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La Repubblica Rassegna Stampa
22.09.2018 Il silenzio di Pio XII sul nazismo
Commento di Alberto Melloni

Testata: La Repubblica
Data: 22 settembre 2018
Pagina: 53
Autore: Alberto Melloni
Titolo: «Ma la Storia ricorda ancora il suo silenzio sul nazismo»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 22/09/2018 a pag.53, con il titolo "Ma la Storia ricorda ancora il suo silenzio sul nazismo" il commento di Alberto Melloni

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Alberto Melloni

Dal secolo XI al XIX la chiesa latina ha canonizzato rarissimamente i papi. Il pontefice, come teorizzarono i riformatori gregoriani, è "reso santo" da vivo dalla sua funzione e non c'era ragione di aggiungervi la santità che esce dal "processo". Le eccezioni sono pochissime e lente, come quella che fa santo Gregorio VII nel 1606 o Pio V nel 1672, a cent'anni dalla morte. Poi venne Pio XII e scardinò la prudenza. Non tanto con la beatificazione di Innocenzo XI, morto nel 1689, quanto con la beatificazione e canonizzazione di Pio X, colui che si convinse che i fermenti d'inizio secolo fossero una super-eresia "modernista": il Papa della sua giovinezza diventava il modello di una repressione teologica che negli anni Cinquanta colpi i grandi teologi del Novecento cattolico e i loro allievi (fino al giovane Ratzinger, la cui tesi non venne pubblicata per questo). Durante il Vaticano II, ci fu la richiesta di proclamare in concilio la santità di papa Roncalli, fermata "minacciando" un milione di firme per domandare quella di Pio XII. Che, al di là delle sue indiscusse virtù private, avrebbe portato tre risultati: farne il protettore dell'anticoncilio, a cui fare appello contro il Papa regnante; usarlo contro quella riga del documento Nostra aetate che condanna l'antisemitismo "in ogni tempo"; rivendicare l'ostracismo perla storia su quello che lo stesso Pacelli definì "il mio silenzio sul contegno dei Germani" durante la guerra. Paolo VI risolse annunciando due processi ordinari, mettendo l'uno a zeppa dell'altro. Fu Wojtyla che "sbloccò" Roncalli, beatificato nel giubileo con Pio IX e canonizzato da Francesco insieme allo stesso Giovanni Paolo II. E che creò quella sequenza dei "papi santi" in cui finiranno anche Ratzinger e Bergoglio: e che ingigantisce la questione dell'escluso Pacelli, di cui nel 2010 sono state riconosciute le virtù eroiche, ma che non viene beatificato perché sarebbe ancora usato per quei tre scopi. Oggi ogni cosa - anche l'edizione di carte pubblicate da un archivista rigoroso come Ickx, che confermano quel che già John Pollard aveva studiato e i dati emersi nel grande convegno su Benedetto XV curato da Giulia Grossi e Giovanni Cavagnini per l'arcidiocesi di Bologna - rischia di essere guardata come un contributo all'accelerazione o al rallentamento della causa Pacelli. È stato così quando Uri Bialer ha studiato la posizione di Pio XII alla nascita dello Stato di Israele; quando si è indagato il destino dei bambini ebrei di Francia restituiti da Roncalli alla fede dei padri; quando Emma Fattorini ha messo a confronto il registro spirituale di Pio XI morente e del successore davanti alle leggi razziali. Quando la causa Pacelli sarà chiusa, gli svampiti praticoni che hanno immaginato il "papa di Hitler", dimenticando l'antisemitismo profondo dei cristiani, e i prolifici inventori del Papa "che salvò gli ebrei" potranno accomodarsi e lasciare che la storia lavori su domande serie. Cercare di far dire alle carte del 1917 edite da Ickx delle verità sul 1939 è fare i tarocchi con gli archivi. Mala storia è un'altra cosa.

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