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La Repubblica Rassegna Stampa
25.11.2020 Ecco la squadra di Biden: ma l'entusiasmo dei media è prematuro
Cronaca di Anna Lombardi

Testata: La Repubblica
Data: 25 novembre 2020
Pagina: 14
Autore: Anna Lombardi
Titolo: «Biden schiera il team: 'L’America è tornata e lavora con gli alleati'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 25/11/2020, a pag.14, con il titolo "Biden schiera il team: 'L’America è tornata e lavora con gli alleati' ", il commento di Anna Lombardi.

Joe Biden presenta la sua squadra, che i media italiani descrivono con toni entusiastici anche prima di vederla al lavoro. Era successo lo stesso quando venne eletto Obama la prima volta. Anna Lombardi non fa eccezione e anzi approfitta dell'occasione per attaccare ancora una volta il presidente uscente Trump. Aspettiamo i fatti per valutare quali e quanti cambiamenti in politica interna e soprattutto estera ci saranno da gennaio.

Ecco l'articolo:

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Anna Lombardi


Donald Trump, Joe Biden

NEW YORK — «L’America è tornata. Gli Stati Uniti vogliono sedere al capotavola del palcoscenico internazionale e così come ci opporremo agli avversari, lavoreremo sempre con gli alleati». Finalmente incoronato presidente degli Stati Uniti pure dalla General Services Administration - l’agenzia governativa che per tre settimane ha seguito le istruzioni di Donald Trump, rifiutando fino a lunedì sera di certificarne la vittoria - Joe Biden dice proprio così presentando ufficialmente il primo nucleo della sua squadra di governo dal suo quartier generale di Wilmington. I sei fedelissimi i cui nomi sono stati anticipati dalla stampa già nel weekend, dal Segretario di stato Tony Blinken al capo dell’intelligence Avril Haines. «Il mio team mi dirà quello che devo sapere, non quello che voglio sentire», ha detto il nominato capo della diplomazia. Mentre John Kerry, scelto come inviato presidenziale per il clima, ha sollecitato il mondo ad aumentare le ambizioni della lotta contro il cambiamento climatico: «L’accordo di Parigi non è abbastanza ». E pazienza se Donald Trump molla, ma non concede. Sì, lunedì ha finalmente dato il via libera all’inizio della transizione. Pressato, svelano i media americani, dal suo staff, stremato dagli inutili ricorsi in tribunale per contestare il voto. Offeso dall’establishment repubblicano infastidito dall’ostruzionismo senza futuro: come ha svelato il celebre giornalista del Watergate, Carl Bernstein, pubblicando su Twitter la lista dei 21 senatori – da Marco Rubio a Chuck Grassley – scontenti. Tradito pure da Stephen Schwarzman, l’amico a capo del gruppo finanziario Blackstone. E abbandonato dai repubblicani del Michigan – l’ultima spiaggia – che hanno certificato la vittoria del rivale in quello stato. Il presidente uscente, insomma, ammette che alla Casa Bianca ci sarà un nuovo inquilino: ma non lo onora, rilanciando insinuazioni e sospetti. Intanto la General Services Administration sta mettendo finalmente Biden nelle condizioni di lavorare. Sbloccando i 6,3 milioni di dollari stanziati dal Congresso per finanziare il passaggio di consegne. Aprendo le porte delle agenzie governative affinché i dem possano avviare l’agenda. Permettendo al Dipartimento di giustizia di avviare i nulla osta per i nuovi membri del governo. E consegnando a Biden quei briefing di intelligence, essenziali per prepararsi alle sfide nazionali e globali. Compresi i cruciali dettagli dell’operazione Warp Speed, velocità dalla luce, messa in piedi da Trump per affrettare il vaccino anti Covid. Giacché secondo un’inchiesta del sito premiato col Pulitzer ProPublica manca il piano per distribuirlo: l’amministrazione in carica ha sempre assicurato che se ne occuperà l’esercito, ma i militari, in realtà, provvederanno solo a consegnarlo alle autorità dei singoli stati che poi dovranno sbrigarsela da soli.

«Il mio team riflette il ritorno dell’America sulla scena internazionale, pronta a guidare il mondo, non a ritirarsi da questo» promette Biden. Ma qualche mugugno attraversa proprio dalle fila della sua campagna. Secondo Politico, nella squadra che lo ha accompagnato alla vittoria, c’è chi non ha gradito che le prime nomine siano andate ad ex membri dell’amministrazione Obama. «Non lo hanno aiutato quando serviva, si sono presentati tutti dopo», accusa, anonimamente, la fonte. Ma non è del tutto vero. Ad essere stati premiati per primi ci sono proprio i fedelissimi di Biden, veterani che hanno lavorato sì, nell’amministrazione Obama, ma ci sono approdati soprattutto grazie a lui e sono necessari perché conoscono bene la macchina. I vertici della sua campagna - Ron Klain, Jen O’Malley, Mike Donilon, Steve Ricchetti, - saranno tutti alla Casa Bianca.

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