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La Repubblica Rassegna Stampa
10.04.2021 La vittoria di Israele sul Covid
Commento di Claudia Fellus

Testata: La Repubblica
Data: 10 aprile 2021
Pagina: 33
Autore: Claudia Fellus
Titolo: «Cronaca di un risveglio»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 10/04/2021, a pag. 33, il commento di Claudia Fellus dal titolo "Cronaca di un risveglio".

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Claudia Fellus

Voli da Mahe a Tel Aviv | Air Seychelles
Tel Aviv

All’inizio si fa capoccella piano piano. Non sei abituato alla luce dopo un anno oramai. I cauti incontri, distanziati e con mascherina, hanno trasformato l’isolamento in abitudine di vita. Gli unici contatti sono separati dallo schermo del computer o del telefono. Poi il primo vaccino, ancora cautela, il secondo e la sensazione della conquista della libertà. Quantomeno ho fatto qualcosa per battermi contro chi ci ha privato degli affetti, della socialità anche lavorativa (anche se lo smart working ha il suo perché se alternato alla presenza). Tom, diciassettenne figlio di mia cugina, mi parlava spesso dello strappo violento che aveva provocato sui ragazzi l’assenza dell’altro. La mancanza della scuola. Come tutti sappiamo. «Vaccinano i 17enni per poter tornare a scuola a prepararsi per la maturità ». Ha detto, lo sguardo sorridente, con un sorriso che viene da dentro. La campagna di vaccinazione era già avanzata, e la popolazione più anziana era stata tutta messa in sicurezza. La riapertura è stata lenta, cauta. Ogni settimana si sono riattivate categorie ormai in letargo. E le strade sono tornate ad essere piene. Anche le spiagge. Il primo ritorno fu ad un compleanno di un’amica. Improvvisamente ho avuto la sensazione di essere risvegliata da un sogno. Quattordici persone intorno a un tavolo che festeggiavano un’amica con la gamba rotta. Che chiacchieravano amabilmente. La prima riunione sociale rilassata dopo una vita. E si era di nuovo capaci di trasferirsi affetto, chiacchiere frivole. Ogni volta, i primi tempi c’era un filo di commozione e tanta cautela. Finestre aperte ma un allegro cinguettio.

Voli da Mahe a Tel Aviv | Air Seychelles

«Un compleanno che ricorderemo per sempre», abbiamo esclamato tutte infilandoci la mascherina per uscire. Una sera tornando a casa mi sono fermata davanti a un noto ristorante italiano per chiedere del grasso d’oca per fare una carbonara. C’era un signore fuori con dei bambini. Sentendomi parlare italiano col cuoco, mi si avvicina e sussurra: «io sono vaccinato due volte e lei?». «Anche io» rispondo e lui felice con la sua mascherina mi chiede consigli sul menu, cerca cose davvero italiane e ci salutiamo felici di fare parte della medesima corrente di pensiero: «W la scienza». Un altro passo importante verso la riconquista della vita condivisa è stata l’anteprima della riapertura del Museo della storia con aggiunta del contemporaneo del popolo ebraico. La visita era organizzata per una importante associazione di amici dell’arte. Eravamo una quarantina, non conoscevo nessuno ma ero affascinata dal ritorno alla cultura condivisa, ma soprattutto dalla gioia dei presenti. Poter fare una visita con la curatrice, in questo anno di pandemia ci eravamo abituati a guardare persino le mostre su Fb. Forse il momento di rottura è stato con la riapertura al pubblico dei ristoranti la sera. Eravamo abituati, da più di 8 mesi, alla sola possibilità di asporto. Non più sedute conviviali intorno a del buon cibo e una bottiglia di vino ma carbonari incontri in case private con cibo ordinato in pochissimi a distanza e con finestra aperta. Le strade di Tel Aviv la sera si rianimano. Finito il lockdown, ma soprattutto lentamente nell’immaginario collettivo si fa strada il pensiero che forse, potremmo aver sconfitto il “Corona”? Nessuno osa dirlo continuiamo a camminare per le strade con la mascherina ma di fatto la vita si riappropria di noi. I pub sono pieni di ragazzi, ballano, cantano, bevono, si abbracciano. Non temono più di contagiare ed ammazzare i nonni o i genitori. Gli anziani sono vaccinati! Sembrano dei reduci di una guerra che solo un’arma ha potuto combattere: la solitudine e l’isolamento. «Sono aperto da 30 anni, mai nella storia della mia attività ho lavorato così tanto». Ovunque si sente questo refrain. Come se l’astinenza così lunga avesse spinto la gente a uscire, acquistare, consumare, divertirsi. Tornare in palestra, poi al cinema, a teatro. Un’unica domanda all’ingresso: Hai il passaporto verde? Non c’è legge che ti obblighi a vaccinarti né che impedisca l’accesso ai non vaccinati, ma c’è un non detto, di autodifesa: chiunque entri in un luogo chiuso vuole essere certo che siano tutti coperti dalla vaccinazione. Nessuno vuole correre rischi e soprattutto nessuno vuole tornare indietro. Le palestre fanno lezione a quelli senza passaporto verde all’esterno, i ristoranti, se hanno posto li fanno sedere fuori. Cinema, teatri, centri commerciali è tutto preso d’assalto. Si torna alla vita pre Covid, con cautela, ancora con le mascherine al chiuso, ma con una corrente di energia solidale, con commozione si torna a quel passato che ci era sembrato oramai il retaggio di un’altra epoca. Mai avrei pensato che avrei provato commozione in un centro commerciale affollato (odio i centri commerciali, affollati poi non ne parliamo) né che avrei pianto sedendomi su una comoda poltrona di fronte al grande schermo cinematografico, mentre sfiorando il braccio di un amico mi chiedevo se era realtà o un sogno. Ci siamo chiesti se e come avremmo ricominciato. Ci siamo detti che probabilmente non sarebbe stato più come prima. E la commovente e gioiosa sorpresa è che abbiamo ritrovato le nostre abitudini del passato e ci siamo rientrati affamati e bramosi di riprenderci tutto. Ce lo stiamo riprendendo con cautela, anche se con le ultime feste ebraiche il vaccino è stato messo a dura prova dall’euforia. Nonostante questo i numeri di contagi, malati gravi e morti continuano a scendere. Incrociamo le dita e ringraziamo la scienza. Con la speranza che gli Stati possano presto ottenere i vaccini per riportare la popolazione alla vita. Perché da quello che viviamo qua si può dire che c’è una luce in fondo al tunnel grazie all’arma che la scienza ci ha fornito, per batterci contro l’invisibile nemico che ci impediva di rapportarci con gli altri. Tranquilli non ci si abitua al sonno della socialità affettiva, né a quello culturale, basta riattaccare la spina e saremo in grado di riprendere a camminare, all’inizio con cautela, ma poi con una gioia infinita. Come sta succedendo qui.

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