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La Repubblica Rassegna Stampa
07.03.2019 'Sconfiggere Netanyahu è importante per le sinistre di tutto il mondo' - le parole di Ayman Odeh, leader arabo-israeliano
Lo intervista,compiacente, Davide Lerner, commenti di Vincenzo Nigro, Federico Rampini

Testata: La Repubblica
Data: 07 marzo 2019
Pagina: 14
Autore: Vincenzo Nigro - Davide Lerner - Federico Rampini
Titolo: «Netanyahu sempre più a destra: 'Con lui chi incita al razzismo' - 'Mai una stagione così buia per le minoranze del Paese' - E la deputata Omar divide i Democratici sull’antisemitismo»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 07/03/2019, a pag.14 con il titolo "Netanyahu sempre più a destra: 'Con lui chi incita al razzismo' " il commento di Vincenzo Nigro; con il titolo 'Mai una stagione così buia per le minoranze del Paese', l'intervista di Davide Lerner a Ayman Odeh, leader arabo-israeliano; con il titolo "E la deputata Omar divide i Democratici sull’antisemitismo", il commento di Federico Rampini.

A destra: Benjamin Netanyahu si rivolge a tre deputati arabi-israeliani alla Knesset (Ayman Odeh è il primo a sinistra)

Repubblica attacca frontalmente Benjamin Netanyahu negli articoli che riproduciamo di seguito. Vincenzo Nigro dipinge la strategia elettorale di Netanyahu come "estrema" perché "sempre più a destra", tanto da "incitare al razzismo". Il leader arabo-israeliano Ayman Odeh intervistato da Davide Lerner, invece, afferma che "il sionismo vuol dire regime militare, espropriazione delle nostre terre". Ma nonostante queste menzogne, il giornalista non ribatte e accetta senza discutere, anzi, condividendole, le esternazioni di Odeh. Federico Rampini, infine, ripulisce l'immagine della deputata americana di origine somala Ilhan Omar, definita "icona di una società multietnica, multiculturale, capace di integrare gli immigrati", mentre invece è responsabile di esternazioni antisemite per colpire l'Aipac.
L'arrivo del nuovo direttore a Rep punta al recupero dei lettori perduti a sinistra, specialmente gratificandoli con paginate come questa, confezionata con una evidente cura.

Ecco gli articoli:

Vincenzo Nigro: "Netanyahu sempre più a destra: 'Con lui chi incita al razzismo' "

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Vincenzo Nigro

Benjamin Netanyahu si gioca tutto nelle elezioni del 9 aprile. Soprattutto lavora per essere primo ministro di Israele per la quinta volta. Ma è in difficoltà. La settimana scorsa è stato incriminato in 3 inchieste giudiziarie (frode e corruzione le accuse). Viene sfidato da un nuovo partito, “ Blu e Bianco”, guidato da 3 generali e da un ex presentatore televisivo. Il premier conta però nelle sue mille risorse e combatterà fino in fondo. Per questo non ha rinunciato a una mossa politica estrema: un’alleanza con il mini-partito della destra israeliana, quel “Potere Ebraico” erede del rabbino Kahane che molti commentatori di sinistra classificano come “giudeo-fascista”. I capi di questo partito saranno candidati in una nuova lista di estrema destra che Netanyahu ha contribuito a creare: ieri, dopo molte polemiche, sono stati ammessi alle elezioni dalla Commissione elettorale nazionale. Nella lista ci saranno quindi anche Michael Ben- Ari e Itamar Ben-Gvir. Il procuratore generale di Israele, quell’Avichai Mandelblit che la settimana scorsa aveva annunciato i 3 atti d’accusa contro Netanyahu, aveva chiesto alla Commissione di escludere almeno Ben Ari. Le sue dichiarazioni, i discorsi, i video su YouTube sono secondo la procura atti di puro incitamento al razzismo, all’odio etnico. Odio contro i palestinesi, che da sempre i sostenitori di “Potere Ebraico” e del Kach di rabbi Kahane vogliono espellere in massa dai territori occupati. Dopo la decisione della Commissione elettorale è previsto un ultimo grado di giudizio, una decisione finale della Corte suprema a cui ricorreranno alcuni deputati della sinistra israeliana. Ma il danno per Israele ormai è stato fatto: Netanyahu ha sdoganato i razzisti di “ Potere Ebraico”. Ieri i deputati schierati contro le due candidature sono arrivati a scontrarsi verbalmente in maniera molto dura contro i sostenitori di Potere Ebraico. Issawi Freji, un parlamentare arabo- israeliano di Meretz, ha detto che «Israele potrebbe vedere alla Knesset un deputato che nel suo studio tiene appesa la foto di un assassino». Freji si riferisce alla foto che Ben- Gvir tiene nel suo ufficio, quella di Baruch Goldstein, il terrorista ebraico che uccise 29 palestinesi 25 anni fa in un attacco a una moschea di Hebron. Da allora ogni anno qualcuno dei dirigenti di Kach e poi di Potere Ebraico celebra Goldstein con una macabra cerimonia sulla sua tomba. Goldstein era un seguace del rabbino Kahane, e negli anni Noventa il movimento di Kahane fu dichiarato “ terrorista” perfino dalle autorità americane. I suoi eredi oggi continuano ad utilizzare un linguaggio violento; Ben Ari dice che «chi solo si azzarda a parlare contro gli ebrei non merita di vivere», come dire che va ucciso. Ben- Gvir ieri si è difeso dicendo che «il rabbino Kahane era un grande uomo». Netanyahu ha mediato l’intesa tra “ Potere Ebraico” e “ Focolare ebraico”. I seguaci di Kahane potrebbe eleggere al massimo uno, forse due deputati alla Knesset. In verità ci sono già stati deputati di Kahane al Parlamento. Il problema è che ai suoi tempi un premier del Likud come Yitzhak Shamir usciva dal Parlamento quando parlavano i kahanisti. Oggi Netanyahu, se vincerà le elezioni, li porterà anche al governo: ha promesso loro almeno un ministero.

Davide Lerner: 'Mai una stagione così buia per le minoranze del Paese'

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Davide Lerner

«Il potere della destra è in pericolo. Gli elettori arabi si stanno recando in massa ai seggi. Le Ong di sinistra ce li portano con gli autobus. È allarme rosso! Uscite e votate il Likud. Col vostro aiuto, e con l’aiuto di Dio, salveremo Israele». L’ultima legislatura non era cominciata sotto i migliori auspici per i quasi due milioni di arabi con cittadinanza israeliana: il video diffuso su Facebook a poche ore dalla chiusura dei seggi da Benjamin Netanyahu, efficace espediente per mobilitare gli elettori di destra, li trattava alla stregua di una quinta colonna, nemico interno dello Stato ebraico. Era il 2015. Non meglio l’epilogo: con la legge su Israele stato-nazione degli ebrei, entrata in vigore la scorsa estate, i palestinesi di Israele si sono risvegliati cittadini di serie B, il loro arabo spogliato dello status di lingua ufficiale. E infine l’accordo di Netanyahu con gli oltranzisti di destra. Ecco allora che Ayman Odeh, leader dei partiti arabi di Israele di cui non è riuscito a scongiurare una scissione in vista delle elezioni del 9 aprile, teme il diffondersi nel suo elettorato alienato dell’antico germe dell’astensionismo.

Come pensa di convincere gli elettori arabi ad andare a votare? «Per prima cosa ho adottato lo slogan razzista di Netanyahu, nel 2015, facendolo mio: invito gli elettori arabi a recarsi ai seggi “in massa”. Allora funzionò per lui, questa volta spero di avvantaggiarmene io (ride, ndr.). Il pubblico arabo al momento vede Netanyahu e Benny Gantz come la stessa cosa, politici analogamente ostili, e tende quindi a disinteressarsi delle elezioni. Ma i nostri elettori devono capire che abbattere il governo Netanyahu è una priorità assoluta: mai, dal 1948 ad oggi c’è stato un governo così ostile e razzista nei confronti della minoranza araba».

Che cosa la preoccupa più di tutto di un eventuale nuovo esecutivo Netanyahu? «Netanyahu è protagonista di due gravi processi che pongono questioni esiziali. Il primo è il cosiddetto “accordo del secolo” di Donald Trump, che con la sua parzialità metterebbe fine a qualsiasi speranza di risolvere il conflitto israelo-palestinese. Il secondo è la fascistizzazione interna dello Stato di Israele. Come ho detto, malgrado tutti i governi di Israele abbiano discriminato la minoranza araba, a parte forse il secondo governo Rabin e quello di Ehud Olmert, non si era mai arrivati a una situazione grave come quella di oggi. Non mi faccio illusioni su Gantz, l’ex generale che si vanta delle morti cagionate a Gaza e promette di “rivedere” la legge sullo stato nazione, mentre noi vorremmo cancellarla. Ma nulla è peggio di Netanyahu: sconfiggerlo sarebbe importante per le sinistre di tutto il mondo, visto che ormai è divenuto punto di riferimento delle destre a livello internazionale».

Voi rifiutate le accuse di Netanyahu secondo cui vorreste distruggere lo Stato di Israele, eppure vi dichiarate antisionisti. «Certo, per noi il sionismo è sinonimo della Nakba, della tragedia del 1948. Vuol dire regime militare, espropriazione delle nostre terre. Non possiamo accettare che il diritto all’autodeterminazione nazionale in questo Paese, il nostro Paese, venga attribuito esclusivamente al popolo ebraico, come stipula la legge sullo stato-nazione. Del sionismo rifiuto anche l’idea che gli ebrei non possano vivere insieme ad altri, come se l’antisemitismo fosse un male inevitabile ed imperituro. Il mio partito riunisce esponenti arabi ed ebrei: spero che un giorno questo possa diventare la regola. Noi siamo pronti».

Federico Rampini: "E la deputata Omar divide i Democratici sull’antisemitismo"

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Federico Rampini

Quando la sinistra sembra lanciata verso la rivincita, sceglie di spaccarsi. Un copione ben collaudato si sta ripetendo sulla collina del Campidoglio: quello di Washington. La faida interna che divide la maggioranza democratica alla Camera riguarda Israele e l’antisemitismo. Già per due volte da quando il nuovo Congresso si è insediato a gennaio, il gruppo parlamentare guidato da Nancy Pelosi litiga e si lacera sul comportamento di uno dei suoi membri. Nell’occhio del ciclone c’è la neodeputata Ilhan Omar, uno dei volti nuovi della sinistra, icona di una società multietnica, multiculturale, capace d’integrare gli immigrati. La Omar ha 37 anni, è nata a Mogadiscio in Somalia, ha acquisito la cittadinanza Usa, ed è stata eletta in un collegio del Minnesota. È una delle due prime donne islamiche che siedono al Congresso. Rappresenta una novità anche per il look, visto che porta sempre il velo. Ma per ben due volte ha creato scandalo, attaccando quella che lei definisce l’interferenza nella politica interna americana di una nazione straniera, Israele. Omar ha accusato l’American Israel Public Affairs Committee (Aipac), la più importante lobby pro-israeliana, di influenzare pesantemente la politica estera di Washington, usando la pressione dei finanziamenti elettorali. It’s all about Benjamin, disse. « Tutto ruota attorno a Benjamin»: la battuta non si riferiva a Netanyahu bensì a Benjamin Franklin la cui effigie appare sulle banconote da cento dollari. La frase fu condannata come un’espressione di anti-semitismo, l’allusione allo stereotipo degli ebrei che esercitano il potere del denaro. Omar fu costretta a scusarsi. Ben presto tornò a ribadire le sue accuse contro l’Aipac. La Pelosi, e la maggioranza dei democratici, hanno messo in cantiere una mozione per censurare l’antisemitismo, che nella prima stesura conteneva un’esplicita condanna di Omar. L’ala sinistra del partito si è ribellata e Alexandria Ocasio-Cortez solidarizza apertamente con Omar. La mozione è stata emendata includendo una condanna dell’islamofobia. Ancora non si sa in quale versione passerà. La rissa non accenna a placarsi, e rischia di mettere in ombra le altre iniziative della nuova maggioranza alla Camera.

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