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La Repubblica Rassegna Stampa
25.02.2021 Che cos'è l'islamogoscismo?
Analisi di Bernard-Henri Lévy, Anais Ginori, la disinformazione di Tahar Ben Jelloun

Testata: La Repubblica
Data: 25 febbraio 2021
Pagina: 29
Autore: Bernard-Henri Lévy - Anais Ginori - Tahar Ben Jelloun
Titolo: «L’islamo-gauchisme sta conquistando le università - Soumission - Ma è un’invenzione per seminare paura e discordia»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 25/02/2021, a pag. 29-30, con il titolo "L’islamo-gauchisme sta conquistando le università", l'analisi di Bernard-Henri Lévy; con il titolo "Soumission", il commento di Anais Ginori; con il titolo "Ma è un’invenzione per seminare paura e discordia", l'analisi di Tahar Ben Jelloun.

Tahar Ben Jelloun sostiene che "islamogoscismo" sia un termine che manipola la realtà in un articolo in cui ancora una volta esprime tesi terzomondiste che fanno il gioco del terrorismo islamico perché ne nascondono la violenza. Bene ha fatto la ministra francese dell’Università e della Ricerca, Frédérique Vidal, a denunciare l'islamogoscismo nelle università, un'ideologia che unisce all'islamismo l'atteggiamento dottrinario e ideologico tipico della sinistra estrema, che in Francia è da sempre forte. Non stupisce che la ministra venga criticata da Ben Jelloun. Di tutt'altro livello le analisi di Bernard Henri-Lévy e Anais Ginori.

Ecco gli articoli:

Bernard-Henri Lévy: "L’islamo-gauchisme sta conquistando le università"

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Bernard-Henri Lévy

Naturalmente, la libertà accademica è sacra. Non è opportuno, ovviamente, che le autorità politiche si immischino nelle polemiche tra ricercatori e pretendano di fare da arbitri al loro posto. Ma quanta malafede, però, nel processo alla ministra dell’Università e della Ricerca, Frédérique Vidal, per essersi preoccupata del sostegno sempre più ampio che trova l’islamo-gauchisme nelle università francesi! Perché, alla fine, di cosa si tratta? L’islamo-gauchisme, senza dubbio, non è una "realtà scientifica". Ma, d’altra parte, è una realtà sociale e, in un certo senso, un dispositivo di pensiero. Nasce nella Gran Bretagna degli anni Novanta e Duemila, dalla sintesi tra vecchi trotskisti inconsolabili per la scomparsa del proletariato, giovani oppositori della "legge francese antihijab" e operai anti-Blair ostili alla guerra imperialista in Iraq. Si è sviluppato, in Francia, a partire dal forum di Saint-Denis dove i nostalgici del radicalismo di un tempo fraternizzavano con Tariq Ramadan; dalle "riunioni" rosso- brune degli "Amis du Monde diplomatique" dove era invitato Dieudonné; o ancora, piccoli rivoli che finiscono per provocare eventi reali, dalle manifestazioni di sostegno a Gaza nel luglio 2014, dove Jean-Luc Mélenchon e alcuni dei suoi, ritenendo che l’Islam sia decisamente «la religione dei poveri», suggellarono l’alleanza sfilando in corteo con dei simpatizzanti di Hamas che gridavano «morte agli ebrei». E si è arricchito, nel corso degli anni, di una serie di luoghi comuni provenienti, stavolta, dai campus americani e dalla loro "cancel culture" a base di "gender studies", di studi "intersezionali" e di parole d’ordine "decoloniali". Così, questo islamo-gauchisme ha provocato: 1. una strumentalizzazione dei francesi di origine musulmana, che sono diventati i fanti di una lotta "antisistema" che, il più delle volte, non gli appartiene; 2. il rafforzamento, al loro interno, delle correnti più retrograde, oscurantiste e antifemministe dell’Islam; e 3. l’indebolimento, in seno alla sinistra, delle tendenze rimaste fedeli all’eredità antitotalitaria dei dissidenti dell’Europa centrale, di Michel Foucault, di Claude Lefort e pochi altri. Poiché questo movimento attraversa tutto il campo sociale, non è illegittimo, allora, chiedersi in che misura le università, con il loro apparato di conoscenze, i loro mezzi, i loro ricercatori e le loro associazioni di studenti, contribuiscano, oppure no, alla sua legittimazione. La risposta, ancora una volta, sta ai ricercatori stessi. O, naturalmente, alla stampa, se ci si prende il tempo per svolgere l’indagine senza paraocchi o pregiudizi. Ma quello che sappiamo già è che una tragedia di Eschilo, Le supplici , è stata vietata alla Sorbona perché le "figlie di Danao" dovevano indossare delle maschere nere. E che a Lille-II delle autorità accademiche hanno censurato, tre anni dopo il suo assassinio, la messa in scena dell’ultima opera teatrale di Charb, ancora una volta accusata di islamofobia e blasfemia. E che il Cnrs ha eminenti ricercatori "decoloniali" che non fanno mistero, come Éric Fassin, direttore del dipartimento "Studi di genere" a Paris-VIII, della loro approvazione dell’uso del velo o della loro ostilità alla criminalizzazione delle molestie di strada per il fatto che stigmatizza i "razzializzati". E che troviamo un illustre direttore di ricerca, François Burgat, che non ha paura di affermare la sua convinzione ( Conspiracy Watch, 27 ottobre 2018) che la televisione francese è diventata una "telavivisione" quando si occupa del Medio Oriente; che c’è un bisogno urgente di promulgare «una legge repubblicana coraggiosa sulla separazione del Crif (Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche in Francia, ndt) e dello Stato»; o che le accuse di stupro contro Tariq Ramadan sono una manovra internazionale diretta contro il Qatar. Quello che sappiamo, inoltre, (François Rastier, Nonfiction.fr, 2 novembre 2020) è che il progetto Global Race, finanziato dall’Agence nationale de la recherche, e che dovrebbe lavorare sulle «riconfigurazioni del razzismo e del concetto di razza dal 1945 in poi», si può concludere in un’amichevole discussione tra uno dei suoi responsabili e la deputata Danièle Obono, le cui dichiarazioni indigeniste e antisioniste non si contano più. E infine, possiamo leggere su L’Obs, il 30 novembre 2018, un’inchiesta edificante in cui risulta che la facoltà di Scienze sociali di Strasburgo non ha temuto di coinvolgere nel suo master in "religioni, società, spazio pubblico" una militante islamista favorevole ai campi estivi riservati alle «vittime del razzismo di Stato», cioè, in parole povere, vietati ai "bianchi"; né quella di Tolosa si è risparmiata di invitare, a più riprese, Houria Bouteldja, di cui è ben noto il giudizio sugli occidentali (tutti «profittatori»), sull’omosessualità («una checca non è del tutto un uomo») o sulla Shoah («meno di un dettaglio»). Si tratta di casi sintomatici o marginali? È un’azione di retroguardia o ha un futuro brillante? Non lo so. Ma non c’è dubbio che uno spettro si aggiri per le università: quello dell’islamo-gauchisme. Che le università, luogo alto della contraddizione e del dibattito, non siano in grado di sottrarvisi da sole diventando non so quali territori perduti del pensiero critico mi sembra altrettanto evidente. Per questo, ripeto, è un bene che sia stata posta la domanda, che sia stata aperta la discussione e che tutti siano ora invitati ad andare a vedere di persona.
Traduzione di Luis E. Moriones

Anais Ginori: "Soumission"

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Anais Ginori

La Francia riesce come nessun altro paese a litigare sulle parole e il termine che in questi giorni incendia il dibattito intellettuale è "islamo-gauchisme". Usato per la prima volta dal sociologo Pierre-André Taguieff quasi vent’anni fa, citato anche nel romanzo di Michel Houellebecq, è un neologismo che indica un presunto sodalizio politico tra una parte della sinistra antirazzista e anticolonialista e gli ambienti islamici più radicali. Il termine, usato di solito dall’estrema destra, è stato ripreso qualche giorno fa dalla ministra dell’Istruzione superiore, Frédérique Vidal, secondo cui l’"islamo-gauchisme" «incancrenisce tutta la società e l’università non è impermeabile». Vidal ha annunciato di voler aprire un’inchiesta negli atenei, chiedendo al Centro nazionale della ricerca scientifica (Cnrs) di verificare «ciò che è ricerca accademica e ciò che è militante». Già a settembre, dopo l’attacco terrorista contro il professore Samuel Paty da parte di un giovane jihadista, il ministro dell’Istruzione Jean-Michel Blanquer aveva sostenuto che il presunto movimento intellettuale era molto radicato negli atenei francesi. Sulle pagine di Le Monde si era aperto un contenzioso tra alcuni docenti che davano ragione a Blanquer e altri che lo accusano di voler controllare o censurare la libertà accademica. Le nuove dichiarazioni di Vidal hanno riaperto la polemica, dividendo profondamente anche la maggioranza di governo. Lo stesso portavoce dell’esecutivo è stato costretto ad ammettere che si tratta di un "fenomeno marginale". Con un comunicato la Conferenza dei rettori delle università ha criticato la ministra, accusandola di usare un termine che non ha nessuna base scientifica e paventando il rischio di censura per importanti campi di ricerca sul razzismo e il colonialismo. Più di 600 docenti, tra cui l’economista Thomas Piketty, hanno firmato una petizione che denuncia una caccia alle streghe e chiede le dimissioni di Vidal. Altri intellettuali restano convinti che una parte della sinistra utilizzi le discriminazioni passate o presenti di cui sono vittime i musulmani in Francia per chiudere gli occhi sulle derive dell’islamismo nel rispetto di valori come la laicità o i diritti delle donne. Non è ancora chiaro se l’inchiesta interna chiesta da Vidal andrà avanti. «La libertà accademica e la libertà di ricerca devono essere difese ad ogni costo», ha precisato la ministra. «Quello che voglio sapere è se queste libertà non sono ostacolate».

Tahar Ben Jelloun: "Ma è un’invenzione per seminare paura e discordia"

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Tahar Ben Jelloun

In questo momento, ci sono due parole in Francia che fanno paura: "islamo- gauchisme". L’espressione occupa i media da più di una settimana, da quando il ministro dell’Università, Fréderique Vidal, ha dichiarato che «l’islamo-gauchisme è una cancrena nelle università in Francia». La doppia parola è infelice e soprattutto inappropriata. Porta in sé quanto basta per seminare discordia e, a più lungo termine, paura. La paura dell’Islam, naturalmente. L’islamismo, che è una deriva ideologica del fondamentalismo in nome dell’Islam, non appartiene né alla sinistra tradizionale né, tanto meno, all’estrema sinistra, al gauchisme. Sono due mondi diversi e perfino opposti. Uno è un totalitarismo nato dallo sviamento di una religione, l’altro è l’esasperazione di una lotta per una società non capitalista. Tra i due non c’è nessun collegamento, né una corrente che li unisca. L’unico elemento che li accomuna sarebbe l’estremismo combinato con l’intolleranza. Molti musulmani innocenti sono caduti sotto i proiettili del terrorismo in nome dell’Islam. Questo flagello ha afflitto e continua ad affliggere il mondo e l’Europa in particolare. L’islamismo è questo, una religione di cui alcuni individui si impadroniscono interpretandola secondo i loro disegni criminali, nascondendosi dietro testi non capiti o estrapolati dal loro contesto. Mescolare questo tentativo con un’ideologia militante di estrema sinistra è una grave manipolazione. Perché l’islamismo omicida è più simile a un’ideologia totalitaria come il fascismo, capace di passare all’azione commettendo degli assassinii in una società che rifiuta questo estremismo. Come mai l’espressione ha preso piede e si è diffusa quasi naturalmente negli ambienti politici che vanno da Jean-Michel Blanquer, ministro dell’Educazione Nazionale, a Frédérique Vidal e anche nei media? Visto dall’estero, questo rivela una sorta di ossessione per tutto ciò che riguarda l’I-slam. Ma, quando si vuole far presto, si usa un linguaggio flash, una caricatura di certe idee dove si fa appello al sentimento piuttosto diffuso di diffidenza, per non dire di odio, verso l’Islam. Non ci sono più sfumature, non c’è più riflessione. Non si tratta di difendere questa religione, ma di raggiungere un livello di indifferenza proprio di una laicità consapevole. Tutte le religioni hanno avuto le loro sette e le loro deviazioni. L’Islam non fa eccezione. Ma da lì a farne un pericolo che minaccia la repubblica, c’è una deriva di cui la Francia non ha bisogno. Sottesa a questa idea c’è l’invenzione di un nemico, rappresentato come una "macchina da guerra" lanciata contro la Francia, i suoi valori, la sua laicità e anche le sue istituzioni. E questa macchina partirebbe dalle università. Il governo ha chiesto al Cnrs (Centre National de la Recherche Scientifique) di indagare su ciò che sta accadendo nelle università. Ma è difficile fare un lavoro di ricerca scientifica su un concetto inventato da alcuni politici e ripreso da tutti i media. La confusione tra Islam e islamismo è frequente. Non c’è più alcun tentativo di correggerla. Alcuni politici cercano di non cadere in questa trappola. Ma sanno che ciò che la maggioranza dei francesi non sopporta è la religione musulmana. Una foto pubblicata recentemente sulle reti sociali mostra una cinquantina di donne, tutte velate di nero, con il burqa, che posano sulla esplanade del Trocadero con la Torre Eiffel in lontananza, tenendo un cartello: "La France de demain" (La Francia di domani). Dunque, tutte le donne di questo Paese saranno delle musulmane prigioniere di un’ideologia totalitaria. Il cliché è violento, ma la dice lunga sulle paure che stanno avvelenando l’idea che la gente si fa della religione musulmana. È ovvio che l’Islam, veicolato in questa maniera da una minoranza che lo usa per rifiutare i valori della repubblica, è sempre più sfigurato, caricaturale e, soprattutto, spaventoso. Questa paura, che è legittima, non viene dalla religione musulmana, ma dall’ignoranza che coltiva l’odio e il razzismo. Tuttavia, che cosa si può fare per liberare l’Islam da questo pantano? La stragrande maggioranza dei musulmani che vivono in Francia rimane in silenzio. Per pudore, per vergogna, perché non è abituata a scendere in piazza e a difendere le proprie idee. Nel frattempo, Al Qaeda e Daesh si stanno ricostituendo in territori piombati nel caos come la Libia, l’Iraq o la Siria. I soldati dell’ipotetico "Stato islamico" reclutano degli adolescenti. Li preparano ad andare in Occidente per colpire persone innocenti. Questa sventura sta colpendo, attualmente, il Mali e la Nigeria. La bandiera nera sventola su quelle terre in nome di un Islam così deviato da assomigliare a un programma di distruzione di massa che non ha nulla a che vedere con l’ideologia di sinistra, sia essa moderata o estremista.
Traduzione di Luis E. Moriones

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