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La Repubblica Rassegna Stampa
18.06.2016 Condannato a 5 anni di carcere l'ultimo guardiano di Auschwitz
Cronaca di Tonia Mastrobuoni

Testata: La Repubblica
Data: 18 giugno 2016
Pagina: 54
Autore: Tonia Mastrobuoni
Titolo: «Condannato a 5 anni di carcere l'ultimo guardiano di Auschwitz»

Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 18/06/2016, a pag.54, con il titolo "Condannato a 5 anni di carcere l'ultimo guardiano di Auschwitz", la cronaca di Tonia Mastrobuoni.

Un encomio al titolista, per non aver specificato - l'hanno fatto in molti stamane - gli anni del condannato, è il minimo risarcimento che questa sentenza ha dato alle vittime della Shoah, sterminate per il solo fatto di esistere, non importava l'età. E' quindi giusto che oggi, l'età del condannato non conti. L'unico rincrescimento è per tutti gli aguzzini sfuggiti alla giustizia, da Norimberga in poi, vissuti e deceduti nei loro letti, nelle loro confortevoli case.

Ecco l'articolo:

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Tonia Mastrobuoni    Reinhold Hanning,prima e oggi

BERLINO. «Auschwitz è stato un incubo. Vorrei non esserci mai stato». Reinhold Hanning ha taciuto per quasi settant’anni. Ha continuato a tenere la bocca chiusa anche quando è cominciato il processo contro di lui, all’inizio di quest’anno. Persino quando numerosi sopravvissuti, rievocando nell’aula del tribunale di Detmold le feroci vessazioni subite tra il 1942 e il 1944, continuavano a supplicarlo di parlare. L’ex membro delle SS ha rotto il suo ostinato silenzio solo a fine aprile, con una deposizione di 22 pagine in cui ha ammesso che sapeva. E ieri i giudici di uno degli ultimi aguzzini di Auschwitz lo hanno condannato a cinque anni di carcere. Difficile che li sconti davvero in prigione – ha 94 anni ed è costretto alla sedia a rotelle – ma la sentenza è importante. L’accusa ne aveva chiesti sei, la difesa aveva preteso l’assoluzione perché Hanning non avrebbe mai partecipato direttamente all’uccisione dei prigionieri. Fino a pochi anni fa, per un dettaglio del genere, l’ex guardia di Auschwitz l’avrebbe potuta fare franca. Ma dal 2011 nei processi agli ex nazisti vale finalmente il principio di corresponsabilità. Dopo il processo al “boia di Treblinka”; John Demjanuk, c’è un precedente che dimostra che chi lavorava in un campo di concentramento o di sterminio può essere ritenuto complice dei genocidi. Hanning è stato condannato ieri perché ritenuto corresponsabile del massacro di 170mila ebrei ungheresi transitati nel campo polacco tra il 1942 e il 1944. A fronte 6.500 ufficiali e membri delle SS sopravvissuti alla Seconda guerra mondiale, ne sono stati condannati appena una trentina, dal 1945 ad oggi. Nella deposizione letta dal suo avvocato a fine aprile, Hanning ha chiesto scusa alle vittime di Auschwitz: «Mi turba profondamente di aver fatto parte di una simile organizzazione criminale», ha detto, «e mi vergogno di aver visto ingiustizie e non aver mai fatto nulla. Mi scuso per le mie azioni. Mi dispiace molto, molto». Nel testo, Hanning ha ammesso di aver saputo cosa succedesse nelle baracche della peggiore macchina della morte della storia umana. «La gente veniva fucilata, gasata, bruciata. Ho visto cadaveri trasportati, trascinati via. Potevo sentire la puzza dei loro corpi che bruciavano, lo sapevo che erano cadaveri che bruciavano ». Hanning ha anche aggiunto di non aver mai ucciso direttamente prigionieri del campo, ma per il tribunale è comunque un assassino. E quando si è scusato, il 29 aprile, un sopravvissuto di Auschwitz, Leon Schwarzbaum, che ha perso 35 famigliari nel campo di sterminio, ha detto all’Ap di non essere arrabbiato, ma che Hanning «dovrebbe dire di più. La verità storica è importante. Per il bene delle nuove generazioni ».

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