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Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 11/08/2016, a pag. 4, con il titolo "Non estradate il blogger Khosravi in Iran", la cronaca di Paolo Berizzi. Abbiamo già discusso ieri e l'altroieri della richiesta di estradizione del dissidente iraniano Khosravi da parte del regime degli ayatollah: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=8&sez=120&id=63387; http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=2&sez=120&id=63379 Ecco l'articolo:
Un alias, il documento di rifugiato politico, la camera di un residence sulla riva del lago di Como, e più di un mistero. Sullo sfondo, una delicata partita politico-giudiziaria tra Italia e Iran. Con in mezzo Londra e il figlio dell’ultimo Scià di Persia. Sta diventando un giallo, oltre che un caso diplomatico, l’arresto a Lecco del blogger iraniano Mehdi Khosravi, fermato dalla polizia quattro giorni fa su esecuzione di un mandato di cattura internazionale spiccato nel 2009 dal tribunale di Teheran.
Chi è Khosravi alias Yashar Parsa? Un pericoloso corruttore — come sostiene la magistratura della Repubblica islamica — o un attivista dei diritti umani, dissidente del “regime” di Khomeini e la cui unica colpa è battersi per la democrazia e denunciare in un blog la corruzione nel suo Paese? I fatti. Il 7 agosto i poliziotti della squadra mobile di Lecco piombano all’Oasi dei Celti, complesso turistico incastonato a Dorio, 300 abitanti sulla sponda orientale del lago. Portano via il 37enne Mehdi Khosravi: il blogger — autore della pagina Gomnamian (“Gente senza nome”) e stretto collaboratore di Reza Ciro Pahlavi, figlio dell’ultimo Scià di Persia costretto ad abdicare dopo la rivoluzione islamica di Khomeini — è arrivato da Londra, dove vive, per una vacanza. È con tre amici. Quando i suoi dati vengono trasmessi dall’albergo in Questura, e incrociati con quelli dell’Interpol, salta fuori il mandato di cattura: Khosravi è ricercato. I poliziotti lo arrestano e lo trasferiscono nel carcere Pescarenico. Non gli basta, per evitare la cattura, il documento britannico di rifugiato politico. «Abbiamo solo eseguito il mandato — spiega Andrea Atanasio, dirigente della Questura — e inviato gli atti alla Corte d’Appello di Milano». I giudici dovranno decidere entro dieci giorni se estradare il blogger — assecondando così la pressante richiesta di Teheran — o meno. Insomma: un nuovo caso Shalabayeva (o Ocalan). Con al centro, di nuovo, l’arresto di un dissidente (o di persone a lui vicine) e la spinosa questione dell’estradizione al Paese richiedente. Il primo a schierarsi in difesa del blogger — che se consegnato all’Iran potrebbe rischiare torture e pena di morte — è stato il figlio dell’ultimo Scià di Persia: «Liberate Khosravi. È fuggito dopo le proteste elettorali del 2009, e negli ultimi anni è stato l’amministratore esecutivo del Consiglio iraniano per le elezioni libere», ha scritto Pahlavi in una lettera al premier Matteo Renzi. Alla richiesta al governo italiano di non concedere l’estradizione si è unito un fronte che vede in campo, con diversi appelli, Amnesty International Italia, le associazioni Neda Day e Nessuno Tocchi Caino, e vari parlamentari tra cui il senatore Luigi Manconi. Per inviare la propria opinione alla Repubblica, telefonare 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante rubrica.lettere@repubblica.it |
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