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La Repubblica Rassegna Stampa
11.11.2020 Muore di Covid Saeb Erekat (Anp), da settimane era curato in Israele
Commento di Sharon Nizza

Testata: La Repubblica
Data: 11 novembre 2020
Pagina: 1
Autore: Sharon Nizza
Titolo: «Coronavirus: morto Erekat, storico capo negoziatore palestinese»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA online, con il titolo "Coronavirus: morto Erekat, storico capo negoziatore palestinese", il commento di Sharon Nizza.

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Sharon Nizza

È morto Saeb Erekat, uno dei più noti negoziatori di pace palestinesi - Il  Post
Saeb Erekat

Saeb Erekat, 65 anni, lo storico capo negoziatore palestinese e segretario generale dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp), è mancato questa mattina a Gerusalemme. Colpito dal Covid il mese scorso, era ricoverato nel riparto di terapia intensiva dell’Ospedale Hadassah Ein Kerem di Gerusalemme. La sua condizione era particolarmente a rischio in quanto aveva subito un trapianto polmonare tre anni fa, a causa di una fibrosi di cui soffriva da anni. Il 18 ottobre, un’ambulanza israeliana l’aveva prelevato, ancora cosciente, dalla sua casa di Gerico per condurlo all’Ospedale Hadassah, accompagnato dalla moglie e dai quattro figli. In meno di un giorno la sua condizione era degenerata, era stato intubato e da allora era in coma. Erekat fu scelto da Yasser Arafat all’inizio degli anni ’90 come volto internazionale della causa palestinese. La scelta ricadde su di lui per la padronanza dell’inglese, il profilo accademico e soprattutto per la sua affiliazione marginale all’epoca con l’Olp, del cui Comitato Esecutivo è diventato segretario generale solo cinque anni fa. Rappresentava il profilo più neutrale che la leadership palestinese di stanza a Tunisi potesse presentare nella delicata fase dell’inizio dei colloqui diretti con gli israeliani. Nato 65 anni fa ad Abu Dis, cittadina alla periferia est di Gerusalemme, allora occupata dalla Giordania, che nelle cartine negoziali dovrebbe costituire parte della futura capitale palestinese. Nel 1972 si trasferì negli Stati Uniti per gli studi universitari, completando poi un dottorato in Inghilterra nel 1983. Nelle elezioni palestinesi del ’96 e del 2006 era stato eletto parlamentare per la circoscrizione di Gerico, dove risiedeva. Negli anni ’80 ha insegnato all’Università An-Najah di Nablus ed è stato editorialista per il quotidiano Al Quds. La sua lunga carriera di negoziatore palestinese è iniziata con la Conferenza di Madrid del ’91, apripista del Processo di Oslo, passando poi per Why Plantation, Camp David, Taba, Annapolis, tutti i colloqui che hanno segnato l’interminabile strada per una risoluzione del conflitto israelo-palestinese. Nel 2011, aveva presentato le sue dimissioni a seguito di documenti trapelati dal suo ufficio e diffusi da Al-Jazeera, che mostravano come Erekat fosse pronto a fare concessioni di vasta portata a Israele su questioni delicate come Gerusalemme. Erekat aveva negato e successivamente aveva ritirato le dimissioni. Come frontman della diplomazia palestinese, viene oggi ricordato da tutto lo spettro politico israeliano, diviso sul suo contributo al dialogo. “Era l’archivio parlante del processo di pace” lo ricorda, a colloquio con Repubblica, Yossi Beilin, che, in quanto vice-ministro degli Esteri laburista all’epoca di Oslo, fece parte della controparte israeliana nel processo negoziale. “Era un abile negoziatore, in grado di offrire soluzioni creative. Anche se pubblicamente accusava Israele di ogni colpa, a porte chiuse non nascondeva la critica agli errori della leadership palestinese”. Di fronte allo stallo decennale dei negoziati tra israeliani e palestinesi, alcuni commentatori israeliani lo ricordano cinicamente come “una risorsa per Israele: ha bloccato tutte le trattative permettendo a Israele di andare avanti per la sua strada”. Il suo ricovero all’Ospedale israeliano Hadassah aveva suscitato molte critiche, sia da parte israeliana che palestinese. Appena ospedalizzato, vi era stata una protesta dell’organizzazione delle vittime del terrorismo di fronte all’ospedale: “Anche se non imbracciava il kalashnikov, la sua penna ha contribuito all’incitamento all’odio”, ci aveva detto Benny Perez, rimasto ferito in un attentato a Gerusalemme negli anni ’90. “Sosteneva il movimento del boicottaggio a Israele: che ipocrisia che abbia scelto proprio uno dei migliori ospedali israeliani quando si è trattato della sua salute!”, aveva aggiunto un abitante di Gerico il cui fratello è ricoverato all’Hadassah. “Per via della mancanza di coordinamento con Israele, l’Anp non concede le autorizzazioni per il trasferimento dei malati negli ospedali israeliani e soprattutto non ci rimborsa i costi, come è sempre stato. Lui invece ha potuto venire qui da privilegiato”. Sei mesi fa l’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) ha interrotto la cooperazione amministrativa e di sicurezza con Israele, alla luce del dibattito sulla possibile dichiarazione di sovranità israeliana su parte dei Territori palestinesi – a oggi non ancora implementata, come condizione fondamentale degli Accordi di Abramo tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein. In una delle ultime interviste internazionali, concessa a Repubblica a settembre poco prima della malattia, Erekat si era espresso duramente contro la normalizzazione con Israele di alcuni Paesi arabi. “Non hanno diritto di negoziare a nostro nome. Hanno minato la nostra posizione e premiato il governo israeliano più estremista di sempre. Devono smettere di utilizzare i palestinesi per giustificare un accordo che ha più a che fare con la rielezione di Trump che con la liberazione di Gerusalemme.” Nello stesso colloquio aveva smentito la possibilità di potersi candidare alla presidenza dell’Anp nell’epoca post Abu Mazen, perché troppo preso da problemi di salute (avrebbe dovuto affrontare un secondo trapianto polmonare a breve). Il presidente dell’Anp Abu Mazen ha annunciato tre giorni di lutto per la dipartita di “un fratello e un amico, un grande combattente di cui sentiremo la mancanza, specialmente nelle difficili circostanze che si trova ad affrontare la causa palestinese”.

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