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La Repubblica Rassegna Stampa
27.07.2020 Bernard-Henri Lévy sotto attacco in Libia: 'Cane ebreo!'
Cronaca di Vincenzo Nigro

Testata: La Repubblica
Data: 27 luglio 2020
Pagina: 17
Autore: Vincenzo Nigro
Titolo: «Bernard-Henri Lévy sotto tiro in Libia: 'Via di qui cane ebreo'»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 27/07/2020, a pag.17, con il titolo "Bernard-Henri Lévy sotto tiro in Libia: 'Via di qui cane ebreo' ", il commento di Vincenzo Nigro.

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Vincenzo Nigro

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Bernard-Henri Lévy

Nel 2011 il filosofo Bernard-Henri Lévy, 71 anni, uno dei polemisti più conosciuti in Europa, era stato in prima linea nel mobilitare l’opinione pubblica francese sulla Libia. Bisognava sostenere l’operazione politica e militare messa in piedi da Nicolas Sarkozy per rovesciare Muhammar Gheddafi. Dopo il 2011 per anni BHL, come è noto, si era quindi trasformato agli occhi dei libici nel primo poeta, cantore e protettore internazionale della rivoluzione. Ma in Libia le cose sono cambiate. Oggi la Francia nell’Ovest del Paese non è più la paladina dei rivoluzionari, ma la nazione che con un doppiogioco politico-militare ha sostenuto il generale Khalifa Haftar nei 14 mesi di assedio a Tripoli. E Bernard-Henri Lévy ha pagato sulla sua pelle questa nuova ostilità: sabato è atterrato con un volo privato a Misurata. Con un corteo di auto del ministero dell’Interno ha provato ad andare a Tarhuna. Voleva vedere le fosse comuni, per testimoniare l’eccidio compiuto da Haftar, decine e decine di miliziani, di civili, donne e bambini uccisi e seppelliti tutti insieme, sotto un metro di sabbia. Ma una milizia locale, non informata della sua visita, lo ha bloccato, ha affrontato la scorta che il misuratino Fathi Bishaga, ministro dell’Interno, gli aveva assegnato e lo ha rimandato indietro. Sparando in aria e gridando offese di ogni tipo, fra cui «cane ebreo». BHL non si è perso d’animo e ha raccontato la sua avventura su Twitter: «Oggi 25 luglio. Campo di sterminio a Tarhuna. Questa città ha subito il martirio #Khadafi. 47 cadaveri, compresi i bambini, le mani legate dietro, sono stati recentemente ritrovati in una fossa: hanno subito il martirio da parte delle milizie di #Haftar. Il mio dolore. La mia rabbia. Solidarietà con #Tarhuna ». «L’intimidazione e la violenza non mi impediranno di fare il mio lavoro - dice a Repubblica - ora tutti possono rendersi conto dei metodi che usano le milizie pro-Erdogan». La visita non prevista aveva innescato qualcosa che nella Libia delle mille milizie è assolutamente normale: non c’è una autorità nazionale centrale, neppure nelle due singole parti in cui è diviso il Paese, quella di Haftar e quella del governo di Tripoli. Per cui dopo la protesta della milizia di Tarhuna, le varie fazioni che insieme difendono il governo tripolino di Fayez Serraj si sono divise: il sindaco di Misurata ha attaccato BHL e indirettamente la scelta del suo concittadino Bishaga di dargli una scorta. Da Tripoli anche il presidente del Consiglio di Stato (Senato) Khaled Mishri ha criticato la visita. E alla fine lo stesso Consiglio presidenziale, la presidenza del governo, ha detto che la visita non era autorizzata. Levy avrebbe avuto come riferimento in Libia il solo Bishaga, oggi forse l’uomo più forte nel Paese ma che ha rivali nel suo stesso campo. Un particolare importante: la milizia che ha fermato il francese è la "Najji Brigade", una formazione locale guidata da Mohammed Najji. Sono parte di una tribù che ha sofferto decine di morti a causa di un’altra brigata tribale, quella dei quattro fratelli Kaniat, che avevano aperto le porte di Tarhuna ad Haftar. I Najji hanno ancora il sangue agli occhi, i loro morti sono fra quelli delle fosse comuni. E proprio a Tarhuna sono stati trovati i missili che Parigi aveva fatto arrivare ad Haftar con la mediazione degli Emirati. Questo può spiegare la loro reazione contro l’ospite francese.

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