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La Repubblica Rassegna Stampa
17.07.2015 Cosa cambia in Israele dopo l'accordo suicida con l'Iran
Commento di Fabio Scuto

Testata: La Repubblica
Data: 17 luglio 2015
Pagina: 17
Autore: Fabio Scuto
Titolo: «'L'accordo con l'Iran disfatta diplomatica': in Israele è bufera sul premier Netanyahu»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 17/07/2015, a pag. 17, con il titolo " 'L'accordo con l'Iran disfatta diplomatica': in Israele è bufera sul premier Netanyahu", il commento di Fabio Scuto.

Per approfondire, consigliamo l'articolo di oggi di Angelo Pezzana.

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Fabio Scuto

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Ytzhak Herzog, leader laburista, con Benjamin Netanyahu

C’erano stati contatti nei giorni scorsi fra il premier Benjamin Netanyahu e il leader dell’opposizione laburista Yitzhak Herzog, ma la “disfatta diplomatica” - la chiamano così i giornali la firma dell’accordo sul nucleare iraniano a Vienna - ha impresso a questi contatti una nuova energia. Se Netanyahu vuole affrontare l’ondata di critiche interne e riavvicinarsi alla Casa Bianca, deve cambiare qualcosa nella sua squadra e andare verso quel governo di Unità nazionale tanto sostenuto dal presidente Reuven Rivlin. Continuare nello scontro con la Casa Bianca, sperando in un veto del Congresso - suggerivano ieri tutti i commentatori israeliani - si rivelerebbe improduttivo e ancor più dannoso nelle relazioni fra i due Paesi alleati, mentre i rispettivi leader invece si detestano.

Non era questa l’evenienza, ma Netanyahu che è un politico di razza, aveva “opportunamente” tenuto per sé ben 5 ministeri del suo Gabinetto formato in aprile, e adesso è pronto a offrire al Labour due dicasteri di gran peso (Esteri e Difesa) se entrerà nel governo, che fra l’altro alla Knesset si regge su un solo voto di maggioranza. Facce nuove in grado di ritessere il filo di quell’alleanza con gli Usa mai messa in discussione, ma che dopo la firma di Vienna appare agli israeliani sfilacciata e semina insicurezza nel futuro strategico della regione. E’ stato Netanyahu a esprimere pubblicamente il suo desiderio di collaborare con Herzog. «Su questioni relative alla sopravvivenza di Israele non c’è coalizione e opposizione», ha detto lasciando ieri la Knesset, «abbiamo bisogno di un fronte unito».

Il leader laburista concorda con Netanyahu sui pericoli che corre la sicurezza di Israele ma per ora insiste su un appoggio esterno. In contrasto con il nuovo clima fra Netanyahu e Herzog, il leader di Yesh Atid, Yair Lapid, attacca invece frontalmente il premier chiedendone le dimissioni: «Ci troviamo di fronte oggi al più grande fallimento della politica estera di un premier israeliano dalla nascita dello Stato, Netanyahu non è Churchill prima della Seconda Guerra mondiale, è Golda (Meir) dopo la guerra del Kippur».

E’ già partita l’offensiva diplomatica Usa per rassicurare gli Alleati mediorientali. Ha offerto a Israele di aumentare considerevolmente gli aiuti militari, altri squadroni di caccia “Stealth” F-35 e finanziamenti al nuovo sistema anti- missile “Magic Wand” per oltre 1 miliardo di dollari. Il capo del governo israeliano si è però riservato una risposta in attesa di capire cosa accadrà al Congresso Usa che ha 60 giorni per esaminare l’intesa di Vienna. Ma le telefonate non bastano. Nel fine settimana il segretario alla Difesa Usa Ashton Carter verrà in Medio Oriente, per rassicurare oltre a Israele anche l’Arabia Saudita e i Paesi del Golfo sui benefici che verranno dall’accordo con l’Iran.

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