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La Repubblica Rassegna Stampa
10.12.2018 Salvini in Israele & rapporto Usa-Arabia Saudita: la Repubblica sceglie i pettegolezzi
L'unico riferimento israeliano rimane Haaretz, mentre Federico Rampini è pronto per il Fatto Quotidiano

Testata: La Repubblica
Data: 10 dicembre 2018
Pagina: 8
Autore: C.L. - Federico Rampini
Titolo: «Ma in Israele la sua visita è un caso: 'Sta con l’ultradestra' - I segreti dell’asse Kushner-Mbs così Trump graziò il principe»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 10/12/2018, a pag.8 con il titolo "Ma in Israele la sua visita è un caso: 'Sta con l’ultradestra' ", il commento a firma C.L.; a pag. 14, con il titolo "I segreti dell’asse Kushner-Mbs così Trump graziò il principe", il commento di Federico Rampini.

IC ha ripreso ieri in home page un articolo del Fatto Quotidiano, a buon diritto il giornale che più di ogni altro ha eletto il pettegolezzo a regola giornalistica. Politica, economia, costume conditi da espressioni volgari esprimono la linea del giornale, che riflette il 'pensiero' di Marco Travaglio. Poteva mancare Israele? No, ovviamente. L'ultima 'perla' è il prossimo viaggio di Salvini in Israele. Non potendo evitare l'evidente, cioè l'incontro con Netanyahu, la visita di Yad Vashem e l'incontro con la comunità di origine italiana, pare che non incontrerà il Presidente Rivlin, ed è lì che il Fatto punta il proprio interesse. Da chi si informa? dal quotidiano Haaretz, che cita come "uno dei più importanti quotidiani locali" mentre in realtà è l'ultimo in quanto vendite. Ma Haaretz ha qualcosa in comune con il giornale di Travaglio, oltre alla poca tiratura: non mancano mai le fake news. Poteva mancare Salvini? e nel modo più disinformante, in quanto scrive "Rivlin - è bene specificarlo - non si riferisce esplicitamente a Salvini, ma è Haaretz a collegare la sua frase alla decisione di non incontrare il ministro dell'Interno italiano" come dire 'è una bufala' , è una interpretazione di Haaretz.
Salvini è parte di un governo che merita ogni genere di critiche, su IC abbiamo scritto, insieme alla indubbia sua amicizia per Israele, anche la mancanza di fatti che lo dimostrino.
Vedremo quali risultati sortiranno dal suo viaggio.

Come il Fatto ieri, oggi è la Repubblica a seguire la versione di Haaretz, nonostante sia il quotidiano meno venduto e letto in Israele. Fin dal titolo il pezzo a firma C.L. disinforma, sottolineando arbitrariamente che Salvini "sta con l'ultradestra".

Il pezzo di Federico Rampini su Arabia saudita e Stati Uniti segue lo stesso modello di giornalismo del Fatto. E' consuetudine, per giornalisti pronti alla pensione, finire su quotidiani come il Fatto (è successo a Fabio Scuto quando ha lasciato Repubblica) o il Manifesto (la destinazione di Alberto Negri dopo anni di disinformazione sul Sole24Ore). Rampini oggi scrive quello che il Fatto ha riportato ieri, a dimostrazione che è già pronto per il quotidiano di pettegolezzi fondato da Travaglio. Non stupiscono nemmeno i giudizi astiosi contro Kushner, Rampini deve essere roso dall'invidia e dal successo che il 'disinformato' genero ottiene in Medio Oriente.

Ecco gli articoli di Repubblica:

"Ma in Israele la sua visita è un caso: 'Sta con l’ultradestra' "


Matteo Salvini

Matteo Salvini è in partenza per Gerusalemme, missione di due giorni che si concluderà martedì con l’incontro col primo ministro Benjamin Netanyahu. Ma il vicepremier italiano non vedrà il presidente dello Stato d’Israele Reuven Rivlin. Il quotidiano Haaretz ha collegato l’appuntamento mancato alle recenti dichiarazioni alla Cnn con cui il presidente, pur senza mai citare la Lega, ha detto che un movimento neo- fascista non dovrebbe essere ben accetto in Israele: « Tu non puoi dire " ammiriamo Israele e vogliamo legami stretti ma siamo neo- fascisti" » . Il quotidiano israeliano, in un editoriale, ha rincarato: «Salvini dovrebbe essere persona non gradita in Israele». Tutto questo accade mentre a Roma, con una lettera aperta, cento ebrei italiani invitano il leader della Lega a « una condanna ferma degli atti di antisemitismo e di rimozione della memoria». Nel tentativo di smorzare il caso, in Israele interviene il portavoce di Rivlin, Jonathan Cummings, che all’Ansa fa sapere che l’incontro col ministro dell’interno italiano « non è possibile per problemi di agenda» del presidente israeliano. Fonti del Viminale prendono atto della precisazione e sottolineano come «il colloquio tra i due non era mai stato previsto: il presunto sgarbo del presidente Rivlin è frutto di una fantasiosa ricostruzione di un quotidiano israeliano di sinistra. Salvini vedrà il premier e due ministri (Pubblica Sicurezza e Giustizia) a prova dei rapporti cordiali e distesi con Tel Aviv. L’obiettivo condiviso è di rafforzarli ulteriormente». Lettura confermata da Avi Pazner, ex ambasciatore di Israele in Italia, che all’Adnkronos dichiara che «Salvini sarà ricevuto con amicizia e onore in Israele ». Oltre a incontrare Netanyahu, il ministro dell’Interno visiterà domani lo Yad Vashem, il memoriale dell’Olocausto, e la sinagoga italiana di Gerusalemme. Non basta, secondo un centinaio di ebrei italiani tra i quali Gad Lerner, Michele Sarfatti, Giorgio Gomel, Anna Foa, Luca Zevi. Sottoscrivono una lettera in cui si dicono « preoccupati per l’acuirsi di forme di intolleranza in Italia come altrove». E chiedono al vicepremier la condanna degli atti di antisemitismo « in movimenti e partiti della destra etno- nazionalista in Italia e in Europa » , degli « atti aggressivi » contro le comunità Rom e Sinti e «di razzismo contro stranieri e migranti».

Federico Rampini: "I segreti dell’asse Kushner-Mbs così Trump graziò il principe"

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Federico Rampini

L’asse Washington-Riad è uscito indenne dalla tempesta su Jamal Khashoggi, il giornalista dissidente barbaramente massacrato dai sauditi nel loro consolato di Istanbul. La spiegazione va cercata nel ruolo strategico che l’Arabia Saudita ricopre per l’influenza americana in Medio Oriente, all’interno di un triangolo la cui altra punta è Israele. Ma questa costante di lungo periodo della politica estera americana è rafforzata da un rapporto stretto fra due persone: il 37enne Primo Genero Jared Kushner, e il 33enne principe saudita Mohammed bin Salman (MbS). Kushner gode della fiducia totale del suocero Donald Trump che lo ha voluto coinvolgere in molti dossier strategici incluso un ( fantomatico) piano di pace tra Israele e palestinesi. Trump cominciò subito col volerlo a fianco a sé nel primissimo viaggio presidenziale all’estero, la cui tappa d’esordio fu proprio Riad. A quell’epoca MbS non era ancora l’uomo forte della monarchia saudita ma lo sarebbe diventato subito dopo. Oggi si scopre che in quell’ascesa al potere ebbe un ruolo personale Kushner. E’ una delle conclusioni di un’indagine del New York Times dedicata all’asse fra i due trentenni che hanno un’influenza senza precedenti sulla geopolitica del Medio Oriente. L’inchiesta rivela che i sauditi cominciarono a "investire" su Kushner prima ancora che il suocero s’insediasse alla Casa Bianca. Ebreo ortodosso, Kushner è un amico di famiglia del premier israeliano Benjamin Netanyahu. Con Israele i rapporti erano antichi e forti, ma su tutto il resto del Medio Oriente la sua ignoranza era totale. Salvo i legami finanziari con gli investimenti arabi nel settore immobiliare americano: la famiglia Kushner opera nello stesso business di Trump. I sauditi individuarono subito in Kushner l’uomo su cui puntare, e non furono delusi. Trump nominò il Primo Genero suo consigliere proprio sul Medio Oriente, malgrado la sua totale inesperienza. Il retroscena del New York Times ricostruisce il timore suscitato nell’ex generale dei marines John Kelly, attuale chief of staff della Casa Bianca, per i contatti tra l’inesperto Kushner e il saudita. Kelly s’impuntò per far rispettare a Kushner la regola che impone di coinvolgere un esperto del National Security Council in quel genere di contatti. Ma Kelly è ormai sulla via dell’uscita, mentre Kushner rimane uno dei punti fermi nel cerchio magico del presidente, ormai composto prevalentemente di famigli. Un modo di governare che ai sauditi ovviamente risulta assai… familiare. La logica dinastica è quella che consigliò a MbS di puntare fin dall’inizio sul marito di Ivanka. Kushner appoggiò la scalata di MbS al potere e lo sostiene tuttora. In cambio cos’ha ottenuto? Per aver seguito di persona Trump in Arabia Saudita, ricordo l’enfasi con cui il presidente vantò i contratti per forniture militari, agitando la cifra di 150 miliardi di dollari. Ricordo anche il ruolo di Kushner come mediatore per far ottenere uno " sconto" sul prezzo di alcune armi ai sauditi, negoziando al telefono con i vertici della Lockheed Martin: in realtà, solo un terzo di quegli acquisti si sarebbe materializzato. Nel frattempo, anche Vladimir Putin ha cominciato a corteggiare la monarchia saudita in veste di " commesso viaggiatore" per l’industria militare russa. Altre contropartite che si possono mettere all’attivo dell’asse Kushner- MbS: il basso prezzo del petrolio che soddisfa gli auspici di Trump, anche se di recente l’Arabia Saudita ha dato il via libera in sede Opec ai tagli di produzione che dovrebbero frenare il calo delle quotazioni. C’è poi la tenuta dell’asse fra i sauditi e Netanyahu, che emargina i palestinesi, altro beneficio gradito a Trump. Il prezzo da pagare: Kushner si è speso personalmente per consigliare a MbS come districarsi dallo scandalo Khashoggi, e ha convinto Trump ad archiviare la vicenda senza conseguenze sul rapporto bilaterale con gli alleati di Riad.

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