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La Repubblica Rassegna Stampa
19.01.2015 Aliyah: dalla Francia sempre più ebrei si trasferiscono in Israele
Natan Sharansky intervistato da Fabio Scuto

Testata: La Repubblica
Data: 19 gennaio 2015
Pagina: 8
Autore: Fabio Scuto
Titolo: «Antisemitismo, allarme dell'Onu»

Riprendiamo da REPUBBLICA di oggi, 19/01/2015, a pag. 8, con il titolo "Antisemitismo, allarme dell'Onu", l'intervista di Fabio Scuto a Natan Sharansky.

Invitiamo i lettori a leggere l'analisi di Sharansky pubblicata la settimana scorsa sul Foglio e ripresa da Informazione Corretta: http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=8&sez=120&id=56779


Fabio Scuto                Natan Sharansky


Ebrei francesi giungono in Israele

«È difficile pronosticare le decisioni future sulla base dello shock in cui si trova in questo momento la popolazione francese e particolarmente gli ebrei, e quanto questo potrà influenzare o meno la decisione di immigrare in Israele. Noi prevediamo un aumento esponenziale delle richieste di informazioni al nostro call center e delle prenotazioni degli incontri preliminari sull’argomento». Seduto nel suo ufficio di King George Street, nel cuore di Gerusalemme, Natan Sharansky, l’ex dissidente sovietico scambiato con una spia russa nel 1986 al celebre check-point Charlie di Berlino Est e da allora emigrato in Israele, è certamente la persona più titolata per parlare di immigrazione. Dirige dal 2009 l’Agenzia Ebraica, l’ente che si occupa storicamente dell’arrivo degli ebrei in Israele e di favorire la loro integrazione nella società civile israeliana.

I dati diffusi dall’Agenzia prevedono un incremento del 30 per cento di nuovi immigrati dalla Francia, dove vive la più numerosa comunità ebraica d’Europa. È una stima per difetto? «Le previsioni che abbiamo pubblicato si basano sul numero dei dossier aperti e dei procedimenti in corso in questo momento. Non pubblichiamo mai previsioni sulla base di sensazioni, ma solo sulla base di dati e documentazione. È molto probabile un incremento dell’immigrazione già nel corso di questo anno, al di là di quanto è stato previsto al suo inizio. Ci stiamo preparando a questa possibilità e prendiamo le misure necessarie per accogliere un numero di immigrati superiore al previsto».

Ogni anno, negli ultimi 3 anni, il numero degli ebrei francesi immigrati è quasi raddoppiato (1900-3000-7000, 10 mila nel 2015). È il segno di un disagio, di un’ondata antiebraica in Europa? «Il numero dei cittadini francesi che hanno deciso di emigrare all’estero negli ultimi anni è in costante aumento, un milione e mezzo di cittadini francesi vivono in questo momento fuori dai confini della Francia: in Gran Bretagna, in Belgio, negli Stati Uniti o in Canada. L’emigrazione degli ebrei francesi si inserisce in questo fenomeno più generale. È chiaro tuttavia che la scelta di Israele deriva anche da altri elementi, che vanno al di là del fenomeno generale di espatrio dalla Francia. Gli ebrei che arrivano qui lo fanno per motivi personali, religiosi, culturali, spirituali – evidenziando in molti casi anche l’atmosfera di intolleranza ed i violenti incidenti antisemiti di cui sono vittime. Non generalizzerei parlando di un’ondata anti-ebraica in Europa, ma non vi è dubbio che vi sono posti in cui molti ebrei – non tutti – sentono di non essere bene accetti o sentono che sia preferibile andare a vivere in altri luoghi».

I nuovi immigrati accedono ad un percorso facilitato per inserirsi nella società civile e nel mondo lavorativo? «Certamente. L’Agenzia Ebraica, congiuntamente al Ministero dell’Immigrazione e dell’Assorbimento, aiutano gli immigrati nell’apprendimento dell’ebraico (corsi speciali), nell’avviamento professionale, assistendoli con alloggi temporanei (centri di accoglienza), con prestiti agevolati per l’acquisto di una casa, per gli studi e per l’attività professionale, eliminando per quanto possibile gli impedimenti burocratici nel riconoscimento di titoli di studio esteri, al fine di un rapido inserimento nel mercato del lavoro. Ovviamente anche i servizi sociali sono coinvolti nell’inserimento degli immigrati, quando se ne riscontra la necessità».

Qual è il numero complessivo degli ebrei che ogni anno decidono di emigrare in Israele, di fare l’Aliyah? «Negli ultimi quattro anni, dal 2010 al 2014, sono arrivati in Israele circa 100 mila nuovi immigrati. Negli ultimi dieci anni sono arrivati 245 mila nuovi immigrati. Quindi si può senz’altro dire che l’affluenza è continua e persino in aumento ».

Le parole di Netanyahu agli ebrei francesi “Israele è la vostra patria” hanno ferito la politica francese ed il presidente Hollande, il quale ha ribadito che “la Francia è la patria degli ebrei francesi”. Lei che cosa ne pensa, qual è la patria degli ebrei? «Non siamo interessati a polemizzare con il presidente francese, e certamente non vi è stata alcuna intenzione offensiva, né nei confronti dei francesi né nei confronti di chiunque altro. Si devono intendere le parole di Netanyahu nell’ambito del loro contesto corretto, che è quello del pubblico dibattito sionista ed israeliano. L’Aliyah in Israele è uno dei fondamenti dell’ethos sionista su cui si regge lo Stato d’Israele, e le cose sono state dette in questo ambito, anche se, disgraziatamente, a volte vengono recepite da angolature diverse, creando incomprensioni. Secondo me, la scelta di cambiare residenza e di trasferirsi da un Paese all’altro, che sia Israele o qualunque altro, è una decisione personale e sovrana di ciascuno e come tale deve essere rispettata. La mia scelta personale, ovviamente, le è nota ed i fatti parlano da soli».

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