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La Repubblica Rassegna Stampa
03.04.2021 David Grossman: un racconto di nonni e nipoti
Lo intervista Susanna Nirenstein

Testata: La Repubblica
Data: 03 aprile 2021
Pagina: 20
Autore: Susanna Nirenstein
Titolo: «L'abbraccio tra nonni e nipoti»
Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 03/04/2021 a pag.20, con il titolo "L'abbraccio tra nonni e nipoti", l'intervista di Susanna Nirenstein a David Grossman.

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Susanna Nirenstein

David Grossman, la forza del passato (ma solo a metà) - ARCANE STORIE
David Grossman

Fin dai suoi esordi letterari, David Grossman stupì, rivoluzionò da dentro l'eredità della generazione di scrittori appena precedente, degli Oz, degli Yehoshua. Se aveva il loro stesso coinvolgimento sociale, lo stesso radicamento nell'anima israeliana, la scrittura mostrò subito un'indipendenza speciale perché era allusiva, intertestuale, tesseva insieme narrative e stili diversi, giocando col neorealismo, il fantastico, il grottesco. Una scrittura alta e poetica, capace di elaborare la Shoah in Vedi alla voce: Amore, di toccare l'incandescenza dell'amore in Che tu sia per me il coltello, di inseguire la paura di una madre mentre il figlio è al fronte in A un cerbiatto somiglia il mio amore. Eppure Grossman mantiene sempre la sua levità ecco che appare su Zoom sorridente, dolce, intimo, sollevato come tutti gli israeliani di sentirsi finalmente sicuro e libero dalla paura del Covid, per parlarci del suo ultimo libro dedicato ai bambini, Rughe (come sempre Mondadori, questa volta è illustrato da Ninamasina), dove un piccolo chiede al nonno (David ha due nipotine di 5 e 8 anni) il perché di quelle linee sul volto.

Rughe. Storia di un nonno - David Grossman - Libro - Mondadori -  Contemporanea | IBS
La copertina (Mondadori ed.)

Come è nato questo racconto? Pensando ai rapporti con i suoi nonni, o a se stesso oggi? «Direi pensando alle mie nipoti, perché ho visto quanto erano interessate a questo fenomeno. I bambini sono molto fisici, ti toccano la faccia senza imbarazzo e per loro e un mistero come si creino dei segni sul volto, non fanno una connessione tra rughe ed età. In quanto al miei nonni, il rapporto era completamente diverso allora, c'era distanza, come non fosse rispettoso averci un contatto troppo ravvicinato. E mi dispiace perché stare insieme ai nipoti, capirli, vederli crescere, sviluppare il linguaggio, ascoltare le loro domande è così interessante e commovente. Del resto ha mai pensato al fatto che la specie umana è l'unica ad avere una relazione significativa tra nonni e nipoti?».

Come erano i suoi nonni? «Arrivarono in Israele dopo la Shoah, ne avevo tre, quindi ero molto fortunato, perché allora la maggior parte era stata uccisa dai nazisti: i miei compagni mi guardavano con invidia. Ma i rapporti tra nonni e nipoti fino a qualche anno fa non erano così semplici e naturali».

I bambini parlano spesso della vecchiaia, e anche della morte. Sembrano averne meno paura di noi. È d'accordo? «Siamo anche noi a parlare con più libertà dell'invecchiare, delle malattie, della morte. Non sono più tabù. Un tempo nessuno nominava esplicitamente il cancro ad esempio. E i bambini di conseguenza vogliono sapere, cogliere tutti gli aspetti della vita».

Perché scrive tanti libri per bambini? Pensa che abbiano un tratto in comune? «Lo faccio anche perché tengo vivo il mio lato infantile. Normalmente quando finisco un libro per adulti, che può essere duro e doloroso, sento di dover respirare diversamente, immergermi in qualcosa di buono e soffice. Un tratto in comune? Direi l'immaginazione, lo humour. Mi piace scrivere per il momento in cui i bimbi vanno a dormire e si sentono soli e impauriti. Voglio che la storia sia come una benedizione, un bacio sulla guancia prima che inizi il viaggio nella notte, che si sentano protetti da un racconto affettuoso».

Sono i nonni ad avere il compito di passare tradizione e memoria? «Nell'ebraismo c'è un posto speciale per il racconto. Sabato scorso è cominciata Pesach, la Pasqua ebraica, che celebra e narra la fuga dall'Egitto. Siamo pochi, ma per noi ricordare il passato anche di quattromila anni fa è fondamentale; non sappiamo bene se l'Esodo sia davvero avvenuto, eppure da millenni ci sediamo a raccontare di generazione in generazione quando eravamo schiavi e ci liberammo, dando vita così al carattere di un popolo, alla spina dorsale degli ebrei».

In "Vedi alla voce: Amore", lei descrive la mente del bambino Momik impigliata tra i fantasmi della Shoah. Pensa che spetti a lei spiegare lo sterminio alle sue nipoti? Con i suoi figli come ha fatto? «In ambedue i casi ho voluto e voglio che sapessero. È stata un'esperienza troppo cruciale per il popolo ebraico, come potrebbero crescere senza conoscerla? Ma ho capito che va fatto rispondendo alle loro domande, stando attenti a non esporli troppo. L'importante è trovare il modo di spiegare come gli uomini possano essere stati così crudeli con i loro simili e cosa significhi questo per l'umanità e la sua capacità di essere brutale. In Israele tanti bambini vivono in prossimità con la morte, possono aver perso qualcuno in guerra: la sfida è importante, bisogna permettergli di chiedere senza paura, ricordando però di non impegnarli in qualcosa che non può essere contenuto, dando il primo posto alla speranza, al futuro e alla protezione che i genitori potranno sempre offrirgli».

Un'ultima domanda, sul Covid: durante la pandemia i nonni sono stati separati dai nipoti. Pensa che il virus abbia danneggiato i rapporti tra anziani e bambini? «Ha fatto dei danni, ma sono riparabili. Durante il lockdown ci vedevamo a 20 metri di distanza e per loro era inconcepibile. Un vento freddo colpiva le loro vite. E come sono stati felici quando abbiamo potuto riabbracciarci: è stata una sensazione di libertà che mi auguro possano provare al più presto anche gli italiani».

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