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La Repubblica Rassegna Stampa
06.06.2018 Ritratto della Russia di Putin. Qual è il ruolo di Steve Bannon a Roma?
Commento di Daniele Bellasio

Testata: La Repubblica
Data: 06 giugno 2018
Pagina: 32
Autore: Daniele Bellasio
Titolo: «I peccati di Mosca»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 06/06/2018, a pag.32 con il titolo "I peccati di Mosca", il commento di Daniele Bellasio.

Quello scritto da Daniele Bellasio è un ritratto completo della Russia di Putin, un regime che non ha nulla di democratico in cui vige la censura e l'eliminazione degli avversari e dei giornalisti scomodi.

Steve Bannon, allontanato da Donald Trump nell'estate 2017 e grande sostenitore dell'asse con Putin, è in questi giorni a Roma, dove si è formato il nuovo governo italiano, che potrebbe portare l'Italia a schierarsi con la Russia antidemocratica e liberticida e contro l'alleanza atlantica. Ci chiediamo come viva Bannon, che cosa faccia a Roma e quali siano i suoi obiettivi. E' noto il tentativo della Russia di influenzare la politica di Paesi stranieri, anche con finanziamenti. Non essendo Bannon noto come milionario, c'è da chiedersi se non ci sia un rapporto più stretto con Putin. Il suo uomo a Roma? Questo spiegherebbe la decisione del nuovo governo di stabilire un rapporto con la Russia, come annunciato sia da Lega che da 5Stelle.

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Steve Bannon, il 2° ambasciatore russo a Roma?

Ecco l'articolo:

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Daniele Bellasio

La Russia è un grande Paese, con una storia poderosa e una cultura profonda, come dimostrano le citazioni letterarie fatte dal presidente francese Emmanuel Macron qualche giorno fa e dal professor Giuseppe Conte ieri. Se merita rispetto, va anche detto che cos’è oggi la Russia e perché l’Occidente ha imboccato la via delle sanzioni. Mosca è intervenuta militarmente in un Paese sovrano, l’Ucraina, e si è annessa con un referendum più che dubbio una parte del suo territorio, la Crimea. Tra Russia e Paesi vicini giornalisti scomodi sono stati uccisi in circostanze misteriose: dall’italiano Antonio Russo, reporter di Radio Radicale sulla crisi cecena, ad Anna Politkovskaya, il triste catalogo è consistente. Le elezioni sono più o meno una gara con vincitore noto prima della partenza e rivali credibili arrestati o esiliati o comunque esclusi dalla competizione. La stampa è a libertà molto vigilata e nella cultura si susseguono casi di censura e autocensura diretta o indiretta. Le organizzazioni non governative che non rigano dritto rischiano di essere bandite. Intelligence occidentali sospettano di avvelenamenti sparsi, dal caso Litvinenko alla più recente vicenda Skripal. Di una macchina russa attiva nella diffusione di fake news, notizie false, tese a influenzare esiti elettorali, se ne parla ormai dagli Stati Uniti alla Catalogna, dalla Francia alla Brexit, e al più alto livello. Secondo il rapporto di Amnesty International 2017-2018, in Russia «sono state applicate ulteriori restrizioni ai diritti alla libertà d’espressione, associazione e riunione pacifica. Sono continuate le vessazioni e le intimidazioni nei confronti di difensori dei diritti umani e ong indipendenti. I diritti culturali sono stati limitati, anche attraverso rappresaglie e autocensura »; inoltre «a febbraio 2017 è stata promulgata una legge che depenalizzava la violenza domestica commessa da “parenti stretti”, se provocava dolore ma non ferite o perdita della capacità di lavorare. Ciò ha scatenato un aumento di episodi violenti in varie regioni, principalmente contro le donne». Eppure il punto più chiaro del discorso del presidente del Consiglio Conte in materia di politica estera, e forse anche l’idea più netta dell’intero discorso, riguarda il nuovo rapporto tra Roma e Mosca. L’Italia del governo pentaleghista, fatta la dovuta affermazione di fedeltà atlantica, vuole promuovere «un’apertura verso la Russia» e una «revisione del sistema delle sanzioni». Questa prospettiva era già nel contratto di governo sottoscritto da Matteo Salvini e da Luigi Di Maio, ma l’affermazione esplicita nell’aula parlamentare segna una presa di posizione ufficiale di politica internazionale che non ha precedenti recenti, se non il sempre evocato (dall’ideatore, cioè l’allora premier Silvio Berlusconi) “spirito di Pratica di Mare”.

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Vladimir Putin

L’Italia si colloca così in una frontiera scoperta sul fronte europeo e atlantico, detto in altre parole: è isolata tra i grandi Paesi, in un momento particolarmente delicato dal punto di vista della costruzione della Difesa comune europea, con i relativi, possibili sospetti nei confronti di chi si mostra troppo sensibile alle istanze russe per via della necessaria condivisione tra alleati di informazioni strategiche dal punto di vista militare e di intelligence. L’apertura solitaria alla Russia, accompagnata soltanto dall’asse con l’Austria di Sebastian Kurz, che però conferma di volersi attenere alla linea europea sulle sanzioni dopo aver visto ieri a Vienna Vladimir Putin, giunge in una fase complicata anche per la Nato, già alle prese con l’incandescente dossier turco e con i problemi legati alla svolta sempre più a destra dell’Ungheria. Quando l’Italia si trova a essere più un problema che una soluzione, di solito conta meno. E quando si trova a essere più sola tra gli alleati, di solito soffre di più. Putin dice che non è obiettivo della Russia dividere l’Europa. E in effetti non ci sta riuscendo più di tanto, peccato che stia avendo presa in Paesi fragili, come il nostro. Quando poi partiti come Lega e M5S prendono a modello o vogliono come principali alleati la Russia o l’Ungheria di Viktor Orbán o la Polonia ultraconservatrice, mostrano bene qual è la loro idea di democrazia.

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