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La Repubblica Rassegna Stampa
24.05.2018 Quando la donna musulmana è schiava
Commenti di Anais Ginori, Enrico Franceschini

Testata: La Repubblica
Data: 24 maggio 2018
Pagina: 12
Autore: Anais Ginori - Enrico Franceschini
Titolo: «Maryam, pasionaria col velo che divide la Francia - La madre che ingannò la figlia 17enne per farla sposare in Pakistan»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi 24/05/2018, a pag.46 con il titolo "Maryam, pasionaria col velo che divide la Francia" il commento di Anais Ginori; con il titolo "La madre che ingannò la figlia 17enne per farla sposare in Pakistan", il commento di Enrico Franceschini.

Quando la donna musulmana è schiava, e invoca scuse per rimanere tale,lo insegna la storia, gli schiavi restano tali finchè non riescono a essere liberi, nell'attesa molti difendono la loro servitù. 

Ecco gli articoli:

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Anais Ginori: "Maryam, pasionaria col velo che divide la Francia"

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Anais Ginori

Maryam è una militante dell’Unef, lo storico sindacato degli studenti che aveva fatto le barricate nel Sessantotto. Cinquant’anni dopo, Maryam Pougetoux è in prima linea, come rappresentante degli iscritti della Sorbona nella mobilitazione contro la riforma del governo per il numero chiuso negli atenei. Ma non è per le sue rivendicazioni politiche che Maryam divide la Francia. La giovane attivista ha scelto di portare il velo e si mostra con il suo hijab nero a incorniciare il volto sorridente anche quando fa interviste, va alle manifestazioni, svolge il suo compito di portavoce degli studenti. È una giovane francese come tante, ma per alcuni è il segno di un’epoca che va all’indietro: nel Sessantotto le leader della rivolta manifestavano discinte e in rivolta contro qualsiasi forma di autorità, oggi si coprono in ossequio alla loro religione. Per altri è il simbolo dell’incapacità della società francese di trovare un posto alle donne velate, riconoscendo pari diritti e dignità. Il caso di Maryam tocca nervi scoperti nell’opinione pubblica. La ministra per la Parità, Marlène Schiappa, ha sottolineato la « contraddizione » tra la scelta di indossare l’hijab e fare la portavoce di un sindacato che rappresenta valori di emancipazione femminili. Il ministro dell’Interno, Gérard Collomb, è stato ancora più duro, definendosi « scioccato » nel vedere Maryam alla guida dell’Unef, parlando di « provocazione » , « distanza dalla società francese» e paragonando il copricapo a una forma di proselitismo. « Il mio velo non ha nessuna funzione politica» ha replicato la ragazza in un video nel quale è costretta a difendersi e a ricordare che la sua è una «scelta libera » , solo legata alla fede. « Quando siamo chiuse in casa, dicono che siamo sottomesse » è sbottata l’attivista. « Ma se usciamo per impegnarci, rivendicare, allora dicono che non abbiamo diritto ». È stata l’ultra destra sovranista ad attaccare Maryam, paragonando la giovane a una pericolosa terrorista. Sempre gli estremisti di destra avevano scatenato la polemica intorno alla franco- algerina Mennel Ibtessen, che aveva incantato molti nella trasmissione The Voice due mesi fa. Poco dopo che Mennel era apparsa sul palco con il velo, in Rete erano stati ripresi alcuni suoi tweet complottisti sugli attentati del 2015. La ventenne si era scusata per le cose scritte — affermazioni stupide come quelle che molti ragazzi pubblicano incautamente sui social — parlando di errore di gioventù. Alla fine è stata costretta a ritirarsi da The Voice. Per una strana convergenza, in entrambi i casi l’ultradestra e una certa gauche si sono ritrovate unite in nome della lotta contro l’islamismo e il rispetto della laicità. Il settimanale Charlie Hebdo ha così messo in copertina il volto dell’attivista dell’Unef con le sembianze di una scimmia, come se una giovane donna che porta l’hijab fosse incapace di intendere e di volere. L’Unef ha difeso la sua rappresentante ma in Rete Maryam è stata insultata, minacciata. La Francia è al tempo stesso il Paese con la più numerosa comunità musulmana d’Europa e il sistema democratico con una concezione unica della laicità, che mal tollera interferenze della religione nella sfera pubblica. È un equilibrio fragile. Lo stesso Emmanuel Macron è stato criticato per aver parlato davanti ai vescovi del ruolo dei cattolici francesi, o per non aver citato la piaga dell’integralismo islamico nelle banlieue in un recente discorso.

 

 

Enrico Franceschini: "La madre che ingannò la figlia 17enne per farla sposare in Pakistan"

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Enrico Franceschini

Quattro anni e mezzo di prigione per avere costretto la figlia a un matrimonio combinato. È la sentenza impartita da un tribunale di Birmingham a una donna di 45 anni di origine pachistana, accusata di avere portato in Pakistan la figlia, all’epoca 17enne, e averle imposto di sposare il nipote del proprio secondo marito, un uomo di 16 anni più vecchio, che le aveva tolto la verginità quando la ragazza aveva appena 13 anni. Una vicenda che ha fatto scalpore nel Regno Unito e che ricorda due casi simili in cui sono state coinvolte recentemente ragazze di origine pachistana in Italia: Sana, cresciuta a Brescia e ritrovata morta il mese scorso in Pakistan, dove il padre, il fratello e lo zio sono agli arresti con il sospetto di averla uccisa per il suo rifiuto di accettare un matrimonio combinato; e una giovane italo- pachistana residente a Verona, portata in Pakistan con l’inganno dai familiari e costretta ad abortire, liberata dopo essere rimasta legata per otto ore. L’identità della madre e della figlia di Birmingham non può essere rivelata per ragioni legali. Ma le parole del giudice nei confronti della madre sono state rese pubbliche: «Lei ha crudelmente ingannato sua figlia. L’ha spaventata, minacciata, tenuta come prigioniera contro la sua volontà. Il coraggio e il rispetto per la verità di questa ragazza sono ammirevoli, in chiaro contrasto con la sua codardia e falsità». È la storia di una doppia violenza e di un duplice inganno. Dapprima la madre ha permesso che il nipote del proprio marito praticamente stuprasse la figlia, durante un viaggio in Pakistan, con l’obiettivo che i due si sposassero. Ma rientrate in Inghilterra, la ragazza ha abortito. A causa dello stress sofferto, ha avuto in seguito problemi psicologici e di tossicodipendenza che l’hanno fatta seguire dai servizi sociali. Quattro anni più tardi, con la scusa di una vacanza premio, la madre l’ha condotta di nuovo con sé in Pakistan, minacciando di farle trucchi con la magia nera se lei non avesse accettato di sposare l’uomo che l’aveva abusata. La ragazza ha pianto per tutta la cerimonia di nozze. Tornata a Birmingham, ha denunciato il fatto alla polizia, che l’hanno portata via dalla madre, su cui è scattato l’arresto. Negli ultimi anni la comunità pachistana britannica è stata al centro di numerose vicende di sfruttamento sessuale di minorenni. E i matrimoni combinati con la violenza sono frequenti.

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