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La Repubblica Rassegna Stampa
04.07.2019 Albert Einstein sionista
Commento di Gabriella Greison

Testata: La Repubblica
Data: 04 luglio 2019
Pagina: 10
Autore: Gabriella Greison
Titolo: «Così Einstein diventò amico di Israele»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA - SCIENZE di oggi, 04/07/2019, a pag. 10, con il titolo "Così Einstein diventò amico di Israele", il commento di Gabriella Greison.

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Gabriella Greison

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Albert Einstein

Gerusalemme, Hebrew University. Science Campus, secondo stabilimento sulla destra. Edmond J Safra, Givat Ram. Quando entri nel giardino attorno a cui sono raccolti tutti gli edifici più grandi di questo enorme complesso universitario, ci metti un po' per orientarti. Tutto è uguale ogni cinquanta metri, tutto si ripete identico, stessi colori alternati (pochi, nero e grigio), stesse porte e finestre in alluminio anodizzato, stesse camminate di chi si sposta da un palazzo a un altro. Tutto molto decadente. Per fortuna c'è una statua bellissima. è la statua più grande al mondo di Albert Einstein. E un po' nascosta, ma se chiedi ai ragazzi, loro sì che sono felici di accompagnarti, per prenderti il telefonino e farti una foto. E un Einstein ormai adulto, non in posa, ma in procinto di andare da qualche parte. Qui, alla Hebrew University, è presente il suo più importante archivio: 80.000 documenti. Ma Einstein non ci ha mai messo piede. La cosa mi incuriosisce, faccio il viaggio. Dedico la mia ricostruzione al suo percorso israeliano e il perché siano conservati qui tutti questi materiali. Einstein non riteneva se stesso G Così Einstein diventò amico di Israele Viaggio a Gerusalemme, fra gli ottantamila documenti del più grande archivio a lui dedicato. Ecco perché lo scienziato amò quel paese. Tanto che stava per diventarne il presidente ebreo dal punto di vista religioso, ma soltanto culturale. A 13 anni (nel 1892) osserva le regole della Kasherut, cioè mangia solo certi cibi, anche se la sua famiglia non lo fa. Non fa il Bar Mitzvah, cioè il rituale in cui un bambino ebreo raggiunge l'età della maturità e diventa responsabile per sé stesso nei confronti della Halakhah, la legge ebraica, per raggiungere la coscienza del distinguere il bene e il male. E la cosa pare finire lì. Intorno ai 40 anni (anni 20), cresce il movimento sionista, e in parallelo dilaga l'antisemitismo europeo, e l'Organizzazione Sionistica Mondiale, presieduta da Chaim Weizmann, si rivolge ad Einstein, e gli chiede di partecipare ad una raccolta fondi. Einstein accetta. Un anno più tardi, decide di visitare la Palestina (all'epoca era sotto gli inglesi, il 1967 era lontano), e ci rimane quasi due settimane: quella fu l'unica occasione in cui Einstein mette piede in questa terra. Nel 1952 (Einstein ha 73 anni) Chaim Weizmann muore, e il primo ministro David Ben-Gurion gli offre la carica di secondo presidente dello stato d'Israele. Einstein rifiuta con una lettera a Ben-Gurion: "Sono commosso per quanto mi viene proposto dal nostro Stato d'Israele, allo stesso tempo sono triste e mi vergogno per non poter accettare. Ho trascorso tutta la mia vita ad occuparmi di problemi oggettivi, al punto che scarseggiano in me la naturale attitudine e l'esperienza per affrontare opportunamente le persone ed esercitare funzioni ufficiali". In occasione del settimo anniversario della nascita dello Stato Ebraico, nel 1955, le tv americane chiedono ad Einstein di pronunciare un discorso in merito. Una settimana prima del discorso, il 18 aprile, muore. Quel discorso ora si trova qui nell'archivio, insieme alle motivazione sul perché avrebbe lasciato a loro il suo materiale. "Mi sento vicino a voi", dice. A marzo scorso, per i suoi 140 anni dalla nascita, dall'Archivio aprono nuovi documenti, oggi la lettura di queste carte è un privilegio assoluto. Peccato, però: l'accoglienza nell'Archivio, se sei donna e sei giovane, è faticosa. Una delle frasi che ripetono è: "impossibile trovare qualcosa di nuovo, è già stato scritto tutto sudi lui". Nessun aiuto, anzi. Se cambi argomento, ecco un'altra frase: "sta per uscire un mio nuovo libro su questo". Certo. Qui, nell'edificio del Science Campus di Hebrew, le donne sono tutte segretarie, e se hanno una spilletta sulla giacca c'è scritto solo il nome di battesimo, senza il cognome, a differenza degli uomini. Qui tutto è lasciato andare verso il passato più lontano. E infatti Einstein, nella statua che lo ritrae, sta andando via.

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