prime elezioni palestinesi in quindici anni che si sarebbero dovute tenere il 22 maggio. La Casa Bianca esprime seria preoccupazione per la degenerazione degli eventi. «Al Aqsa è una linea rossa » è il messaggio delle numerose condanne arrivate dai Paesi arabi, tra cui Egitto e Qatar. Linea rossa è lo stesso termine scelto da Netanyahu, riferendosi al lancio di missili verso Gerusalemme. «La risposta d’Israele sarà dura. E potrebbe durare a lungo».

"Nella trincea Sheikh Jarrah, il quartiere delle case contese dove si è riaccesa la miccia"


Un'immagine delle violenze a Gerusalemme

L’odore acidulo dello skunk, il liquido che la polizia utilizza per disperdere le manifestazioni, è il segnale inequivocabile che stai entrando in uno dei poli in cui si concentra la tensione che sta devastando Gerusalemme. A Sheikh Jarrah, nella parte orientale della città, si trovano le case della discordia intorno alle quali da più di trent’anni si protrae una disputa legale che si intreccia con la storia centenaria del conflitto arabo-israeliano. Di fronte a una delle case contese si trovano due presidi fissi di solidarietà: giovani ebrei da un lato, ragazzi palestinesi dall’altro. Quattro famiglie palestinesi rischiano lo sfratto, già confermato da due gradi di giudizio e ora in attesa della sentenza della Corte Suprema, che ieri ha rinviato l’udienza in un tentativo di placare le acque. Dopo giorni di guerriglia urbana, la polizia ha iniziato a contingentare gli ingressi e gli scontri sono meno frequenti, ma l’atmosfera rimane tesa. Mentre siamo qui parte qualche sassaiola, la polizia lancia granate assordanti, un’auto viene data alle fiamme. A oggi, il tribunale ha confermato la proprietà ebraica dei lotti contesi, risalente al 1875. Dopo la guerra del 1948, questa parte della città fu occupata dalla Giordania, che negli anni ’50 costruì 28 abitazioni per rifugiati palestinesi. Poi la guerra dei Sei giorni, e Israele annette la parte est a quella ovest della città che considera capitale unica e indivisibile. In virtù della legge sulle proprietà degli assenti del 1950, che consente allo Stato di confiscare i beni di «chi ha lasciato le proprietà per recarsi in un Paese nemico», le case sono tornate agli eredi dei proprietari ebrei, che ne hanno venduti i diritti ad associazioni legate alla destra che vogliono ricreare l’insediamento ebraico. La corte ha cercato il compromesso: ai palestinesi l’offerta di riconoscere la proprietà ebraica ottenendo lo status di inquilini protetti. «Non accetteremo mai. Siamo proprietari, ci vogliono far fuori con leggi discriminatorie», dice Carmel Qassem a nome delle famiglie sfrattate. All’altro lato della strada c’è Jonathan Yosef, nipote dello storico rabbino capo sefardita Ovadia Yosef, tra gli inquilini pre ’48: «Chi parla di pulizia etnica è fuori strada: casa mia la affitto a una famiglia palestinese senza problemi. Sono loro che non vogliono ebrei». Orayeb, 18 anni, uno degli inquilini protetti di una casa ebraica, è arrivato con la madre dalla Giordania 5 anni fa. «Mi trovo bene, ma la situazione è difficile. Quasi mi manca il Covid, quando eravamo chiusi in casa». Si sta esercitando per arruolarsi come pompiere. Forse un giorno spegnerà lui le fiamme.

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