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La Repubblica Rassegna Stampa
17.12.2020 Israele, spiragli di normalizzazione con il Pakistan
Commento di Sharon Nizza

Testata: La Repubblica
Data: 17 dicembre 2020
Pagina: 1
Autore: Sharon Nizza
Titolo: «Israele, spiragli di normalizzazione con il Pakistan»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA online, di oggi 17/12/2020, con il titolo "Israele, spiragli di normalizzazione con il Pakistan" l'analisi di Sharon Nizza.

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Sharon Nizza

Is trade between Pakistan and Israel possible? - Daily Times

DUBAI. Il quotidiano israeliano Israel Hayom ha rivelato ieri che “una delegazione diplomatica di un grande Paese asiatico musulmano ha visitato Tel Aviv due settimane fa”, nell’ambito dei contatti per un possibile avvio delle relazioni diplomatiche con Israele. Secondo quanto appreso da Repubblica da fonti che richiedono l’anonimato, si è trattato di una delegazione pachistana. Da quando è iniziata l’ondata di normalizzazione tra Israele e Paesi musulmani, il 13 agosto con l’annuncio degli Emirati Arabi Uniti, seguiti poi da Bahrein, Sudan e Marocco nell’arco di tre mesi, sono frequenti le voci su pressioni saudite su Islamabad affinché consideri la via diplomatica con lo Stato ebraico. L’erede al trono saudita, Mohammed bin Salman (noto come Mbs), che il mese scorso ha incontrato “segretamente” il premier israeliano Netanyahu in Arabia Saudita, pare stia tentando di “normalizzare la normalizzazione”, ossia testare la reazione dell’opinione pubblica del mondo musulmano, spingendo altri grandi Stati musulmani a procedere prima di Riad, che in quanto custode dei due luoghi Santi più importanti per l’Islam si trova in una posizione estremamente delicata. Sebbene sia nota l’esistenza di una cooperazione di intelligence e militare sottobanco tra Israele e Pakistan, la posizione ufficiale di Islamabad è che un accordo di normalizzazione non possa prescindere dalla risoluzione del conflitto israelo-palestinese. Così aveva ribadito dopo l’annuncio dell’accordo tra Israele ed Emirati, parlando allo stesso tempo di “uno sviluppo con implicazioni di vasta portata”. Non si placano le voci su nuovi Paesi che potrebbero unirsi all’ondata della normalizzazione che sta cambiando i giochi nello scacchiere mediorientale. Nei giorni scorsi gli Stati Uniti hanno annunciato una visita in Israele del vicepresidente Mike Pence a metà gennaio, in cui, secondo la stampa israeliana, è possibile verranno annunciati due nuovi Stati. In molti parlano di Oman e Indonesia, ma c’è anche chi guarda alle trattative per la riconciliazione in corso tra Qatar e Paesi del Golfo come un possibile segnale premonitore di un cambiamento di rotta anche su Israele.

Abu Mazen minaccia (e bluffa).
Abu Mazen

Si tratterebbe di un cambiamento radicale che impatterebbe direttamente la dinamica israelo-palestinese, in quanto a Doha risiede la leadership di Hamas all’estero. E proprio nella capitale qatariota si è recato lunedì il presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas (Abu Mazen), cercando una mediazione – dopo il fallimento di quella turca e poi egiziana - negli sforzi di riconciliazione tra le fazioni palestinesi, presupposto per la convocazione di nuove elezioni, che sarebbero le prime in 14 anni. Un altro sviluppo che avrà le sue ripercussioni sulle nuove dinamiche regionali è la nomina di ieri da parte del premier israeliano Netanyahu del nuovo direttore del Mossad, noto per ora solo come “D.” (il nome verrà rivelato una volta superato l’esame della commissione per le nomine governative). D. attualmente è il vice direttore dell’Agenzia di intelligence israeliana ed è stato raccomandato dal direttore uscente, Yossi Cohen. Cohen, considerato l’architetto delle nuove alleanze mediorientali, in vista del termine del suo mandato nei prossimi sei mesi, secondo la stampa israeliana starebbe valutando la discesa in campo nell’arena politica. Netanyahu, che lo considera uno dei suoi possibili eredi, vorrebbe inviarlo a Washington come prossimo ambasciatore israeliano, dove con le ottime relazioni bipartisan intrecciate nel corso di una carriera trentennale nei servizi, potrebbe dare un contributo fondamentale alla continuazione del percorso avviato con gli Accordi di Abramo anche durante l’amministrazione Biden. Netanyahu, che è solito annunciare nomine importanti all’ultimo momento, questa volta ha deciso di procedere con largo anticipo nell’eventualità che il Paese possa andare a elezioni anticipate a marzo e lui possa perdere, per la prima volta dal 2009, la maggioranza di governo. L’attuale coalizione di governo ha fino al 23 dicembre per cercare di trovare un compromesso. Se per allora non si sarà trovata una soluzione, il Parlamento israeliano si scioglierà automaticamente per mancata approvazione della legge di bilancio, portando il Paese alle quarte elezioni in meno di due anni.

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