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La Repubblica Rassegna Stampa
20.07.2018 Israele, legge della nazione: i commenti che demonizzano
Commenti di Marco Ansaldo, Wlodek Goldkorn

Testata: La Repubblica
Data: 20 luglio 2018
Pagina: 12
Autore: Marco Ansaldo, Wlodek Goldkorn
Titolo: «Israele è uno Stato solo ebraico 'Ma la legge è da apartheid' - La tentazione sovranista di Netanyahu»
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 20/07/2018, a pag.12, con il titolo "Israele è uno Stato solo ebraico 'Ma la legge è da apartheid' ", il commento di Marco Ansaldo; a pag. 31, con il titolo "La tentazione sovranista di Netanyahu", il commento di Wlodek Goldkorn.

Marco Ansaldo e Wlodek Goldkorn scrivono apertamente di "apartheid" e "discriminazione" in Israele. Entrambi seguono l'impostazione dell'articolo di Gideon Levy pubblicato in Italia da Internazionale, che riprendiamo e critichiamo in altra pagina.

Ansaldo riporta numerose voci, non solo israeliane, contro la legge votata ieri alla Knesset, e utilizza un tono apertamente colmo di ostilità nei confronti dello Stato ebraico.

Goldkorn giunge a definire il governo israeliano in mano a "fondamentalisti", senza spiegare il motivo di una simile definizione. Si sarà forse confuso con i terroristi di Hamas loro sì fondamentlisti davvero?

Per un commento più approfondito, rinviamo alla pagina con l'articolo di Giordano Stabile sulla Stampa.

Ecco gli articoli:

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Marco Ansaldo: "Israele è uno Stato solo ebraico 'Ma la legge è da apartheid' "

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Marco Ansaldo

Israele è uno Stato solo ebraico. Per lingua, capitale " completa e unita" (Gerusalemme, compresa la parte Est rivendicata dai palestinesi), e dove " lo sviluppo degli insediamenti ebraici" va promosso e consolidato. Con simbolo la bandiera bianca e blu, accompagnata dalla stella di David. E come inno l’Hatikvah (scritto da un proto-sionista, e non accettato né cantato dalle minoranze non ebraiche che non se ne sentono rappresentate). Il premier Benjamin Netanyahu esulta: «Questo è il nostro Stato, lo Stato ebraico. Negli ultimi anni qualcuno ha tentato di metterlo in dubbio. Oggi lo abbiamo reso legge: questa è la nostra nazione, lingua, bandiera. È un momento decisivo ». Si rivoltano i palestinesi, che vedono l’arabo declassato a lingua ‘ con status speciale’, e cancellato legalmente il sogno di riconoscere Gerusalemme Est come futura capitale del loro Stato. Non sono i soli a farlo. Perché a protestare contro la controversa legge approvata per pochi voti ieri dalla Knesset, il Parlamento israeliano, sono l’Autorità nazionale palestinese, gli arabi israeliani, i politici di opposizione, i gruppi che si battono per il rispetto dei diritti civili. E parlano di apartheid e di razzismo. Immediato scatta dall’estero il sostegno di Paesi musulmani, subito la Turchia di Erdogan. E poi dall’Unione Europea, il cui rappresentante a Gerusalemme nei giorni scorsi ha più volte avuto manifestato la forte perplessità comune a Netnayahu. La nuova norma è passata con 62 voti a favore contro 55. Il disegno di legge, che ha valore costituzionale, definisce ufficialmente Israele patria nazionale del popolo ebraico, chiama capitale Gerusalemme " unita", e lingua del Paese quella ebraica. Definisce quindi di interesse nazionale la promozione delle comunità ebraiche: un punto, quest’ultimo, frutto di un compromesso dopo che la versione originale era stata attaccata anche dal capo dello Stato, Reuven Rivlin - qui in disaccordo con Netanyahu -, perché consentiva la realizzazione di comunità esclusivamente abitate da ebrei, escludendo di fatto gli arabo-israeliani. «A 122 anni di distanza dalla pubblicazione della visione di Herzl, abbiamo sancito come legge i principi basilari della nostra esistenza », ha aggiunto il premier. «Abbiamo incastonato in una legge il principio base della nostra esistenza. Israele è lo stato nazione del popolo ebraico, che rispetta i diritti individuali di tutti i suoi cittadini». Ma dopo le sue parole, e l’approvazione, la bufera si scatenava. « Il provvedimento apre la strada a pratiche che porteranno verso discriminazioni razziali in tutte le sfere di attività nei confronti delle minoranze», denunciava l’Associazione per i diritti civili in Israele. E il legislatore arabo- israeliano Ahmad Tibi bollava la misura come « la morte della democrazia » . In Israele i parlamentari arabo- israeliani rappresentano una minoranza non indifferente, e pari al 17,5% degli 8 milioni di abitanti. «Questa è una legge che incoraggia non solo la discriminazione ma anche il razzismo » , affermava il deputato Yousef Jabareen. Mentre l’alto dirigente dell’Autorità nazionale palestinese, Saeb Erekat, la definiva «pericolosa» perché «legalizza ufficialmente l’apartheid e definisce Israele come un sistema di apartheid » . E il ministro degli Esteri dell’Anp, Riad al-Malki, commentava: « L’approvazione di simili leggi razziste è una palese e premeditata violazione di tutte le risoluzioni del diritto internazionale e umanitario ». Da Ankara il governo di Recep Tayyip Erdogan, già molto critico con Israele per i tanti dissapori degli ultimi anni, lanciava una nota dal ministero degli Esteri criticando una legge «che ignora i principi del diritto universale e i diritti dei cittadini israeliani di origine palestinese, e che proclama Gerusalemme, occupata da Israele, come capitale, è nulla e vuota agli occhi della comunità internazionale». Forti le critiche da Bruxelles, arrivate dalla portavoce dell’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, Federica Mogherini: « Siamo preoccupati e abbiamo espresso la nostra preoccupazione e continueremo ad essere impegnati con Israele su questo tema. Deve essere evitata ogni soluzione che non punti alla soluzione a due Stati». Due Stati, invoca l’Europa. Ma Israele ieri è stato chiaro.

 

 

Wlodek Goldkorn: "La tentazione sovranista di Netanyahu"

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Wlodek Goldkorn

Il terreno prediletto del sovranismo, mutazione postmoderna del vecchio nazionalismo radicale, è quello dei simboli, delle gesta verbali, della pedagogia della diffidenza nei confronti degli “altri”. Succede negli Stati Uniti così come in Europa. Ieri, il sovranismo ha festeggiato il suo ennesimo trionfo; questa volta in versione israeliano-ebraica. Alla Knesset è stata approvata, con una maggioranza di 62 voti favorevoli su 120, la legge sullo Stato-nazione. Il provvedimento è stato fortemente voluto dai partiti della destra radicale al governo e assecondato dal premier Benjamin Netanyahu, un po’ per convinzione un po’ perché la massima aspirazione del primo ministro è continuare a rimanere al potere. In apparenza, la nuova legge che definisce Israele “Stato-nazione del popolo ebraico” cambia poco la vita quotidiana dei cittadini. I due articoli più controversi della versione originale, quello che voleva la prevalenza delle fonti ebraiche nella giurisprudenza e quello che permetteva l’esclusione di determinati gruppi (ossia i non ebrei) da città o villaggi, sono stati eliminati per le pressioni del capo dello Stato Reuven Rivlin. Ma restano i dispositivi simbolici per cui gli arabi palestinesi cittadini d’Israele, d’ora in poi, si sentiranno un po’ meno a casa nel Paese dove sono nati loro e i loro antenati. Spieghiamoci. Quando il legislatore dice che Israele è appunto “Stato-nazione del popolo ebraico”, ribadisce un fatto compiuto e una prassi corrente: ogni ebreo ha il diritto di venire in Israele e diventarne cittadino. Per carità, gli arabi israeliani, il 20 per cento della popolazione, continueranno a fare i magistrati (un giudice palestinese mandò in galera un ex capo dello Stato condannato per stupro), gli avvocati, i medici, gli infermieri, ma con lo stigma di far parte di una minoranza, tollerata. E del resto l’arabo non sarà più un secondo idioma ufficiale, accanto all’ebraico, ma una lingua “a statuto speciale”. Questa deriva, a pensarci bene, rasenta la follia, dato che negli ultimi anni era evidente la crescente integrazione dei palestinesi d’Israele in seno alla società e addirittura un forte senso di appartenenza e di lealtà nei confronti delle istituzioni. E brutalmente: moltissimi arabi israeliani preferiscono essere cittadini dello Stato ebraico e non di un ipotetico Stato palestinese; e per questo con insistenza chiedono la parità dei diritti. Come risposta, hanno avuto uno schiaffo da parte di un esecutivo di destra in mano ai fondamentalisti. È solo simbolico ribadire per l’ennesima volta che Gerusalemme è capitale d’Israele; così come sancisce lo status quo l’articolo che esalta il ruolo degli insediamenti, senza specificare se si tratti di villaggi da costruire in Israele o anche della Cisgiordania; e non si capisce come in pratica il calendario religioso ebraico, lunare e complessissimo, possa prevalere su quello gregoriano. Quelli appena elencati sono altri punti di un testo, a detta degli esperti, incoerente e scritto in un ebraico da analfabeti funzionali. I primi capi del governo e dello Stato d’Israele erano poeti, intellettuali, sognatori, fanatici dell’eleganza della lingua e della parola. Il sovranismo, anche quello degli ebrei israeliani, invece usa un idioma povero, perché la retorica di tutti i sovranismi consiste nell’alzare sempre più in alto l’asticella dell’odio verso gli “altri”; e più misere sono le parole più efficiente è il richiamo alla pancia. La buona notizia invece è questa: le opposizioni, tutte, hanno votato compatte contro la legge obbrobrio. Non hanno ceduto al ricatto di essere accusate di scarso patriottismo o peggio di tradimento.

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