|
| ||
|
||
Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 22/02/2015, a pag. 42, con il titolo "Dai nazisti ai gulag, le prigioni di Kross", la recensione di Susanna Nirenstein.
La vita stessa di Jaan Kross è un romanzo. Nato in Estonia (1920-2007), terra di secolari invasioni e dominazioni straniere, sovietici, nazisti e ancora sovietici fino al 1992, Kross stesso è passato dalle prigioni del III Reich (6 mesi) ai gulag siberiani (8 anni), dedicando tutta la sua opera — secondo Doris Lessing, meritava il Nobel — alla riflessione sul compromesso e i suoi prezzi. Con Il pazzo dello Zar indagò il valore della denuncia intellettuale. Qui invece, in questi tre racconti magistrali, siamo in piena autobiografia burrascosa. Il primo, La ferita , si svolge mentre l’Armata Rossa è alle porte, e Hitler richiama in patria i tedeschi baltici: la popolazione di ascendenza germanica deve scegliere tra nazismo e comunismo. La terra si strappa in due, e con essa le persone. Non se ne esce indenni. Nel secondo, l’alter ego di Kross, un giovane intellettuale, è in fuga dai tedeschi: se si viene presi, quanto si può mentire senza danneggiare gli amici? L’arma di Kross per navigare tra le asperità è l’ironia. È geniale, ma lui stesso non la trova innocua. Per inviare la propria opinione a Repubblica, telefonare 06/49821, oppure cliccare sulla e-mail sottostante rubrica.lettere@repubblica.it |
Condividi sui social network: |
|
Se ritieni questa pagina importante, mandala a tutti i tuoi amici cliccando qui |