giovedi` 28 marzo 2024
CHI SIAMO SUGGERIMENTI IMMAGINI RASSEGNA STAMPA RUBRICHE STORIA
I numeri telefonici delle redazioni
dei principali telegiornali italiani.
Stampa articolo
Ingrandisci articolo
Clicca su e-mail per inviare a chi vuoi la pagina che hai appena letto
Caro/a abbonato/a,
CLICCA QUI per vedere
la HOME PAGE

vai alla pagina twitter
CLICCA QUI per vedere il VIDEO

Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


Clicca qui






La Repubblica Rassegna Stampa
25.04.2018 Corrado Augias: sullo stesso piano la democrazia israeliana e i terroristi di Hamas
Nella risposta a un lettore

Testata: La Repubblica
Data: 25 aprile 2018
Pagina: 25
Autore: Corrado Augias
Titolo: «Omaggio a Bartali, ma Gerusalemme senza pace»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 25/04/2018, a pag. 25, con il titolo "Omaggio a Bartali, ma Gerusalemme senza pace", la risposta di Corrado Augias a un lettore.

Corrado Augias mette sullo stesso piano il governo di Israele, la democrazia, con i terroristi di Hamas. In questo modo ripartisce le responsabilità della situazione attuale a metà, dimenticando però che obiettivo dei terroristi è la distruzione di Israele, mentre Israele ha il solo scopo di vivere in pace e sicurezza a fianco dei propri vicini.
Si aggrappa a David Grossman, Yehoshua, Natalie Portman, usandoli per arrivare all'improponibile. Triste fine di un intellettuale che non sa più a che santo votarsi per rimanere sulla cresta dell'onda.  in quel mare dove nuotano gli odiatori europei.

Ecco lettera e risposta:

Risultati immagini per Corrado Augias
Corrado Augias

Immagine correlata
Gerusalemme

 

 

Caro Augias, il prossimo maggio, settantesimo anniversario di Israele, il governo Netanyahu – isolato sul piano diplomatico, indebolito da indagini giudiziarie – trasformerà Gerusalemme in una ribalta: trasferimento dell’ambasciata Usa da Tel Aviv a Gerusalemme ? propiziato da Netanyahu e concesso da Trump che così la riconosce quale capitale, infliggendo l’ennesima pugnalata al processo di pace. Dal 13 al 15 maggio “ Marcia delle Nazioni: dall’Olocausto alla nuova vita” a Gerusalemme con migliaia di cristiani evangelici, in prevalenza statunitensi, a dimostrazione che « le nazioni si ergono a fianco d’Israele per dire “ No!” all’antisemitismo » . Infine, 4 maggio, partenza da Gerusalemme del Giro d’Italia. Vista alla luce dell’irrisolto conflitto israelo- palestinese, della coincidenza fra la nascita di Israele e quella della “ Nakba”, la “ catastrofe” per i palestinesi, sullo sfondo di un’esplosiva situazione la decisione appare incomprensibile. Il pretesto è onorare Gino Bartali che ha un posto nel “ Giardino dei giusti” di Yad Vashem. In realtà la scelta si spiega con ragioni politiche e ( diciamo) pratiche che hanno poco a che vedere con la benedetta memoria dei “ Giusti”.

Bruno Segre e Susanna Sinigaglia - Milano

Dal 2 maggio il grande Gino Bartali sarà nominato cittadino onorario d’Israele. Fa piacere ed è giusto, anche se assistiamo scorati al succedersi, da una parte e dall’altra, di altri gesti che allontanano sempre più la possibilità d’una pacifica coesistenza. Un forte bisogno di legittimazione accomuna il governo Netanyahu e quello di Hamas a Gaza; protagonisti entrambi di un sostanziale fallimento politico puntano su rischi estremi. Risultato: la situazione appare così fuori controllo che lo stesso Abraham Yehoshua, grande scrittore e nobile mente, dispera che la soluzione “due popoli due Stati” potrà mai vedere la luce. Di Bruno Segre ricordo il saggio “ Che razza di ebreo sono io” ( Casagrande) nel quale ricostruisce quali colpi abbia patito negli anni quel sionismo nel quale molti, me compreso, hanno creduto e che la vittoria del 1967 ha fatto inabissare. La coscienza di un fallimento è diffusa nel mondo ebraico. L’ho ritrovata nel saggio di Ahron Bregman “ La vittoria maledetta” ( Einaudi). Bregman, ora al King’s College, è cresciuto in Israele, ha combattuto nella guerra del 1982 in Libano. Dopo la vittoria nella “Guerra dei Sei Giorni” s’era parlato di una occupazione illuminata ( Kibush Naor, in ebraico) dei territori conquistati. Una utopia, scrive Bregman: « I rapporti tra occupante e occupato sono sempre basati su paura e violenza». La speranza però non deve morire. Aiutano a coltivarla il gesto coraggioso di Natalie Portman che ha rifiutato un premio cinematografico in patria, le recenti parole di David Grossman: la nostra speranza era di avere una casa - ha detto - per ora abbiamo solo una fortezza. L’inno d’Israele si chiama proprio “HaTikvah”, cioè la Speranza.

Per inviare la propria opinione alla Repubblica, telefonare 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


rubrica.lettere@repubblica.it

Condividi sui social network:



Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui

www.jerusalemonline.com
SCRIVI A IC RISPONDE DEBORAH FAIT