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La Repubblica Rassegna Stampa
28.12.2018 Repubblica liscia il pelo agli ayatollah
Ci pensa Vanna Vannuccini

Testata: La Repubblica
Data: 28 dicembre 2018
Pagina: 12
Autore: Vanna Vannuccini
Titolo: «Impossibile vivere con le sanzioni»

Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 28/12/2018, a pag.12 con il titolo "Impossibile vivere con le sanzioni" il commento di Vanna Vannuccini

Raccontare l'Iran, coinvolgere il lettore attraverso storie personali, fargli dimenticare di chi è la responsabilità se la crisi economica che il paese sta attraversando è da addebitarsi al regime degli hayatollah, che ha investito miliardi di dollari per destabilizzare il Medio Oriente invece di provvedere al benessere del paese. Un reportage ignobile, non l'unico.

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Al Sole24Ore è riapparso Ugo Tramballi con una analisi  anti-America, evidentemente sollecitata da chi, all'interno di Confindustria, guarda più ai danè oggi piuttosto che al futuro dell'Europa democratica. Anche Vannuccini rimpiange Obama, che aveva tradito gli ideali democratici sostituendoli con il via libera all'arma nucleare a disposizione dell'Iran. Degni rappresentanti della fine dell'Occidente.

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Vanna Vannuccini

Hamed ha due passioni: l'insegnamento — è professore di fotografia all'Istituto di Belle Arti dell'Università di Teheran, e raccontare il suo Paese dando voce ai bambini attraverso la fotografia. Colleziona vecchie foto di famiglia che espone accanto alle fotografie fatte dai bambini ai quali per almeno sei mesi ha insegnato a fotografare, e soprattutto a vedere i luoghi dove abitano. Ma da quando è crollato il rial, la moneta iraniana, il suo ultimo lavoro è fermo. Il prezzo dei rullini da distribuire ai ragazzi è quintuplicato da agosto e il modesto budget del progetto non basta più. Hamed è come tanti iraniani vittima della decisione di Trump di affondare con le sanzioni l'economia iraniana. Le storie di sofferenza, di perdita di lavoro, di fallimenti sono infinite: Mohsen produceva con successo creme di bellezza.  Sperava di non essere toccato dalle sanzioni perché usava soltanto sostanze prodotte in Iran, ma non aveva calcolato che i contenitori per le creme, importati dall'estero, costano quattro-cinque volte di più e riversare sulle acquirenti questo costo non può perché non potrebbero più comprare. Ha continuato a lavorare finché aveva scorte, poi ha chiuso. E i suoi 40 operai sono senza lavoro. Mohammad, che ora fa il tassista di Snap (l'Uber iraniano), fino a qualche settimana fa lavorava in un atelier per la doratura delle cornici di legno, oggi chiuso: le vernici venivano importate e il loro prezzo era drasticamente salito. Dalle sanzioni dovrebbero essere esclusi almeno i medicinali e altri prodotti indispensabili. Ma il modo in cui gli americani hanno formulato le "esenzioni umanitarie" è così ambiguo che molte società pur di non correre rischi preferiscono rinunciare del tutto ai commerci con l'Iran. Già alcuni medicinali contro il cancro o per curare malattie cardiache, che l'Iran non produce a sufficienza, scarseggiano nelle farmacie. Ma sono soprattutto le banche che dopo aver pagato in passato multe salatissime al Tesoro americano oggi si tengono lontane da qualsiasi collegamento con l'Iran, rendendo impossibili le transazioni più normali: un traduttore che vive a Teheran e collabora con case editrici *** europee non riesce più a ricevere i suoi emolumenti. Dal 5 novembre, quando Trump ha inflitto all'Iran «le sanzioni più dure mai inflitte nella storia» (nelle sue parole), il mercato valutario iraniano è impazzito. Cambiare valuta è impossibile. Solo i pochi che possiedono una licenza per l'importazione di medicinali e generi indispensabili hanno accesso al cambio fatto dalla Banca Centrale. Si può immaginare quanto queste licenze siano ambite e quanta corruzione generino. Il cambio della Banca Centrale è di 42.000 rial per un dollaro contro i 140.000 sul mercato. La battaglia quotidiana per la valuta è il sintomo più visibile della battaglia molto più grande di Trump contro l'Iran. Si potrebbe dire anche di Trump contro l'Europa, perché gli europei avrebbero voluto e vorrebbero tenere in vita l'accordo nucleare con cui l'Iran si era impegnato a non arricchire l'uranio contro dei benefici economici. Un accordo internazionale, ratificato dall'Onu, che nemmeno Trump poteva disfare e perciò ne è uscito unilateralmente, ma lo strapotere degli Stati Uniti gli permette non soltanto di affamare l'Iran ma di chiudere il mercato americano a chiunque abbia rapporti con quel Paese: dal turista che non può entrare negli Usa se ha stampigliato sul passaporto un visto iraniano alle società europee che si erano impegnate in mega investimenti e ora fanno precipitosamente marcia indietro. Secondo le stime del Fondo monetario internazionale (Fmi) da una crescita di più del 3% nel 2017 l'Iran è passato quest'anno a una contrazione dell'1,2 che raggiungerà 113,9 nel 2019.11 tutto con un'inflazione del 40 per cento. Mentre prima delle sanzioni le proiezioni del Fmi davano per il 2019 una crescita del 4%. L'idea di Trump è paralizzare l'economia fino al punto in cui la gente si rivolti contro il governo. Svanita la speranza del grande boom che tutti si aspettavano dalla firma del trattato nucleare, la gente è ripiombata in una radicale incertezza. Non ce la fa a vivere, vede la corruzione che aumenta e i prezzi che salgono, nessuno sa cosa accadrà domani. La disperazione è amplificata e talora istigata da un coro di trasmissioni televisive di tv in lingua persiana prodotte a Los Angeles o a Londra. In un mix di intrattenimento e politica, di notizie vere e notizie false fanno vedere, per esempio, i capi degli Hezbollah libanesi che trascorrono lussuose vacanze in compagnia di signorine poco vestite; oppure le villette ricostruite a Raqqa mentre nella regione di Kermanshah, colpita da un terremoto esattamente un anno fa, gli abitanti vivono ancora sotto le tende. I consensi per Rouhani sono precipitati. Era il presidente della speranza, eletto due volte a grande maggioranza, oggi è considerato il maggior colpevole. Sembra un replay della stagione di Khatami, l'altro presidente che aveva voluto aprire l'Iran al mondo. Anche allora gli iraniani gli voltarono le spalle proprio quando a Khatami non era rimasta altra arma che il consenso popolare. Allora il risultato fu la presidenza di Ahmadinejad. Oggi non si sa cosa accadrà. I fondamentalisti rinfacciano al moderato Rouhani di aver avuto ragione loro a non fidarsi degli americani e mirano a prendere il potere al posto suo. Mentre i giovani non hanno che un desiderio, partire.

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