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La Repubblica Rassegna Stampa
11.09.2020 Turchia: da Macron e dal sindaco di Istanbul parole chiare contro gli islamisti
Cronaca di Anais Ginori, Gianni Vernetti intervista il primo cittadino di Istanbul Ekrem Imamoglu

Testata: La Repubblica
Data: 11 settembre 2020
Pagina: 19
Autore: Anais Ginori - Gianni Vernetti
Titolo: «'La Turchia non è più un partner': Macron scuote il Mediterraneo - Il sindaco che sfida Erdogan: 'Istanbul città del coraggio è simbolo della democrazia'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi 11/09/2020, a pag.19 con il titolo "'La Turchia non è più un partner': Macron scuote il Mediterraneo", la cronaca di Anais Ginori; con il titolo "Il sindaco che sfida Erdogan: 'Istanbul città del coraggio è simbolo della democrazia' ", l'intervista di Gianni Vernetti al sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu.

Ecco gli articoli:

Libia scontro tra Macron e Erdogan - Corriere.it
Recep T. Erdogan, Emmanuel Macron

Anais Ginori: " 'La Turchia non è più un partner': Macron scuote il Mediterraneo"

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Anais Ginori

«Basta provocazioni, cominciate a dialogare». L’invito viene dal premier greco Kyriákos Mitsotákis ed è rivolto alla Turchia di Recep Tayyip Erdogan, convitato di pietra del vertice Med7. Riuniti per qualche ora in un albergo di Porticcio, stazione balneare nel Golfo di Ajaccio, i leader dei sette paesi europei affacciati sul Mediterraneo tentano di fermare l’escalation delle ultime settimane. Anche se il padrone di casa, Emmanuel Macron, ribadisce che la Turchia «non è più un partner» perché ha «comportamenti inaccettabili» il summit serve a mediare tra le posizioni e lanciare segnali di pace. «Le tensioni nella regione sono nocive per tutti», dice Giuseppe Conte che, dopo aver ribadito la solidarietà con Grecia e Cipro, chiama ad «affrontare alla radice la vera natura dei contenziosi per trovare soluzioni pragmatiche condivise ». Anche il premier spagnolo Pedro Sanchez lancia un appello a Erdogan: «Scommettiamo su un dialogo autentico». Dopo la dimostrazioni di muscoli, a cui la Francia ha partecipato schierando navi da guerra e caccia da combattimento, si cerca in extremis una via d’uscita a meno di due settimane dal vertice europeo che dovrà affrontare le recenti tensioni nel Mediterraneo orientale. I leader europei non avranno «altra scelta» se non quella di imporre «sanzioni significative se la Turchia si rifiuterà di sentire ragione», ha insistito il premier greco. Anche il presidente cipriota Níkos Anastasiádis ha invitato l’Ue a «esaminare tutti gli strumenti di risposta» contro le continue violazioni della Turchia nelle sue acque territoriali. «Evitiamo un conflitto catastrofico», ha sottolineato Anastasiádis. La mediazione è affidata in queste ore alla Germania, presidente di turno, con il ruolo di pontiere del ministro degli Esteri Heiko Maas. I toni continuano a essere forti. Ieri il ministero degli Esteri turco ha definito «arroganti» le dichiarazioni di Macron che, ha aggiunto, «mettono in pericolo gli interessi» dell’Ue. Il summit in Corsica ha mostrato diverse sfumature tra i vari leader d’accordo però sulla necessità di negoziare con Erdogan prima che sia troppo tardi. «Vogliamo evitare un’escalation ma non si significa restare passivi », ha spiegato il leader francese che punta a costruire una “pax mediterranea” che incrocia dossier come la spartizione dei giacimenti energetici ma anche la guerra in Libia e il dossier immigrazione. Molti paesi europei hanno dubbi sulla minaccia delle sazioni, temendo che Erdogan faccia leva sui flussi migratori. Nei «giorni terribili» che sta vivendo la Grecia, come ha detto Macron, i paesi del Med7 sono tornati a chiedere maggiore solidarietà all’Ue.

Gianni Vernetti: "Il sindaco che sfida Erdogan: 'Istanbul città del coraggio è simbolo della democrazia' "

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Gianni Vernetti

Ekrem İmamoğlu - Wikipedia
Ekrem Imamoglu

«Istanbul è la città del coraggio democratico in Turchia». Così il sindaco Ekrem Imamoglu, 50 anni, riassume la sua sfida civile e politica in questa intervista esclusiva a Repubblica , ribadendo il carattere multietnico della metropoli sul Bosforo e usando sulla trasformazione di Santa Sofia in moschea un linguaggio che lo distingue dal presidente Erdogan. D’altra parte Imamoglu ha vinto lo scorso anno le elezioni comunali guidando una coalizione fra il partito repubblicano CHP (di centrosinistra) e una lista di forze civiche e secolari che sorprese Ankara. Dopo pochi giorni la sua elezione venne annullata per un ricorso presentato dal partito di Erdogan e accolto dalla magistratura. Ma tre mesi dopo ha rivinto in modo schiacciante le elezioni, diventando un simbolo della lotta per la giustizia e la democrazia in tutta la Turchia. E la sua sfida continua.
Santa Sofia è un simbolo della coesistenza le differenze culture e religioni della città di Istanbul. Qual è la sua opinione sulla recente decisione del presidente Erdogan di trasformarla in moschea? «Mi lasci dire che, in base alla mia esperienza personale, ogni volta che sono entrato a Santa Sofia ho avuto la sensazione di trovarmi in una moschea. Con ogni probabilità un mio concittadino cristiano o un turista in visita a Istanbul avrà invece la sensazione di trovarsi in una chiesa. Spero che questo fatto non cambi mai. Istanbul è una città globale da migliaia di anni. Per questo motivo ogni decisione che concerne Istanbul dovrebbe essere presa con particolare sensibilità e delicatezza».
Ma la città di Istanbul può essere ancora considerata un ponte fra Oriente e Occidente? «Istanbul è la più grande città d’Europa con oltre 16 milioni di abitanti, una città globale, molto spesso definita “capitale del mondo”. Una città con una storia e un’identità cosmopolita, fatta di tolleranza, apertura alle novità, rispetto nei confronti delle altre culture e religioni. Questo è il patrimonio culturale che ereditiamo dai nostri avi. E questo è anche il nostro impegno oggi. Ed è anche per questo che abbiamo candidato la città di Istanbul a ospitare le Olimpiadi del 2036».
Istanbul è stata per secoli un crocevia di culture e religioni: Islam, Cristianesimo ed Ebraismo hanno convissuto a lungo con buoni livello di integrazione. Resta un luogo di incontro fra culture diverse? «Istanbul possiede una ricchezza storica senza pari. Anche se la composizione demografica può mutare nel tempo, le sue chiese, moschee, sinagoghe, mura, cisterne, mercati e palazzi sono la testimonianza eterna della sua ricchezza e diversità culturale. Pensi al quartiere di Galata: già 1700 anni fa, ai tempi dell’impero romano d’Oriente, era un luogo d’incontro, dove per secoli uomini e donne di oltre 50 nazionalità diverse, tra cui ovviamente genovesi e veneziani, hanno liberamente lavorato e convissuto. Istanbul è il luogo in cui Oriente e Occidente si incontrano».
Qual è la sua opinione sul progetto del nuovo Canale di Istanbul annunciato dal Presidente Erdogan e dal governo centrale che unirà il Mar Nero con il Mare di Marmara? «La mia amministrazione è fortemente contraria a questo progetto che crediamo possa avere effetti catastrofici per la città di Istanbul. E’ un progetto sbagliato che rischia di far perdere alla città molte delle sue risorse di approvvigionamento idrico. Non è un progetto voluto dai cittadini di Istanbul, ma è imposto dal governo centrale e da pochi gruppi economici con intenti chiaramente speculativi».
Lei è stato eletto due volte a sindaco in pochi mesi e le elezioni locali di Istanbul sono state una grande dimostrazione di vitalità democratica. La sua opinione sul futuro della democrazia in Turchia? «Definirei la nostra esperienza come un caso di forte “coraggio democratico”. Il mio desiderio è quello di mettere in pratica in ogni campo tutti gli elementi costitutivi della democrazia. La democrazia sta attraversando un periodo difficile nel nostro paese come anche nel resto del mondo. Tocca a noi cittadini proteggere i valori di questo sistema che ha come fondamento il rispetto dell’essere umano».

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