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Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 29/08/2015, a pag.56, con i tiloli " Zelig all'italiana" e " La memoria mi ha spinto a dire sì", cronaca e commento di Arianna Finos - che intervista il regista Alberto Caviglia- e Corrado Augias. Ci chiediamo perchè l'inclusione del film tratto da L'infanzia di un capo di Sartre che nulla ha a che vedere con ebraismo e Israele. ROMA. Uno dei fili rossi della Mostra che s'apre i12 settembre, che il direttore Alberto Barbera annuncia "piena di realtà", riguarda gli ebrei. Amos Gitai affronta un capitolo traumatico della storia di Israele: il suo Rabin the last day ricostruisce l'assassinio del primo ministro nel 1995. Puntalo sguardo sull'oggi Shani Klein, farà discutere il suo Mountain ambientato nel cimitero ebraico sul Monte degli Ulivi, mentre racconta una guerra tra poveri Hadar Morag con Why hast thou forsaken me. L'Olocausto è al centro della storia di Remember di Atom Egoyam, Klezmer, del polacco Piotr Chrzan, fotografa la fuga degli ebrei nelle foreste nel '43 all'indomani della liquidazione dei ghetti cittadini. Ispirata al racconto di Jean-Paul Sartre The childhood of a leader di Brady Corbet, favola agghiacciante sull'infanzia di un dittatore. Alberto Caviglia sceglie la satirae disegna un Forrest Gump antisemita in Pecore in erba. Arianna Finos: "Zelig all'italiana"
ROMA- Pecore in erba è un un finto documentario sulla vita di Leonardo Zuliani, che manifesta fin dalla nascita un sentimento di odio verso gli ebrei. Crescendo, l'antisemitismo si trasforma nella crociata di una rocambolesca vita - tra Candide e Forrest Gump -che lo vede tifoso, disegnatore, scrittore, imprenditore e attivista politico al centro della ribalta mediatica italiana e mondiale. Corrado Augias: " La memoria mi ha spinto a dire sì"
Quando Alberto Caviglia mi ha proposto di prendere parte al suo film ho subito accettato per ragioni famigliari, politiche e morali. So come tutti che il tema dell'antisemitismo è tragicamente attuale. Ma per un uomo della mia età ( avanzata ) è particolarmente forte il peso della storia. L'abominio delle leggi razziali nel 1938, la tragedia dell'entrata in guerra a fianco di Hitler nel 1940, l'incubo dei nove mesi di occupazione nazi-fascista tra l'8 settembre 1943 e il 4 giugno 1944 con la famiglia sbandata, la domanda su come e se la giornata si sarebbe potuta chiudere. Quando si apprende di questi fatti solo dalla lettura delle cronache, si può anche confonderli con le cento altre tragedie di cui narrano i libri di storia. Chi li ha vissuti sa che quella catena di eventi ha finito per condizionare fortemente la sua intera esistenza. È quindi possibile che la mia accettazione si sia fondata su un equivoco; Caviglia pensa giustamente a oggi, io mi porto appresso il peso di lontane memorie. In questa divaricazione il fenomeno di cui il film parla, le sue conseguenze, sono e non sono la stessa cosa. L'altro elemento che mi ha convinto nella proposta è il modo in cui la storia sarebbe stata raccontata. È un mockumentary, una storia sospesa tra realtà e finzione. In letteratura si usa l'espressione "narrative-non-fiction" che è un po' la stessa cosa, un racconto che aderisce alla storia ma ne riempie con appropriate invenzioni le parti vuote o insoddisfacenti. In entrambi i casi è uno strumento molto efficace. C'è infine lo stile della narrazione giocata sulla corda del sarcasmo. In questo caso, portare l'antisemitismo alle estreme conseguenze per meglio mostrane l'assurdità. È una tecnica collaudata, il tipo di satira messa in scena dai Monty Python o da Baron Cohen. Ha sempre funzionato, funzionerà anche questa volta. Per inviare a Repubblica la propria opinione, telefonare: 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante rubrica.lettere@repubblica.it |
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