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La Repubblica Rassegna Stampa
20.12.2014 Dalla Calabria a terrorista nell'Isis
Cronaca di Paolo Berizzi

Testata: La Repubblica
Data: 20 dicembre 2014
Pagina: 23
Autore: Paolo Berizzi
Titolo: «Giampiero, il jihadista partito dalla calabria: Occidente ti distruggerò»

Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 20/12/2014, a pag.23, con il titolo " Giampiero, il jihadista partito dalla calabria: Occidente ti distruggerò " la cronaca di Paolo Berizzi.


Paolo Berizzi                     Una esecuzione dell'isis

Se sei un lupo solitario" puoi parti re da piazza Maggiore a Bologna, passare dall'Andalusia e dalla Siria, e finire in un carcere di Baghdad. È il tuo sentiero jihadista, la risposta alla "dawa" che è la chiamata alle armi. Giampiero F. si è fatto arruolare e ha giurato nel nome di Allah: «Occidente oppressore ti distruggerò!». Per raccontare la sua storia bisogna iniziare da una domenica di sangue. Granada, cinque anni fa. Gli agenti della Guardia Civil cercano un italiano. Di lui sanno poche cose. Che ha 29 anni. Che è nato a Reggio Calabria. Che è senza fissa dimora. E che un anno prima — l'8 giugno 2008 —è stato pestato da un branco di otto adolescenti annoiati mentre dormiva su una panchina a Ronda Arabial, nel centro della città andalusa. Per quel tentato linciaggio — filmato con un telefonino —dodici mesi dopo gli aggressori vengono condannati a pagare alla vittima un risarcimento di 3mila euro. È per questo che lo cercano Giampiero: per risarcirlo. Ma non si trova più. Missing, scomparso. Dov'è? I poliziotti l'avevano soccorso mentresi lavava da solo le ferite in una fontana: poche ore dopo, nonostante le botte e i 90 giorni di prognosi, l'italiano, alto, robusto, i capelli rasati, la barba lunga da califfo, fugge. Nessuno capisce perché. Adesso Giampiero è rinchiuso in una cella a Baghdad. Accusato di terrorismo internazionale. Per la nostra intelligence è uno dei foreign fighters «accertati». Uno degli italiani — una quarantina — «convertiti» alla jihad e partiti per unirsi ai ribelli siriani collegati all'Isis. Il padre Pasquale è un uomo
lacerato dal dolore. «Di Giampiero non abbiamo notizie da tre mesi. Da quando ci hanno chiamato i carabinieri per dirci che era in carcere in Iraq. Da allora, più sentito nessuno. Siamo preoccupati, abbiamo paura che gli facciano del male». Fatenerezza il papà di Giampiero. Racconta la sua versione, si protegge e, di speratamente, protegge il figlio. La cui triste parabola gli è nota fin dentro le pieghe più drammatiche. «È stato arrestato perché era entrato in Iraq senza visto. Hanno detto che è un terrorista ma lui non c'entra niente con queste cose brutte...». La storia è un'altra. Inizia dieci anni fa a Bologna. È la città dove la
famiglia di Giampiero—che oggi ha 35 anni — si trasferisce da Reggio Calabria quando lui è ancora bambino. «Un ragazzo intelligente, sensibile, problematico. Facilmente plagiabile». Lo descrivono così gli zii rimasti in Calabria. Il «plagio» si consuma a Bologna. Giampiero, inquieto e ribelle da sempre, si avvicina a circoli islamici frequentati da nordafricani. Non cellule terroristiche: «ambienti contigui», spiega una fonte della nostra intelligence. Il futuro foreign fighter non studia, non lavora. E attratto dalla «difesa dei popoli oppressi dall'Occidente predone» e segue le vicende mediorientali navigando sui siti della propaganda jihadista. «Sharia4» è il più cliccato. Giampiero si crea una rete di contatti. Alcuni, i più avviati, sono in Spagna. Concentrati nella regione dell'Andalusia. Inizia a viaggiare. Granada, già teatro in passato di operazioni contro cellule affiliate a Al Qaeda, è lo «snodo». Nel 2008 la brutta storia del pestaggio. Non c'entra la religione, neanche la politica. Futili motivi. Sta di fatto che Giampiero — segnalato dalla polizia spagnola con la non approfondita definizione di «vagabondo» —finisce all'ospedale. L'hanno ridotto male. Fratture su viso e braccia. Ma appena riesce, e prima di venire «tracciato», si dà alla macchia. Come la maggior parte degli jihadisti italiani transita dal «buco nero» della Turchia. Da lì raggiunge i territori siriani. Il Nord del Paese, in particolare, dove operano le milizie collegate all'Isis. Il quartier generale di Aleppo. Giampiero comunica via whatsapp con altri convertiti italiani. Scrive messaggi inequivocabili. «È iniziata la mia lotta contro l'Occidente predone». «Islam libertà per i popoli oppressi ». «Lottiamo fino alla fine per liberare le terre schiacciate dalla violenza occidentale». Il ragazzo «facilmente plagiabile» trova una sua identificazione. La più radicale. Si ritiene, di fatto, un seguace del califfo al Baghdadi, il proclamatore dello Stato Islamico. E disposto a battersi fino al «sacrificio finale». Gli zii calabresi non lo vedono da 20 anni. «È una sofferenza atroce per tutta la famiglia — dice la zia di Giampiero — . Sono convinta che qualcuno gli abbia fatto il lavaggio del cervello approfittando della sua fragilità, inculcandogli queste idee». Un reclutamento delle milizie jihadiste è pieno di storie di ogni tipo: balordi, fanatici, menti raffinate, gente che nel fondamentalismo militante cerca più di tutto una realizzazione personale, un riscatto. Giampiero è, forse, alla ricerca di questo. Racconta un amico bolognese: «Non lo vedo da molto tempo. L'ultima volta tre anni fa, casualmente, in giro. Sapevo che andava spesso in Siria, che si era mobilitato per il popolo siriano. Poi più nulla, scomparso». Il «lupo solitario » ha fatto il salto di qualità. Assieme ad altri italiani è uno di quelli - spiega una fonte dell'intelligence — che «con ogni evidenza è stato in Siria acombattere». Uno di quelli che nei viaggi tra l'Italia e le zone della rivolta jihadista ha fatto «propaganda anti-occidentale». «Abbiamo chiesto alla Farnesina di darci informazioni sulle sue condizioni di salute», dice candidamente la zia di Giampiero. Deve credere anche lei alla storia che il foreign fighter è stato ammanettato perché «è entrato in Iraq senza il visto. Solo quello gli mancava. Perché il passaporto ce l'aveva». Da Reggio Calabria a Baghdad. Da Bologna alla Siria. Due mondi che non si conoscono, che si ignorano. Di qua una famiglia distrutta, di là una missione da compiere. «Siamo in lotta contro l'Occidente oppressore. Combatteremo finché il nostro nemico sarà sconfitto». Ringhiava così il «vagabondo» Giampiero.

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