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La Repubblica Rassegna Stampa
10.10.2020 Attentato 1982 alla sinagoga di Roma: la pista libica
Cronaca di Massimiliano Coccia

Testata: La Repubblica
Data: 10 ottobre 2020
Pagina: 15
Autore: Massimiliano Coccia
Titolo: «La nuova pista libica per l’attentato del 1982 alla Sinagoga di Roma»

Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 10/10/2020, a pag.15, con il titolo "La nuova pista libica per l’attentato del 1982 alla Sinagoga di Roma" la cronaca di Massimiliano Coccia.

In nome di Stefano Gaj Tachè. Difendiamo i bambini dall'odio

Il calendario ha fatto scoccare giusto ieri i trentotto anni dall’attentato alla sinagoga di Roma del 9 ottobre 1982: Stefano Gaj Taché, che fu ucciso quel giorno a due anni, oggi ne avrebbe quaranta. Cinque uomini lanciarono sulla folla tre bombe a mano, sparando raffiche di mitra: fu il più grave atto terroristico contro gli ebrei in Italia dal dopoguerra (si contarono 37 feriti), non è stata tuttavia ancora fatta luce su quei fatti. Abbiamo il movente – una ritorsione per l’invasione del Libano da parte di Israele - e un solo attentatore, Osama Abdel Al Zomar, condannato in contumacia. Ritardi e omissioni sui quali arrivano novità: i documenti riservati esaminati in esclusiva dall’ Espresso – il resoconto integrale sul sito del settimanale raccontano infatti nuove direzioni e gradi di responsabilità. Affiora una pista libica, il nome di Gheddafi, i palestinesi di Abu Nidal, mitragliette usate in altri attentati, nomi di tunisini mai entrati nelle carte processuali. Inediti pezzi del puzzle che vengono fuori dalla lettura dei documenti dell’archivio di Stato, desecretati nel 2014, che raccontano quei giorni. Salta agli occhi, leggendo le carte dei servizi di sicurezza, quanto sia stata sottovalutata la richiesta di incrementare la sorveglianza sul Tempio, avanzata già nell’inverno dell’82 dal Rabbino Capo Elio Toaff, anche prima dell’attentato, senza vittime, del 18 febbraio, alla sinagoga. La notizia è trasmessa solo il 26, con la dicitura: «Ritardata segnalazione per tardiva notizia». In quei mesi l’Europa è attraversata da episodi similari. Il 3 giugno la Brigata "Al Siffa" compie un attentato contro l’ambasciata israeliana a Londra; il 18 settembre a Bruxelles vengono feriti quattro fedeli. Ci sono le stesse armi: una mitraglietta "Massinoway W63" sovietica con la quale in Spagna, due anni prima, il palestinese Said Salman, della fazione "Abu Nidal", aveva ucciso l’avvocato Cotello per errore, al posto del presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche spagnole, Max Mazin. Nei documenti redatti dopo l’attentato del 9 ottobre a Roma si fanno, inoltre, i nomi di tunisini identificati davanti alla sinagoga e di ipotetici appartenenti al commando: non saranno mai perseguiti o ricercati. Così, la provenienza sovietica delle bombe a mano e delle mitragliatrici non sarà sufficiente per ricostruire la rete di provenienza delle armi. Appare inoltre chiara la sottovalutazione di quanto si muovesse nella zona grigia del terrorismo. Il 15 ottobre 1982 – sei giorni dopo l’attentato - al Centro di contro spionaggio del Sismi arriva una missiva in cui una fonte straniera avverte che la cellula "Abu Nidal" starebbe pianificando attentati contro sinagoghe, banche, aerolinee, scuole e personale di nazionalità israeliana o religione ebraica in Italia. Ma è l’ultimo documento reso pubblico ad aprire una pista poco battuta: una fonte internazionale dichiara infatti che l’attentato sia opera del Fronte Internazionale della Liberazione Palestinese di emanazione filo-libica. Scrive l’intelligence: «Il responsabile in Italia della suddetta organizzazione, Quader Muhammed, alcuni giorni orsono si sarebbe interessato ad obiettivi israeliani a Roma e a Milano, con riferimento alla sede e all’ubicazione dell’ambasciata e della sinagoga nella Capitale». Quader secondo il rapporto avrebbe alloggiato a Roma, nei giorni dell’attentato, in casa di Fathi Abed, agente dei servizi segreti libici. Sempre in quei giorni a Roma c’era anche Abu Yosef, esponente del Flp, pianificatore degli attentati terroristici in Europa e confidente di Gheddafi, che mai concederà l’estradizione di Osama Abdel Al Zomar, l’unico condannato.

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